Da diverso tempo, un mio caro, vecchio amico, non usciva più di casa, a causa degli acciacchi che gli impedivano di muoversi come avrebbe voluto; ed io, consapevole del fatto che gli facesse piacere, lo andavo a trovare tutte le volte che mi era possibile.
Negli ultimi mesi, purtroppo, a causa di questa pestilenza che da oltre un anno ha colpito tutto il pianeta, i nostri contatti si sono ridotti a lunghe conversazioni telefoniche.
Aveva sconfitto il coronavirus
Ieri l’altro, sabato mattina, mi ha chiamato per comunicarmi di aver sconfitto il virus e che, con la scomparsa della spossatezza che da qualche giorno lo opprimeva, gli era ritornato l’appetito.
Era il canto del cigno: dopo poche ore, nel pomeriggio, è spirato. Sto parlando del direttore didattico in pensione Salvatore (Turi) Bella! Che, nella seconda metà del secolo scorso, è stato uno dei personaggi più in vista della vita politica (e non solo!) di Aci Catena: consigliere comunale (il più votato in una competizione elettorale), fu anche assessore e vicesindaco del prof. Orazio Vecchio (fondatore e a lungo direttore di questo giornale), con il quale, pur militando in schieramenti diversi, collaborò moltissimo, grazie all’amicizia e alla stima che nutriva nei suoi confronti.
Sindaco di servizio per 29 giorni
In un momento di crisi nell’Amministrazione Comunale, considerato che non si riusciva a trovare un accordo tra le forze politiche, accettò, controvoglia, di fare il sindaco: era il 26 giugno del 1967 e, come aveva dichiarato al momento dell’accettazione, si dimise il 24 luglio, prima che trascorresse un mese.
Devotissimo della Madonna della Catena, è stato per molti anni alla guida dei comitati dei festeggiamenti in onore della Madonna e, pur essendo un competente esperto e “tifoso” dei fuochi d’artificio, ogni volta riusciva a destinare delle somme per la manutenzione del santuario.
Devoto alla Madonna e alla famiglia
Non si stancava mai di ripetere che si era sposato con la sua Angela l’11 gennaio, il giorno del ringraziamento alla Madonna, in ricordo del terremoto del 1693.
Legatissimo alla famiglia, ha dedicato, con la moglie, tutta la sua vita per i tre figli e i nipoti: prima ragione della loro esistenza.
Da diversi mesi, si era dedicato a scrivere veri e propri saggi sulle utopie: non avendo mai voluto scrivere a macchina e, a maggior ragione, al computer, consegnava a me e ad una sua nipote i suoi manoscritti per trascriverli e farne dono a coloro che riteneva fossero interessati, di volta in volta, alle “sue” utopie; una copia era sempre destinata a un suo amico da tempo immemorabile, il direttore didattico Domenico (Mimmo) Genovese.
Le chiavi del cuore e di casa
Qualche mese fa, mi diede una copia della chiave della porta d’ingresso della sua casa, in modo che potessi entrare senza disturbarlo, dicendomi queste parole che mi hanno commosso: “Così, hai due mie chiavi: quella di casa e quella del mio cuore!”.
Mi piace salutarlo, come faccio sempre quando mi si chiede di ricordare un amico che ci lascia, con le parole che Mastro don Gesualdo rivolge alla figlia Isabella:
Ti ho voluto bene, anch’io, quanto ho potuto, come ho potuto!
Mario Patanè