Per riflettere / Quando silenzio e solitudine diventano espressione della dimensione contemplativa della vita

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Voci, rumori, suoni… un coacervo di distrazioni che non permettono l’ascolto della profondità del cuore. Quanta fatica in questo periodo quando siamo stati costretti a vivere nel silenzio, elemento considerato da tanti quasi estraneo al vissuto quotidiano e che, invece, fa parte dell’esistenza di ciascuno! E quanto affanno quando abbiamo avvertito il bisogno impellente di sentirci vivi, fuggendo anche virtualmente la solitudine!
Siamo nel periodo di vacanze e pare che parecchi vogliano recuperare il tempo perduto durante il clou della pandemia. In molti sembrano in preda alla smania di voler riempire ogni attimo del tempo con continui contatti, cercando di esorcizzare il silenzio e la solitudine, perché considerati negazione della stessa vita.
Eppure Gesù spesso si ritirava da solo in preghiera e si immergeva nel silenzio della solitudine abitata dall’amore del Padre. La sua esperienza ci interroga, proprio perché in questi mesi non sempre siamo riusciti a familiarizzare con il silenzio, a sperimentare nella solitudine la continuità della relazione, anche se l’altro fisicamente assente.
Molte volte oggi nelle scelte sembriamo paralizzati dalla paura, soprattutto quando non ci fermiamo per ascoltare il silenzio. Se il silenzio è subìto o non gestito bene, viene identificato con l’assenza di parole. Quando è sperimentato come ascolto profondo dello scorrere della vita, si viene in contatto con il suono armonioso che attraversa l’universo: allora la comunicazione diventa espressione della dimensione contemplativa della vita.
Scoprire la quiete che ci abita, toccare in profondità la soglia del Mistero che, simile al “sussurro di una brezza leggera” (cfr.1Re 19,12), anima ogni livello della nostra esistenza, è vita. Numerose persone in questo tempo si sono sentite condurre come Mosè davanti al luogo sacro abitato da Dio desideroso di svelarsi e di parlare faccia a faccia con ogni creatura. Nella spogliazione di sé ognuno ha permesso al Signore di infrangere il nostro delirio di onnipotenza, soprattutto quando ci ha rivelato che Egli ci attende da sempre e che ci ama con amore eterno.
Che cosa è rimasto del tempo restrittivo del lockdown nella nostra vita o che cosa abbiamo scoperto? L’esperienza delle regole imposte, per contenere la pandemia, non può passare inosservata. Ancora oggi da molti è vissuta con profondo disagio, ma sono in tanti che considerano questa esperienza un’opportunità.
La persona, fermandosi con se stessa, ha incominciato ad esplorarsi. Ha scoperto che esiste, che la sua vita ha un senso, al di là del riconoscimento degli altri, e che ogni aspetto della sua esistenza è immersa nel respiro di Dio che la rende capace di relazione. Si sta rendendo conto che, vivendo in continuo movimento, non sempre riesce a dare valore al senso di stabilità, né a percepire, parafrasando Evagrio Pontico, che si può essere soli e, nello stesso tempo, in armonia con tutti.
È innegabile che durante la pandemia è stata avvertita la mancanza naturale del contatto reale con le persone e che spesso si è sperimentata la solitudine come isolamento e non come spazio e tempo per allenarsi a stare alla presenza di Dio e ad andare verso l’altro.
Ma, dopo il primo periodo di smarrimento, come stiamo valorizzando oggi lo stare insieme nella creatività relazionale che consente di costruire il mondo bello che ci ha indicato Gesù? In che modo stiamo prendendo atto degli effetti devastanti del solipsismo che abbiamo attribuito alla pandemia, ma che, in realtà, è la conseguenza della sola comunicazione virtuale che in questi anni ci ha portato all’isolamento, alla chiusura, all’indifferenza?
Come riscoprire la bellezza della vita in relazione, la gioia del dono e della comunione, dell’accoglienza? Che cosa ci aiuta a vivere l’intimità come capacità di condividere liberamente le emozioni, i pensieri e i comportamenti con una o più persone fino a raggiungere insieme la profondità esistenziale, creando legami e donando e ricevendo affetto? In che modo possiamo sperimentarci vivi senza strutturare il tempo facendoci del male, pur di sentirci esistenti?
Gesù passava tra la gente sanificando, ascoltando, perdonando, consolando, amando…e noi quando vogliamo liberare nella nostra vita la bellezza dell’umanità, per poter narrare la presenza di Dio nella storia?

Diana Papa

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