Giappone, la catastrofe ai tempi di Twitter

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L’apocalisse in diretta. Il terremoto e lo tsunami in Giappone sono stati documentati dai media in tempo reale, grazie alla rapidità con cui si sono diffuse le immagini che mostravano il disastro, rimbalzando da un mezzo all’altro. Fotografie, testimonianze e moltissimi filmati hanno inondato i mezzi di comunicazione globali con la stessa velocità con cui l’onda d’acqua ha travolto le coste giapponesi, provocando danni ben superiori a quelli della scossa sismica in un Paese che con i terremoti ha dovuto da tempo imparare a convivere.

Anche lo tsunami del 2004 e il terremoto di Haiti un anno fa hanno avuto grande risonanza, ma mai come stavolta i media hanno amplificato in diretta una tragedia i cui contorni sono ancora tutti da definire, dato che le scosse di assestamento procedono e che, soltanto passato il cataclisma, si potrà fare un primo bilancio di quanto è accaduto. La tempistica degli eventi naturali ha avuto un ruolo importante: dopo la terribile scossa, è trascorso qualche minuto dall’arrivo della prima ondata dello tsunami e questo tempo ha dato modo alle autorità di procedere, per quanto possibile, a evacuare le zone in pericolo e alle televisioni di mobilitare i propri mezzi per prepararsi ad assistere all’evento in diretta.

Il resto lo hanno fatto i telefonini, le macchine fotografiche e le telecamere fisse nelle strade o negli uffici, che hanno ripreso attimo per attimo la lunga scossa di terremoto come pure l’inesorabile avanzata dell’onda di acqua, fango e detriti che ha sommerso coste, strade e case. La tecnologia e la disponibilità mediatica di una società come quella giapponese, forse la più avanzata da questo punto di vista, hanno mostrato tutta la loro potenza in questo drammatico frangente, mettendo a disposizione dei mezzi d’informazione di tutto il mondo una vasta quantità di documenti visivi e filmati.

L’ondata di video e di foto ha invaso letteralmente i media globali, a partire dai siti internet per continuare sulle televisioni, che hanno proposto una sorta di lunga diretta sulla tragedia. Ancora adesso, di ora in ora si aggiungono nuovi documenti, che ci fanno vedere altre immagini dei grattacieli che tremano, della gente che si riversa in strada, del vortice che trascina via le navi, dell’onda grigia che travolge tutto ciò che incontra, di auto, camion e pullman trascinati dalla forza della corrente di acqua e fango.

Mentre è iniziata la penosa conta delle vittime – potrebbero essere decine di migliaia – cresce l’angoscia per le possibili conseguenze dell’esplosione nella centrale nucleare di Fukushima. Anche questa tragedia nella tragedia è stata catturata in tempo reale da un video, quasi a farla sembrare più vera e a testimoniare agli occhi del mondo che qualcosa di grave è successo. Oltre allo sgomento per la quantità enorme di vittime provocate dal terremoto e dallo tsunami, ora sul Giappone aleggia anche lo spettro di una contaminazione nucleare che potrebbe avere proporzioni e conseguenze enormi. In questo caso, come in altri, la rapidità di trasmissione dei media è servita soprattutto alle autorità per diffondere istruzioni alle persone su come comportarsi per cercare di prevenire in tutto o in parte gli effetti della fuga radioattiva.

Le immagini hanno dominato la scena di questa tragedia, ma le nuove tecnologie hanno anche consentito importanti spazi di parola. Facebook ha convogliato moltissime testimonianze di chi è sopravvissuto alla catastrofe, su Twitter si è riversato un enorme flusso di informazioni.

Marco Deriu

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