L’addio a fratel Leonardo / Ha voluto il funerale nella sua Tenda San Camillo, luogo della sua uccisione

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Si sono svolte sabato 12 dicembre le esequie di fratel Leonardo Grasso, a una settimana dalla sua tragica morte.
Il funerale è stato celebrato dal vescovo della diocesi di Acireale nel cortile della “Tenda San Camillo”, della quale fratel Leonardo è stato responsabile per venticinque anni, alla presenza del sindaco di Acireale, Stefano Alì e l’assessore Nella Casabella di Riposto, comune a cui la Tenda afferisce.
Insieme alle autorità civili hanno partecipato alla Santa Messa diversi giovani sacerdoti della diocesi di Acireale che hanno frequentato la Tenda da ragazzi e adolescenti con i rispettivi gruppi parrocchiali e di volontariato: la loro presenza rimanda ancora una volta alla testimonianza di carità svolta dalla Tenda San Camillo, nel corso dei trent’anni di servizio.
Come ha ricordato fratel Carlo Mangione, fratel Leonardo desiderava che il suo funerale non venisse celebrato al chiuso di una chiesa, bensì alla Tenda, luogo simbolo per certi versi della sua “conversione”, da dove ebbe inizio il suo ministero prima come volontario laico e poi da religioso camilliano.

Foto Fabio Consoli

Il funerale è stato preceduto da due giorni di veglia nel salone della dependance della Tenda, luogo significativo della comunità in cui sono state celebrate nel tempo le esequie di tutti gli ospiti accolti alla Tenda. La veglia ha visto ritrovarsi attorno alla bara di fratel Leonardo decine e decine di volontari ed amici che hanno vissuto alla Tenda san Camillo, prima casa di accoglienza per malati di Aids del sud d’Italia, l’esperienza dell’incontro con “gli ultimi degli ultimi”.
Al termine della celebrazione eucaristica, fratel Carlo, incaricato dall’Ordine camilliano di ristrutturare la Tenda, ha annunciato che la casa verrà temporaneamente chiusa all’accoglienza per permettere i lavori di risanamento della struttura danneggiata dal rogo nel quale ha perso la vita fratel Leonardo. I cinque ospiti che l’abitano verranno accolti presso la Casa della Carità Salvatore Garozzo-Rosa Maugeri, casa-famiglia camilliana sita nella frazione acese di san Giovanni Bosco.
La momentanea chiusura della Tenda diventa promessa di un impegno a riaprirla nel più breve tempo possibile, una volta che la struttura, già fortemente danneggiata prima dell’incendio, sarà nuovamente agibile.
Qui di seguito il testo integrale del discorso pronunciato da fratel Carlo al termine della celebrazione eucaristica:
“La Tenda, inaugurata nel 1993, ha fatto un pezzo di storia della nostra Chiesa diocesana, ci ha educati, ci ha formati ai valori dell’accoglienza, senza se e senza ma, rendendoci migliori. Parole che in questi giorni alcuni volontari della vecchia guardia mi hanno sussurrato in questo salone. Domenica mattina ho ricevuto una telefonata da sua eccellenza monsignor Guglielmo Giombanco che mi dice così: Carlo, ti ricordi quante cene e quanti pranzi con monsignor Malandrino, la cresima di Maurizio, le cresime nelle parrocchie con i cesti della processione offertoriale che portavano? Insomma una telefonata che in questi momenti di vero e autentico dolore riscalda il cuore ed è balsamo.Cosa succederà adesso? Le condizioni della struttura sono molto precarie, lo erano già prima. In consiglio provinciale tante volte ci dicevamo: – “Dobbiamo fare qualcosa alla Tenda, ma da dove cominciamo?” Vi lascio immaginare ora che tutto il piano superiore, oltre a essere sequestrato, è inagibile; però la Tenda deve ripartire. Domenica i religiosi perpetui, ci siamo riuniti per riflettere sul da farsi. Abbiamo mandato il verbale del nostro capitolo locale al superiore provinciale che ha accolto la proposta. Ho incontrato Orazio e Sefora che sono i punti di riferimento della Casa della Speranza e della Casa della Carità e facendo alcune riflessioni e anche alcuni spostamenti, i carissimi Mela, Renato, Victor, Yahoo e Orazio andranno temporaneamente alla Casa della Carità di san Giovanni Bosco inaugurata un anno fa. Carissimi Nino, Joy, Benedetta e Antonio, noi continueremo ad essere i vostri amici e compagni di cammino.
In questi giorni ho ricevuto decine di telefonate da rappresentanti e istituzioni civili, realtà associative, club service e singole persone. Giancluca, che era in macchina con me quando siamo scesi correndo da Napoli, assisteva a queste continue telefonate che arrivavano. Il tenore era questo: – “Fratel Carlo, noi ci siamo, cosa possiamo fare? Io sento che questa morte atroce e terribile sta facendo nascere una cordata di solidarietà. In questo momento così importante sento di fare un appello a lei, eccellenza reverendissima, pastore di questa diocesi e vice presidente della Cei, ci aiuti a fare strada nel presentare una richiesta di contributo economico o alla Cei o alla Caritas Italiana o realtà di sue conoscenze.
Eccellenza, non lo faccia per i Camilliani, lo faccia per i poveri e i malati che non hanno nessuno, sono loro presenza di Gesù tra di noi, sono loro che ci apriranno le porte del Paradiso e ci faranno entrare di corsa.
Spesso all’interno del mio ordine (qui c’è tutto il consiglio provinciale e anche di amministrazione), nei nostri bilanci, dico: – “Non tagliamo, non riduciamo la voce destinata ai poveri, certamente Gesù non è contento di noi e si dispiace”. Questa cordata di solidarietà e di speranza sta nascendo dallo spargimento di sangue innocente e da una vita spezzata sul campo di battaglia della carità. Amava ripetere san Camillo: – “Beato il ministro degli infermi che consuma la sua vita in questo santo servizio. Grazie fratel Leonardo per l’esempio che ci hai dato anche in questo aspetto economico. Fratel Leonardo, è bene che si sappia oggi, ha venduto i suoi beni personali, circa 150 mila euro, e li ha donati lui stesso comprando casa a chi una casa non l’aveva e che era in necessità. Certo, non ha osservato la Costituzione così come la osserviamo tanti di noi, forse ha infranto qualche codice del diritto canonico; quando comunitariamente gliel’abbiamo fatto notare lui ha alzato la mano e ha detto, quasi a dire: – “Ormai l’ho fatto”. O come affettuosamente faceva, ci mandava a quel paese. Allora anche per questa testimonianza, caro Leonardino, ti diciamo grazie”.

                                                                                                             Sefora Monaco

 

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