A distanza di quasi un mese e mezzo dall’interruzione delle attività didattiche tradizionali, intendendo con questo termine quelle che prevedono il normale svolgersi delle lezioni in classe, con alunni e docenti a contatto, tra i banchi di scuola, con i tempi, tra un’attività e l’altra, scanditi dal suono della campanella, abbiamo posto qualche domanda, per conoscere la situazione degli studenti “più grandi”, ovvero quelli universitari, al professor Sebastiano Vecchio, docente di materie filosofico-linguistiche nell’Ateneo di Catania, al Dipartimento di Scienze Umanistiche.
Come ha risposto l’Università di Catania all’emergenza dovuta al coronavirus?
L’Università e le scuole, come ricorderemo, hanno chiuso il 4 marzo scorso. Il giorno successivo tutti i docenti, proprio in quel momento impegnati nell’insegnamento, siamo stati convocati, attraverso l’e-mail, per essere guidati all’uso della piattaforma universitaria e riceverne le istruzioni. Un paio di giorni dopo ciascuno ha potuto fare la prova individualmente, con l’aiuto dei tecnici, per capire come procedere. Dopo ciò, il lunedì 9 marzo, ha avuto avvio la didattica a distanza e ognuno di noi ha ricominciato o cominciato le proprie lezioni. Io stesso sono meravigliato della risposta tempestiva e funzionale data dall’Università di Catania.
Come si svolgono le lezioni, gli esami e le lauree?
Per le lezioni si è creata un’aula virtuale dove ci sono il docente e gli studenti. Gli esami si svolgono con tutti i prenotati sul portale studenti dell’Ateneo o con chi è presente all’ora stabilità, uno alla volta. La differenza è che, mentre negli esami svolti di presenza siamo tenuti ad essere in coppia, invece, data la situazione, in questo caso il docente può anche essere soltanto uno. In occasione delle lauree, le aule sul sistema sono due: una comprende la commissione, il candidato ed anche il pubblico, l’altra è riservata, poiché la commissione discute e valuta. In altri dipartimenti le lauree hanno avuto inizio a marzo. Nel mio dipartimento, di Scienze Umanistiche, incominceranno il 27 di questo mese. Fino ai primi di giugno l’anno accademico andrà avanti in questo modo e si concluderà così.
Come hanno risposto gli studenti a questi cambiamenti, dovuti alla situazione contingente?
I ragazzi partecipanti alle lezioni sono più di quanti ne venivano fisicamente e la cosa si spiega facilmente; infatti, sono a casa loro, non devono spostarsi e prendere autobus, né macchine, né altri mezzi. La partecipazione, quindi, c’è. Nel confronto che abbiamo in Consiglio di dipartimento abbiamo raccolto la soddisfazione degli studenti per il fatto che non stanno perdendo alcunché del loro cammino di studio. Le prime lauree ci sono già state, non a Scienze Umanistiche, in cui, come già detto, saranno l’ultima settimana di aprile, ma gli esami sì e stanno funzionando.
Si può dire, dunque, che la situazione all’Università di Catania sia buona?
All’università di Catania la situazione è buona. C’è qualche problema, per esempio, per i laboratori. Chiamiamo laboratori dei minicorsi del tutto opzionali che i ragazzi caricano nel loro curriculum tra le altre attività, si tratta di numeri ristretti e si sta cercando di rimediare. Qualche problema ci sarà anche per le prove in itinere, che, solitamente, abbiamo fatto per iscritto, in aula, ma si sta studiando una soluzione adatta. Proprio qualche giorno fa, dai responsabili della didattica di dipartimento, sono state suggerite delle modalità, ma sta ai docenti vedere che cosa è possibile realizzare o se escogitare qualche altro sistema.
Si può trarre un bilancio positivo della didattica a distanza fino a questo momento?
Si tenga presente che è un rimedio in una situazione di emergenza. Non si deve pensare che, visto il risultato, si possa fare tutto sempre così. Le lezioni a distanza sono un surrogato, le lezioni tradizionali sono diverse. Non mi riferisco soltanto al fatto che a tenere una lezione a distanza si fatica molto di più, sia nel prepararla sia nel tenerla, mi riferisco proprio al senso della lezione, alla presenza fisica, a tutto ciò che questo comporta, ai segnali che arrivano dagli studenti, alla percezione che si ha di quanto si è seguito e quanto no. È tutta un’altra cosa. Finché persiste questa situazione questo rimedio va bene e il riscontro è positivo, ma non si deve fare sempre così. Le “lezioni fisiche” vanno impostate in un altro modo. Le Università telematiche esistono e quella che parte già come didattica telematica è una cosa completamente diversa dalla frequenza fisica di un corso universitario. Quella che è stata fatta è un’ottima cosa. Abbiamo utilizzato un surrogato, sapendo che si tratta di questo, ma che in quanto tale si sta rivelando efficace.
Rita Messina