Libri / Milazzo racconta il dopo terremoto del ’68 nella valle del Belice attraverso gli occhi del giovane protagonista

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“ Ma puoi dimenticare il tuo vissuto, una casa, una stradina, i primi turbamenti? Puoi accettare l’idea semplice che il tuo paese non c’è più? Non sapere dove sarà il tuo domani, ubriacarti del quotidiano…” da “Terremoto è per sempre”, pag. 101
Il romanzo di Giuseppe Milazzo ci narra i mesi che seguono al terremoto del gennaio 1968 che rase al suolo alcuni paesi della Valle del Belice, in Sicilia e che causò un numero di morti tra i 231 e i 370 e 70.000 sfollati. Cifre di cui ognuno di noi ha sicuramente sentito parlare infinitamente durante la propria vita.
Il narratore ci racconta le vicende dal punto di vista del protagonista, Rosario, quarta ginnasio, e di tutti i personaggi che ruotano attorno a lui: fratello, genitori, nonni, zii, amici, la Sicilia.
Il terremoto scuote le case, i paesi, l’economia e l’anima di tutti quelli che, in un modo o nell’altro ne rimangono coinvolti per sempre. E’ uno scuotimento, soprattutto quello psicologico, che difficilmente può essere risanato. Rosario abitava a Gibellina e durante il terremoto ha la fortuna, insieme alla sua famiglia, di trovarsi in visita dai nonni nelle campagne di Marsala. Vengono a sapere subito del disastro solo perché il sindaco chiama il padre Nunzio, consigliere comunale, per comunicargli delle prime scosse di terremoto che se pur forti non avevano, ancora, fatto crollare il paese e le case di tufo, cosa che poi avvenne, irrimediabilmente, qualche ora dopo. Inutile descrivere lo sgomento ed il dolore di ognuno dei membri della famiglia. Rosario, il protagonista, vede improvvisamente crollare quelle piccole certezze che sembrava avrebbero accompagnato la sua vita: la scuola, gli amici, i primi sconvolgimenti del cuore, la propria casa, le stradine del paese, i personaggi che ogni giorno incontrava come abitante di Gibellina. Da quel giorno inizia a vivere a casa dei nonni, sicuramente un luogo amato da Rosario, c’erano nei paraggi altri parenti, stimati e amati: ma il terremoto aveva sconvolto la sua esistenza, il suo modo di studiare o di approcciarsi con i contadini del luogo e con le bellezze della natura attorno a lui. Forti anche le note che riguardano le tradizioni siciliane sia culinarie che agricole. Alla fine Rosario, che rispetto a chissà quanti altri ragazzi ha avuto una grandissima fortuna, sarà mandato a Milano a completare gli studi in Collegio di una casa Professa.
Il libro è interessante e abbastanza scorrevole alla lettura vuoi anche perché il Milazzo ha una scrittura piana e leggera che trascina chi legge e, soprattutto per chi ama la nostra terra. La lettura lascia una piacevolezza di tutto quello che l’autore, forse anche abbondantemente, inserisce: ricette, prodotti tipici, usi, filosofie tipiche di saggi contadini, ambientazioni rurali.
Prima di lasciare la sua terra Rosario “ lì si distese. Giaceva avvolto dal tepore della vinaccia, vi aveva creato un giaciglio. Il sole tramontava, un rosso acceso che colorava il cielo e le ciaramire, le tegole in argilla sui magazzini. I coloro erano netti e distinti.” (pag. 179)

Mariella Di Mauro

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