Pubblichiamo l’editoriale con il quale mons. Giò Tavilla, direttore de “La Scintilla”, periodico dell’Arcidiocesi di Messina, apre la prima pagina dell’ultimo numero del suo giornale.
Caro fratello sacerdote
è la tua prima Pasqua celebrata nella liturgia del cielo.
Sei nato nel Cenacolo, dove Cristo sommo ed eterno sacerdote ti ha guardato, scelto, chiamato e amato… e, come se non bastasse, ti ha pienamente conformato a lui, affinché tu per sempre – nonostante possibili cadute e fragilità – fossi sua immagine trasparente.
Hai detto sì! Lo hai pronunciato in modo incondizionato, percorrendo le vie che il Signore ti indicava man mano che passavano gli anni del tuo ministero.
Ogni chiamata all’”obbedienza” è stata per te una chiamata di Dio e un suo passaggio nella tua vita, che ha attraversato il tuo vissuto, affascinato il tuo cuore, catturato la tua intelligenza perché tutto fosse per lui e la sua gloria, per l’uomo e in particolare per la comunità a te affidata.
E così per la Chiesa tutta, specificamente presente nella tua comunità, hai consacrato e donato te stesso… fino all’ultimo respiro.
Avresti pensato il giorno della tua ordinazione sacerdotale che, nel consumare te stesso, saresti stato inghiottito dalla spietata voracità di un virus che tante vittime ha mietuto? Hai avuto parole di consolazione per tutti durante i tuoi tanti o brevi anni di sacerdozio… ma tu sei stato avvolto dal silenzio schiacciante che non ha permesso neanche alla tua comunità di salutarti. Hai dispensato la grazia dei sacramenti, dal battesimo all’ultimo giorno della loro vita. Hai asciugato lacrime e pianto anche tu con i figli del tuo cuore sacerdotale. Hai incrociato sguardi, ascoltato silenzi, condiviso sorrisi, donato la tua quotidianità, predicato, testimoniato, servito, insegnato, santificato, riempito del tuo zelo la casa del Signore. Hai custodito la fede, hai combattuto la buona battaglia anche quando eri afflitto dalla stanchezza o dalla fatica di un annuncio che non sempre fa breccia o dalla solitudine delle scelte o dalla non adeguata comprensione degli altri… persino dei confratelli, hai terminato la tua corsa… in un letto di ospedale.
In questo tempo di pandemia, tu e altri confratelli siete stati in 111 ad essere sottratti alla Chiesa delle vostre diocesi, alla paternità dei vostri vescovi, al cuore del presbiterio e dei vostri parrocchiani, all’amore della vostra famiglia. In prima linea, fino alla fine!
Tutto questo ci insegna la gratuità della tua vita e quella di tutti gli altri sacerdoti. Ci hai ricordato che non è importante il come, il dove, il quando e il perché, ma solo il per chi! Sì, per chi? Per Dio per l’uomo.
Onore a te, fratello mio sacerdote! Insegnaci questa gratuità e questo amore che non ricusa la fatica… e insegnalo anche a me, che tanto ho ancora da imparare per essere come Cristo mi vuole.
Giò Tavilla