Quella del Ponte sullo stretto di Messina è sempre stata una classica storia all’italiana, ma non per eccellenza o originalità. Si tratta di un argomento in grado di suscitare fiumi di dibattiti, illusioni ma soprattutto strumentalizzazioni di varie coloriture politico-ideologiche. Ma quali sarebbero i vantaggi? Quali le ragioni addotte da chi vi si oppone? Quali i ritorni economici e l’impatto ambientale? E gli ostacoli di natura ingegneristica o geologica? L’argomento è impegnativo e profondo. Ma trattandosi di una grande infrastruttura strategica dai costi e dai percorsi burocratici enormi, partiamo dalla storia di un sogno, o illusione, se volete. Per la prima volta, si parla del Ponte di Messina addirittura qualche anno dopo l’Unità d’Italia, nel 1866.
Ponte sullo Stretto / Breve storia di un sogno dall’unità d’Italia
L’allora ministro di Lavori Pubblici, Jaccini, diede l’incarico all’ingegnere Alfredo Cottrau di studiare un ponte tra la Sicilia e la Calabria. Dopo quasi un secolo, la legge 221/12 del 1955 sanciva la prima costituzione della società concessionaria statale per la progettazione. Col nome Gruppo Ponte di Messina, ne facevano parte Regione siciliana, Regione Calabra, IRI, Italcat, Ferrovie dello Stato e ANAS. Nel ’69 iniziarono gli studi ingegneristici e di fattibilità: il Ministero del lavori pubblici lanciò il “Concorso Internazionale di idee” per un progetto di attraversamento dello Stretto. Tra i 143 brillanti progetti ingegneristici ricevuti, furono premiati i primi 12, ma nessuno si preoccupò poi di dare seguito a una sintesi. Intanto da Roma arrivarano i primi soldi: 3 miliardi e 200 milioni pubblici, stanziati per studi preliminari, progettazioni, società e concessionarie.
Ponte sullo Stretto / Breve storia di un sogno: dal ’78 a Tangentopoli
Nel 1978 prese quindi corpo la proposta tecnica di “campata unica” per il ponte più lungo del mondo, con i suoi circa 3300 metri. Nel 1981 viene costituita dunque la nuova Società Ponte di Messina S.p.a. A farne parte, un po’ tutti: Istalstat, Iri, Anas, Ferrovie Stato, Regione Siciliana e Regione Calabria. Nell’84, Bettino Craxi annuncia per la prima volta la data di realizzazione, fissata al 1994. Intanto il mare di soldi citato finisce sperperato nel nulla, almeno ufficialmente. Nel 1992, durante la campagna elettorale è nel programma dello stesso Craxi, con un “progetto di massima definitivo” che comprende spesa, e valutazione d’impatto ambientale a firma di un ingegnere inglese, William Brown. Arrivato il ciclone Tangentopoli, si devono attendere altri 5 anni per l’approvazione del progetto da parte del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
Ponte sullo Stretto / Breve storia di un sogno: dal 2001 al 2011
Nel 2001 il Ponte torna nel programma elettorale nazionale dei due sfidanti Silvio Berlusconi e Francesco Rutelli. Nel 2003 il Comitato Interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPE) approva il progetto, che nel frattempo è stato modificato. L’accordo di Programma tra i Ministeri e gli altri attori impegnati nella realizzazione prevede la costruzione entro il 2020. Intanto, nel 2005 una Associazione Temporanea d’Imprese Eurolink con a capo Impregilo si aggiudica la gara d’appalto del ponte con un’offerta di 3,88 miliardi di euro. Berlusconi nel 2008 annuncia perciò i lavori, che non partono.
Eppure nel 2009 si fissa un’altra data di fine lavori nel 2016: il CIPE stanzia altri 1,3 miliardi di euro e nomina un Commissario Straordinario che verifichi la realizzazione dell’opera. Eurolink invia il progetto alla Stretto di Messina S.p.a. e, nel 2011, vede finalmente la luce quello che è il progetto definitivo per la realizzazione del ponte. Il costo totale è di 8,5 miliardi di euro ma l’Unione Europea fa sapere non finanziare l’opera perché ritenuta non prioritaria.
Ponte sullo Stretto / Dal 2012 all’occasione unica del Recovery Plan
Nel 2012, il governo tecnico guidato da Mario Monti deve stanziare qualcosa come 300 milioni di euro per il pagamento delle penali per la mancata realizzazione. Nel 2013 decadono i termini: a Eurolink dovrebbero andare 45milioni di euro di indennizzo per la mancata realizzazione, ma si apre la vertenza e la richiesta della concessionaria è di 779 milioni di euro. Tocca poi a Renzi, ma i suo annuncio del 2016 rimane solo l’ultimo di una serie. Recentemente, il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, ha affermato: “Sarebbe una grande, prestigiosa e utile infrastruttura, ma gli annunci degli interventi che servirebbero per l’economia sono dei sogni che rimangono sogni”. Intanto, il nostro Paese ha già buttato via miliardi del nostro denaro di contribuenti in decenni, con i quali un terzo di Ponte sarebbe già stato finito.
A rivitalizzare tali sogni, tuttavia, arriva la clamorosa allocazione di denaro per il Rilancio dell’Europa del Recovery Plan. Un intero, enorme capitolo di spesa, è legato alle infrastrutture: potrebbe, il governo guidato da Mario Draghi, cambiare il corso di una classica storia all’italiana fatta di sprechi, illusioni e soprattutto inefficienza della politica? Quali sono le motivazioni addotte da chi si oppone all’opera? Le analizziamo tutte in dettaglio, in questo articolo sui perché o no del Ponte.
Mario Agostino e Arianna Pastore