Alla notizia della morte di monsignor Pio Vigo, già vescovo delle Chiese di Nicosia (1985-1997), Monreale (1997-2002) ed Acireale (2002-2011), sono tanti i ricordi che vengono alla memoria di coloro che l’hanno conosciuto ed amato durante il suo fecondo apostolato. Ed i ricordi si accompagnano a sentimenti di profonda gratitudine per le lezioni di vita ricevute durante la sua missione di presbitero e vescovo. È con questo spirito che anch’io rievoco con nostalgia tre immagini che mi tornano in mente e che testimoniano lo stile del suo generoso servizio.
Una prima immagine, dei primi anni Settanta, fa rivivere un episodio avvenuto in occasione di un incontro di preparazione alla Pasqua. Allora il mio primogenito aveva chiesto alla sua mamma che tornava dall’aver ricevuto l’Eucarestia: “Cosa hai in bocca?” “È Gesù – aveva risposto prontamente don Pio. Abbiamo colto con gioiosa sorpresa la sua capacità ad entrare in sintonia con tutti, a partire dai gesti umani più immediati, ed al tempo stesso a valorizzarli sottolineandone il significato per l’annuncio di fede.
L’attività meritoria di mons. Vigo all’Oasi di Aci Sant’Antonio
Una seconda immagine lo vede all’ OASI di Aci Sant’Antonio, accanto a mons. Michele Cosentino. E richiama il servizio umile e generoso svolto per lunghi anni da monsignor Vigo nel prendersi cura personalmente dei preti anziani e malati. Oltre che impegnarsi a far crescere la provvidenziale istituzione realizzata a beneficio dei presbiteri della Chiesa locale di Acireale e di altre diocesi.
Nella terza immagine, nella chiesa dell’Eremo di Sant’Anna, c’è monsignor Vigo che illustra la traccia di meditazione distribuita agli intervenuti negli incontri di spiritualità.
Il fascino di questi incontri derivava dal fatto che l’esegesi dei brani della Sacra Scrittura e l’invito a crescere nell’amore a Dio e al prossimo erano arricchiti da una originalissima rilettura di eventi semplici e gustosi della vita in famiglia e nella comunità ecclesiale. A confermare che l’annuncio del Vangelo avviene prima che con le parole attraverso i gesti quotidiani.
Ma affiora anche un altro ricordo che testimonia la delicatezza ma anche la fermezza con cui monsignor Vigo vescovo esprimeva le sue convinzioni. Mi riferisco alla prefazione, da Lui scritta nel 2006, ad un volumetto di interviste sulla missione della diocesi in un mondo che cambia. Il volume fu preparato dall’Ufficio di pastorale della cultura con il titolo “Cambiamento dei valori o valore dei cambiamenti?” Nella prefazione lamentava che il libro mancasse della “voce femminile”, che avrebbe consentito “una lettura più completa e rassicurante”. Perché “la testimonianza diretta di chi si dedica col cuore di madre al servizio sociale e al volontariato ci avrebbe potuto dare notizia del bene che non manca nella nostra realtà ecclesiale”.
La semplicità d’animo di monsignor Vigo
Credo si possa affermare che il motto che compariva nel suo stemma episcopale “in simplicitate cordis” esprima compiutamente l’essenza della Sua personalità, caratterizzata dalla semplicità con cui accoglieva e dialogava con tutti.
Questo stile di semplicità d’animo e di gioiosa meraviglia davanti alle realtà lo si ritrova come ispirazione profonda delle sue poesie. Liriche che esprimono la sua non comune sensibilità ad apprezzare la bellezza del Creato e a vedere “il raggio di sole che fa germogliare la Speranza”.
Sembra affiorare la poetica del “fanciullino” che è presente in un cantuccio dell’animo di ognuno di noi e che, nel caso di monsignor Vigo appare felicemente illuminata dalla luce della fede.
Giuseppe Rossi