“Cattolico italiano, cosa pensi?” è l’interrogativo che il Presidente dell’Istituto Toniolo, mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, pone ai suoi lettori in occasione del primo centenario della Fondazione Toniolo e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, voluta da p. A.Gemelli e da A. Barelli.
La domanda, come se oggi pensare fosse un compito fuori moda, è centralissima e chiara per interpretare la realtà odierna e procedere per gli anni a venire. La domanda scaturisce da una sapienza che ha percorso secoli e millenni di storia.
E’ lecito chiedersi cosa il cattolico pensi o cosa glielo impedisca. Perché, come tutti, il cattolico si pone delle domande, vive nella storia, svolge un lavoro esprime dei bisogni, cerca la verità. Ed è anche convinto che nella creazione c’è iscritta “l’intenzione di Dio, la vocazione personale a vivere, ad amare, ad essere felici, la promessa della vita eterna.
E soprattutto, il cattolico conosce “la verità della vita che è un dono, una responsabilità, una promessa”.
Domande con valore ontologico
Allora le domande: “Cattolico italiano, che cosa pensi della vita e della morte, del bene e del male? Che cosa pensi della tua presenza in questo Paese? Che cosa pensi del futuro e della speranza?”, non sono per un esercizio intellettuale. Ma acquistano un valore ontologico, essenziale per la vita ordinaria, per il significato stesso dell’esistenza dell’uomo sul pianeta terra.
Il pensiero cristiano, infatti, parla il linguaggio dell’uomo in tutte le varietà di sensibilità e forme “che contribuiscono a dare lode a Dio e speranza all’umanità”. Un pensiero che è “pluriforme” e “unitario” insieme, che non riguarda solo il linguaggio delle parole né delle opere da compiere.
Il cattolico pensa, ma non da solo, si confronta, si lascia coinvolgere nella vita della società e in quella della Chiesa. “Sviluppa un desiderio di dialogo ed ha una irrinunciabile dimensione ecclesiale, non pensa mai fuori dalla storia”. “Vivendo nella storia, pratica tutti i luoghi, tutti i tempi, tutti gli ambiti della vita umana e in tutto è ispirato dalla visione elaborata dal suo pensare. Perciò il pensare cristiano si incarna senza troppi complessi in ogni contesto”, e non solo in Italia e in Europa!
Il cattolico italiano, riconosce anche la sua partecipazione alla storia d’Italia e a quella dell’Europa. Ne ammette gli errori ma si sente responsabile del suo divenire, perciò avverte la responsabilità per il compito che ancora gli spetta. Come “contribuire a costruire l’Europa dei popoli, l’Europa dei valori, l’Europa che ha un messaggio originale e costruttivo in un contesto internazionale di politiche regionali violente e di globalizzazione economica mortificante e funzionale ad arricchire i ricchi … Si rende conto che, insieme con le buone intenzioni, ci vorrebbe un pensiero, un pensiero condiviso, un pensiero che apra alla speranza. Insomma, un pensiero cattolico”.
Il cattolico ricerca il bene
L’essere cattolico impone delle domande, provoca un’inquietudine nell’incessante ricerca del bene, perché, certamente, non si può essere mediocri. Quante cose contrastano con i valori in cui crede? “Si può forse fare anche diversamente e fare meglio? Ci vorrebbe un pensiero che offra criteri per costruire, strumenti per leggere la realtà, spunti critici per migliorare. Offra modi di operare promettenti per una crescita armonica dell’insieme. Un pensiero che sia in grado di offrire un contributo sostanziale e qualificante a quel “patto educativo” proposto da Papa Francesco. Patto che sta animando riflessioni e iniziative in tutto il mondo.
In molti, infatti, di ogni fede e orientamento, hanno recepito l’urgenza di”mettere il pensiero” sull’educazione. In quanto unica chiave di accesso ad una umana convivenza, pacifica, rispettosa e aperta al futuro. Un pensiero cattolico, vivace, solido e generoso, capace di dialogo, costruttivo …”.
La lettera indirizzata all’Istituto Toniolo è stata pubblicata dall’editrice Vita e Pensiero, a cura di Ernesto Preziosi, Presidente dell’Istituto Toniolo, con una postfazione curata da Franco Anelli, Rettore dell’Università Cattolica.
“Ci vorrebbe un pensiero” in risposta alla lettera dell’arcivescovo
La pubblicazione, dal titolo “Ci vorrebbe un pensiero” contiene anche alcune riflessioni di docenti e studenti dell’Ateneo”. In risposta a una lettera di mons Mario Delpini a 100 anni dalla nascita dell’Università Cattolica”, come riporta il sottotitolo. Le 130 pagine per 12 euro, infatti, riportano 14 riscontri tra docenti ed ex allievi dell’Università cattolica, alla domanda dell’Arcivescovo.
Dalla lettura del testo, si deduce che la missiva non è riservata ai Soci e all’Università Cattolica. Ma a tutti i Cattolici che sentono “ l’impegno.. a condividere un pensiero che interpreti la vita come vocazione, la competenza come responsabilità. Il potere come servizio, il futuro come tempo di missione, l’esito finale come desiderabile terra promessa che merita di essere sperata”.
L’Arcivescovo, infatti, nelle sue conclusioni invoca la sapienza di un popolo, quel popolo di Dio, che forma la Chiesa Cattolica. Non come “folla anonima di gente semplice”, né come “un’élite di intellettuali”. Ma come “popolo radunato dalla fede, dal senso di appartenenza alla tradizione, dalla responsabilità della missione di seminare speranza di vita eterna. E dall’impegno di costruire un convivere fraterno, solidale, libero”.
Mettersi in ascolto e disporsi al dialogo
Intraprendere questo confronto come popolo di fedeli vale la costruzione non solo dell’Italia e dell’Europa ma il futuro del mondo, a cui il Vangelo di Gesù Cristo è stato destinato.
Pertanto, ogni battezzato è invitato a mettersi in ascolto. E a disporsi al dialogo per accogliere – come in una nuova Pentecoste – quel pensiero che lo Spirito vuole consegnare al suo popolo. In questo tempo presente e di post-pandemia. E questo sembra proprio il tempo più propizio per farlo. Perciò, Chiesa italiana, abbi fiducia!
Teresa Scaravilli