L’arancino o arancina, comunque desideriate definirlo rinnovando l’antica contesa tra Catania e Palermo, è uno dei più celebri simboli della ricchissima gastronomia di Sicilia. Prima di tutto, bisogna intendersi sulle origini effettive del nome, oggetto di una diatriba che dura da decenni e che neanche l’Accademia della Crusca ha saputo dirimere.
Arancino o Arancina di Sicilia: l’origine
L’origine di questa pietanza, come di tutte quelle a base di riso nell’Italia meridionale, è da collocare durante la dominazione araba, tra il IX e XI secolo. Gli arabi avevano infatti l’abitudine di appallottolare un po’ di riso allo zafferano nel palmo della mano, per poi condirlo con la carne di agnello. Tendevano a chiamare tutte le loro polpette con un nome che rimandasse a un frutto in qualche misura simile. Ecco allora le arancine, ispirate all’agrume tipico di cui l’isola è da sempre ricca.
L’arancina siciliana comparve molto tardi nei ricettari che oggi conosciamo: per la prima volta nel XIX secolo. Nel dizionario siciliano-italiano firmato Giuseppe Bundi (1857), compare il termine arancinu, definito come vivanda dolce di riso fatta “alla forma della melarancia”. Il passaggio al salato è documentato per la prima volta nel 1868 nel “nuovo vocabolario siciliano-italiano” di Antonino Trina. La certezza, ad oggi, è che l’arancino costituisca uno dei pezzi più pregiati della celebre tavola calda siciliana.
Arancino o Arancina / Simbolo di Sicilia: ingredienti e preparazione
Gli ingredienti per un buon arancino sono in primis carni macinate di maiale e bovino. Quindi cipolla, carota, sedano, foglie di alloro, chiodi di garofano, olio extravergine, passata di pomodoro densa, piselli, vino bianco, sale e del caciocavallo da grattugiare. Per la perfetta panatura dell’arancino occorrono invece una farina di tipo 00, acqua e pan grattatato. La finitura e la frittura dell’arancino/a è quindi la parte più importante della preparazione. Per comprendere meglio questi passaggi finali, consigliamo di prestare attenzioni a maestri della gastronomia come lo Chef Palermitano Deiana.
Si dice arancino o arancina?
Non c’è praticamente città della Sicilia che non ne rivendichi l’origine, eppure è proprio sul nome che la disputa resta particolarmente accesa. Ma il motivo effettivo risiede principalmente, in realtà, nella tendenza all’utilizzo del termine. L’Arancina, così chiamata nella Sicilia occidentale, in particolare a Palermo, è creata e identificata in forma tonda. L’Arancino, termine e formato usato tradizionalmente nel resto dell’isola, in particolare a Catania, è invece quasi sempre di forma appuntita, ispirata alla sagoma di “mamma Etna“. Un “derby” lungo decenni, riacceso con la pubblicazione dell’Accademia della Crusca di una scheda ufficiale che tuttavia, al posto di sedare la polemica, qualche anno fa la accese di nuovo.
Se ne parla ancora, come si fece ad esempio all’incontro più partecipato dello Street Food Fest di Catania, svoltosi nel maggio 2018 nella “patria dell’arancino”. Nell’occasione, era presente anche Stefania Iannazzoto, siciliana di origine e autrice della contestata scheda dell’Accademia. L’Accademia della Crusca si era pronunciata ufficialmente scrivendo: ”Il gustoso timballo di riso siculo deve il suo nome all’analogia con il frutto rotondo e dorato dell’arancino, cioè l’arancia, quindi si potrebbe concludere che il genere corretto è quello femminile arancina. Ma non è così semplice”.
La diatriba tra Catania e Palermo, un’immotivata contesa: ecco perché
Secondo la Crusca, entrambe le forme sono corrette anche se il femminile è tuttavia percepito come più corretto, perché l’opposizione di genere è tipica nella nostra lingua per differenziare l’albero dal frutto. A Palermo hanno recepito la forma femminile. A supporto, citano un passo dei Vicerè del catanese di Federico De Roberto, in cui si parla di “arancine di riso grosse ciascuna come un ‘mellone‘”. In termini letterari, se proprio non avessimo di meglio da fare che scervellarci sul tema, probabilmente vincerebbe la parola “arancina”.
Derby e mediazioni sfiziose tra Catania e Palermo
Il capoluogo etneo pullula, in centro e provincia, di numerosi laboratori e pasticcerie che tramandano la migliore tradizione di arancini. In ogni comune della Sicilia orientale, come nella maggior parte dell’isola, è possibile trovare angoli di prelibatezze annoverate alla voce “arancino”. Tuttavia Savia, nel cuore di Catania, è una delle pasticcerie-rosticcerie più famose che fa eccezione, definendo “arancina” le sue meravigliose creazioni in ossequio alla Crusca. Per i catanesi più nostalgici, un “affronto” che tradisce una storia dialettica che affonda le sue radici nel 1897. Come anche da proclamazione finale dell’Accademia della Crusca tuttavia, la confermata dicitura dialettale “arancinu” mette comunque, qualora ve ne sia bisogno, tutti d’accordo.
Altra soluzione di mediazione è stata offerta dalla nota bottega sicula di FUD, locale simbolo del innovativo street food made in Sicily. Il giorno di Santa Lucia, il 13 dicembre, quando si mangiano tradizionalmente queste delizie, FUD ha sfornato le “arancinie” per un giorno. Anche questa ricorrenza diventa occasione di derby fra Palermo e Catania, sfociando in due ricette: una a punta con sarde e finocchietto, nel capoluogo di regione, e una tonda alla “norma” con melenzane fritte, ricotta, pomodoro e basilico, ai piedi dell’Etna.
Arianna Pastore e Mario Agostino