Per procedere con efficacia senza lungaggini rispetto al piano vaccini, è necessario analizzare numeri e priorità, evitando di perdersi in polemiche sterili e superficialità. Ma quali sono gli elementi e i casi a disposizione? Quali i dati e le fasce d’età da prediligere? Di fronte alle difficoltà sanitarie, sociali ed economiche che stanno emergendo ogni giorno sempre di più, risultano infatti quanto mai critici due fattori. Il primo riguarda la definizione di una strategia di vaccinazione chiara e comprensibile alla popolazione. Il secondo il corrispondente piano di esecuzione che, passo dopo passo, assicuri il raggiungimento degli obiettivi.
Vaccini / Numeri e priorità per un piano efficace
Fin dal suo insediamento, la direzione che l’attuale presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha delineato, è quella di agire su due leve. Innanzitutto contrastare al meglio la pandemia, quindi rilanciare dal punto di vista sociale ed economico il Paese, attraverso un’accurata gestione del Recovery Plan. Si potrà intravedere tangibilmente l’uscita del tunnel quando diminuiranno i pazienti positivi al COVID 19, si ridurranno i ricoveri, specie in terapia intensiva, e soprattutto non si registreranno decessi. Le richieste di ridurre le misure di contenimento, avanzate dai vari governatori e da alcuni leader politici, sembrano invece rispondere più all’onda emotiva e propagandistica che ad una scelta ponderata e razionale basata su dati scientifici ed evidenze cliniche. Risultano eclatanti, in senso negativo, i repentini cambi di fascia da zona gialla a rossa che si sono registrati in quasi tutte le regioni.
Casi eclatanti opposti: la Sardegna e lo stato d’Israele
In sole due settimane, da zona bianca (COVID free) l’isola è passata a zona rossa, con buona pace del governatore Solinas che aveva fatto balenare l’idea una zona franca da infezioni e indirettamente scatenato una sorta di inevitabile “liberi tutti”. A fronte di queste esperienze negative, si possono però anche evidenziare risultati positivi dal punto di vista sanitario. In particolare in quelle fasce di popolazione, vedi gli operatori sanitari e gli ospiti delle RSA, dove un’attenta adozione delle regole anti COVID e la vaccinazione di tutti gli interessati ha ridotto drasticamente il contagio. Inoltre l’esperienza di paesi come Israele, che ha assicurato la vaccinazione di tutte le persone di età superiore ai 60 anni, ha ridotto in modo eclatante l’ospedalizzazione e soprattutto i decessi.
Vaccini / Numeri e priorità per un piano efficace: punti chiave
Non c’è dubbio che la strada maestra per uscire dalla pandemia è vaccinare tutti e nel più breve tempo possibile per contrastare le mutazioni del virus e la comparsa di nuove varianti. Tuttavia, si può pensare concretamente ad un miglioramento del quadro infettivo e clinico in tempi relativamente brevi se si perseguissero priorità ben precise:
- assicurare la vaccinazione di tutte e persone con più di 80 anni e quelle individuate nelle cosiddette categorie fragili entro i prossimi trenta giorni;
- vaccinare le persone comprese tra i 70 e i 79 anni entro i prossimi sessanta giorni;
- vaccinare tutte le persone di età compresa tra i 60 e i 69 anni. Entro i prossimi 90 giorni.
Le altre categorie che rimangono prioritarie per la vaccinazione contro il Coronavirus sono prima di tutto quella degli gli operatori sanitari e poi tutte quelle definite dal Piano nazionale per i vaccini.
Contro polemiche e truffatori del turno, realizzare il piano vaccini
Draghi non ha certamente usato grandi giri di parole per definire come inaccettabile e incosciente non perseguire queste priorità, stigmatizzando negativamente la categoria “altri”. Ora, senza fare di tutta l’erba un fascio, questo censurabile comportamento ha indubbiamente messo a rischio la vita delle persone più fragili. Ha creato seri problemi in ospedale e dilatato i tempi di ritorno alla normalità procurando ulteriori danni a livello sociale ed economico. Per queste ragioni, è cruciale focalizzarsi sulla realizzazione del piano di vaccinazione a livello di ogni singola regione e realtà locale. Fare ciò significa evitare inutili e sterili polemiche circa l’interpretazione del dato o peggio falsificandolo per assicurarsi l’inserimento in una fascia piuttosto che in un’altra.
Uscire da propaganda sulla sofferenza: a che punto è la Sicilia rispetto all’Italia?
Bisogna uscire dalla continua propaganda politica che gioca di fatto sulla sofferenza delle persone a cui non vanno somministrati pillole di retorica ma vaccini veri. È necessario assicurare una lettura trasparente e condivisa dei dati regionali “veri” che vanno monitorati costantemente non per ragione di cosmesi ma come fattori critici di successo. Per andare ancora più a fondo nella lettura della realtà e per fare un esempio concreto, come siciliano devo capire, senza tanti giri di parole, dove si trova la mia regione rispetto ai sopra citati obiettivi strategici e operativi delineati dal governo, confrontandoli con la media rilevata in Italia per le stesse fasce. Questo, non per fare caciara, ma per contribuire a focalizzare gli sforzi operativi su ciò che attualmente serve ed è critico.
Il quadro della situazione: percentuali e vaccini per fasce d’età
Pertanto, inizierei con il fare un quadro della situazione mettendo in evidenza la % di persone, divisa per fasce di età. 60-69, 70-79, 80- 89 e più di 90 anni innanzitutto, che in Sicilia hanno ricevuto almeno una prima dose di vaccino, quindi verificando lo scostamento rispetto al dato medio italiano. Come si può facilmente comprendere dalla % di scostamento, esiste a tutt’oggi un problema serio di vaccinazione nella fascia di età superiore a ottanta anni. Questo dovrebbe far riflettere circa l’elevato rischio di ospedalizzazione che si sta correndo. Tutto ciò non è imputabile alla carenza di vaccino. Questo si evince dal numero di vaccini arrivati e messi a disposizione del governo alla regione Sicilia.
La responsabilità delle autorità: analizzare e proteggere la fascia più esposta
In sostanza a fronte di circa un milione e duecentomila vaccini consegnati, sono stati usati circa 917 mila dosi e per cui non sono stati utilizzati a oggi 300 mila vaccini. Quello che emerge dalla sintesi sopra esposta, dovrebbe sollecitare le autorità preposte a operare un’analisi critica. E’ fondamentale capire le cause che hanno determinato gli scostamenti negativi e mettere in atto celermente i necessari rimedi. Sicuramente salta all’occhio la necessità di focalizzazione sulla fascia di età su cui porre l’attenzione maggiore, ovvero sugli over 80. Questa fascia è particolarmente esposta all’infezione dal COVID 19 con l’aggravante delle varianti in corso. Inoltre, ci si chiede se vi sia un numero sufficiente di operatori sanitari, ovviamente vaccinati, e, considerata la fascia di età degli ottantenni, se vi sia un adeguato coinvolgimento dei medici di medicina generale.
Carmelo Agostino*
*Farmacista e dirigente d’azienda con oltre 34 anni di esperienza nello sviluppo e commercializzazione dei farmaci in Italia.