Pubblichiamo il ricordo di una grande donna (per semplicità e generosità) acese, scritto alla sua morte da un nipote: la madre di Viviana Lisi, giovane volontaria camilliana morta di cancro 13 anni fa.
Ieri ho perso una persona cara. Se n’è andata di cancro al polmone, nemmeno due mesi dopo averlo scoperto. Se n’è andata tra molte sofferenze, perché la malattia non si è accontentata di portarsela via, ma le ha anche fatto pagare il costo del viaggio. E allo stesso tempo se n’è andata senza un lamento, in punta di piedi, senza far rumore, quasi a non voler distrarre l’attenzione di una comunità impegnata a combattere contro un nemico altrettanto infame.
Se n’è andata come ha vissuto Carmela, con grande dignità, decoro, educazione e riserbo. In un certo senso se n’è andata a suo modo, lei che certamente avrebbe preferito evitare grandi addii e attenzioni di massa.
Cosa strana, la morte ai tempi del Coronavirus. Il suo spettro viene costantemente evocato durante gli aggiornamenti quotidiani sulle vittime della pandemia, ma la commemorazione di una persona ci viene vietata per decreto.
Carmela per me è
stata una persona importantissima e io in questo momento non posso andare ad
abbracciare suo marito e i suoi figli e urlare insieme a loro contro questa
fine così ingiusta, così implacabile, così dolorosa. Ironia della sorte, il
coronavirus ci ricorda costantemente il valore della vita, ma ci impedisce di
ricordare la morte.
Non avrà nemmeno un funerale Carmela, lei che si sarebbe meritata il Duomo di
Acireale, tanto è stato importante il suo ruolo nella Comunità. Non avrà
nessuno che ne ricordi pubblicamente la dolcezza, la delicatezza, la gentile
ironia e soprattutto la costante e totale dedizione verso il prossimo.
Io non sono cristiano, ma posso dire che, se qualcuno ha mai amato il prossimo suo come sé stesso, quella è stata Carmela. Carmela che, dopo aver perso una figlia alla tragica età di 31 anni, contro lo stesso nemico infame che poi tredici anni dopo sarebbe tornato a prendersi anche lei, aveva deciso di onorarne la memoria istituendo una fondazione benefica per l’assistenza agli ultimi e ai bisognosi. L’aveva chiamata “Casa della Speranza”, quella speranza mai persa da sua figlia Viviana, che Carmela per tredici anni ha continuato a diffondere, e di cui oggi abbiamo tutti un disperato bisogno.
Carmela, dicono che ti potremo salutare come si deve quando tutto questo sarà finito, forse fra un mese, forse fra un anno. Il presidente del Consiglio, Conte, dice che “andrà tutto bene”, e io gli credo. Dice che ora non si possono fare assembramenti per salvaguardare la salute pubblica, e io lo capisco. Dice che la pandemia si sconfigge facendo tutti dei sacrifici, diventando un po’ più anti-sociali, e ha ragione. E tuttavia, non posso fare a meno di urlare il mio dolore contro un provvedimento senz’altro giustificato, ma che dentro di me mi fa sentire solo più anti-umano, piuttosto che anti-sociale.
Carmela, io lo so che tu, se fossi stata ancora qui, ti saresti forse compiaciuta di questo addio più discreto, in punta di piedi, senza disturbare. Avresti detto che va bene così, che ci sono cose più importanti, che tutti dobbiamo continuare a fare la nostra parte. E allora mi quieto e sorrido, perché anche nella morte continui ad insegnarci qualcosa. Perché anche nella morte continui ad essere la migliore di tutti noi.
Ciao Carmela, “sit tibi terra levis”.
Grazie, per tutto.
Antonino Salmeri