Giuseppe Ursino, CEO del JO Group, cluster di aziende con core business in digital transformation e consulenza su fondi europei, con sede a Catania, primo classificato in Sicilia nel 2019 per il bando su “Smart Cities & Communities” afferente alla Strategia regionale dell’Innovazione per la Specializzazione Intelligente, spiega alla Voce dell’Jonio la sua scelta di destinare l’8×1000 alla Chiesa Cattolica.
Dott. Ursino, prima di tutto perché un imprenditore impegnato su più fronti dalla Sicilia ad ogni angolo d’Europa, sceglie di devolvere l’8×1000 alla Chiesa Cattolica?
Penso che l’8xmille alla Chiesa Cattolica finanzi quelle forme di solidarietà cristiana che rendono l’Italia un posto migliore. Seppur molto “distratto” dai miei impegni lavorativi col cluster di aziende JO Group, in ogni caso, da laico e imprenditore, seguo con attenzione e ripongo la mia fiducia nelle parole di papa Francesco sul “cambiamento d’epoca”. E penso sia giusto, anche col piccolo gesto dell’8xmille, sostenere chi ogni giorno si dedica a chi più ne ha bisogno.
Cosa significa, nella sua esperienza, 8×1000? A cosa pensa quando sente questa espressione?
Confido nella capacità della Chiesa Cattolica di arrivare, con aiuti concreti, anche dove spesso le istituzioni hanno difficoltà ad arrivare. Per citare un’esperienza recente, penso ad esempio all’indomani del terremoto di Santo Stefano, che ha colpito nel 2018 il nord-est del catanese. Ricordo come l’impegno immediato del vescovo della Diocesi di Acireale, mons. Nino Raspanti, abbia dato un input importante alla ricostruzione. E tra le altre cose, anche molte chiese dichiarate inagibili sono state in poco tempo ristrutturate, restituendo vitalità a comunità ferite. Oppure penso al sostegno dato ad alcune cooperative e microimprese, spesso non raggiunte da aiuti concreti per le discutibili lungaggini burocratiche.
Le è capitato di giovarsi di realtà come oratori, collegi, mense o progetti nel territorio, sostenuti dall’8×1000?
Da ragazzo ho studiato in una scuola cattolica e a volte, il pomeriggio, mi intrattenevo e giocavo a pallone nell’oratorio della parrocchia vicino casa. Ma al di là del mio vissuto, voglio sottolineare l’importanza di tutte quelle realtà, come le sedi Caritas sparse sui territori, che reggono una parte significativa del cosiddetto welfare state italiano.
Ursino qual è, a suo avviso, un’area che necessiterebbe di un sostegno attraverso l’8×1000?
Credo che la società di oggi tenda a interrogarsi poco sulle nostre radici culturali. Penso che un investimento sul piano della cultura cristiana nelle nuove generazioni sia auspicabile, così come quello sul piano della buona informazione. Invasi da fake news e frivolezze, le nuove generazioni rischiano di portare sempre più la società futura ad un disallineamento, rispetto ai criteri di umanesimo integrale che le nostre radici sottendevano. Ecco, rinforzare quelle radici aiuterebbe la nostra società ad essere più forte e più sana.
Fino ad oggi la CEI ha stanziato 237,9 milioni di euro provenienti dai fondi dell’8xmille alla Chiesa Cattolica per far fronte all’emergenza Coronavirus, soprattutto a supporto dei più deboli: cosa risponde a chi pensa che siano soldi “sottratti” allo Stato italiano?
Rispondo che, grazie anche all’8×1000, c’è un’Italia che non ha mai smesso di prendersi cura dei più deboli. Tra l’altro, l’otto per mille è una libera scelta dei cittadini. Possono firmare la casella o rifiutare di farlo al momento della compilazione della dichiarazione dei redditi. Per chiarire alcuni aspetti, guardando al rendiconto della CEI, sotto la voce “Esigenze di culto della popolazione”, si nota come si finanzi un po’ di tutto. Dal supporto alle problematiche familiari, alla realizzazione di strutture educative e ricreative per i ragazzi, alle attività e missionarie. Considerato che un prete guadagna dagli 800 ai 1000 euro al mese e sotto la voce “sostentamento del clero” sono inserite le spese per le mense, i centri di ascolto e le case d’accoglienza, si evince come anche in questo caso una parte di quella voce sia indirizzata ai più deboli.
Mario Agostino