La luce di Michelangelo: miracolo di Pasqua o straordinario talento artistico? Se ne parla in questi giorni legati alla celebrazione della Santa Pasqua. Grazie anche ad approfonditi studi che hanno riguardato una delle più famose meraviglie architettoniche e scultoree italiane. Si tratta del singolare gioco di luce che, in questo periodo dell’anno, raggiunge la “Tomba di Giulio II” che si trova nella Basilica di San Pietro in Vincoli, a Roma.
Il noto architetto e storico dell’arte, Antonio Forcellino, lo ha ampiamente argomentato in una première, realizzata interamente dall’Ufficio Stampa e Comunicazione del Ministero della Cultura, e pubblicato sui social e su YOU TUBE.
La luce di Michelangelo: il valore artistisco
La “Tomba di Giulio II” che si trova nella Basilica di San Pietro in Vincoli, a Roma, è il monumento sepolcrale che venne commissionato a Michelangelo Buonarroti dal Papa stesso. Il progetto iniziale subì continue modifiche. In conclusione, delle sette statue presenti, solo tre appartengono a Michelangelo, di cui il MOSE’, la figura centrale, è davvero degna della sua fama.
Durante i tramonti dell’equinozio di primavera, arriva dalle finestre sul monumento, la luce naturale del sole che esegue un movimento naturale ma spettacolare. La luce, minuto dopo minuto, si trasforma in un fenomeno visivo straordinario che richiama un effetto teatrale. Si manifesta cioè l’effetto di concentrare l’attenzione, come avviene in un palcoscenico da teatro, su alcuni elementi fondamentali del gruppo scultoreo che, oltre alla bellezza artistica, ne rafforza il valore spirituale.
La luce di Michelangelo: il valore spirituale.
Nel 1542, infatti, Michelangelo decide ancora una volta di modificare il programma iconografico della sua opera – ci spiega Antonio Forcellino nel filmato. E lo fa per partecipare, in qualche modo, al violento dibattito sulla salvezza, in atto tra luterani e controriformati di quel periodo. Le tre statue poste nel primo ordine alludono, infatti, ai temi centrali della disputa: la carità (le opere), la fede e, al centro, Mosè.
Durante la Pasqua, la luce del sole arriva sul monumento e raggiunge la statua della carità che diventa essa stessa luce. Pare voglia sottolineare, in tal modo, il ruolo della carità attribuitagli dall’artista. Non quello di salvare ma quello di illuminare la verità e la profondità della fede. Straordinariamente ciò accade al tramonto, quando si avvia la meditazione sulla morte di Cristo.
Uno scritto di quei tempi ci aiuta a comprendere meglio il valore del monumento. Perciò che le buone opere sono frutto e testimonio della fede vera e procedono da lei come la luce della fiamma dal fuoco benchè, siccome la luce non è separabile dalla fiamma che per sè stessa brucia, così le buone opere non si possono separare dalla fede che per sé sola giustifica.
Cristiana Zingarino