Tre feste nello stesso giorno: il mese di maggio, insieme alla bella stagione, ci dona occasioni per diverse celebrazioni. Questa seconda domenica ci ha offerto, in modo particolare, tre opportunità per riflettere: la festa della mamma, la festa dell’Europa, la beatificazione di un magistrato. Sono tutti eventi importanti e ricchi di motivazioni per dare contenuti esistenziali alla nostra quotidianità.
Tre feste….
Tutti amiamo la mamma, per la quale coltiviamo un sentimento senza eguali: “di mamma ce n’è una sola”, sentimento inconfondibile, insostituibile, che non ammette confronti, secondo a nessun altro. Nessuno pensa di poter fare a meno della mamma, a cui viene attribuito un ruolo speciale, unico. Non è così per l’Europa, non tutti nutrono la stessa stima e la stessa animosità nei confronti del suo operato, la sua composizione e la sua organizzazione. C’è chi la vorrebbe annullare, c’è chi la vorrebbe ampliare, c’è chi ne fa occasione di denigrazione, di speculazione economica, di scontro politico. C’è un pensiero mutevole nei suoi confronti, in dinamismo continuo.
La beatificazione del giudice Livatino, in coincidenza con queste altre celebrazioni, dalle quali si distacca nettamente, fa riflettere tutti sia per l’aspetto religioso che per l’aspetto sociale che la vita di questo giovane provoca in noi. Le tre celebrazioni, tuttavia, così diverse nella loro motivazione, hanno molte cose in comune e tutte ugualmente interessanti per la ricaduta che hanno nella nostra cultura, nella società civile.
La mamma, la prima delle tre feste
Mi piace sottolineare come il legame con la mamma dia al figlio un particolare modo di comportarsi, di esistere, di voler essere “persona” nella vita. La mamma comunica con il suo contatto simbiotico dalla gestazione al parto, dall’allattamento allo svezzamento, un comunanza di stile, che attraversa tutti i sentimenti e le emozioni di ogni ora e di ogni situazione. Paura, ansia, gioia, entusiasmo, scoraggiamento, depressione, rabbia, tenerezza, sogni, speranze, attese, delusioni. Cosa una madre non sogna per la creatura che porta in seno! Tutto trasmette – anche a sua insaputa – a quella cellula che si trasforma dentro di sé fino al parto. Dal parto nasce un nuovo connubio, un altro equilibrio, uno stile nuovo, c’è stato uno stacco, una divisione, non sono più uno, ma due esseri distinti.
Ognuno deve rimanere distinto
Perché il figlio cresca e diventi adulto, bisogna che la madre si metta da parte. Lasci che il figlio maturi con le sue forze, con le sue risorse, in autonomia, perché sia se stesso, un essere unico, irripetibile, con una sua personalità, irrinunciabile. Quanto è delicato il compito educativo in questa fase di riconoscimento dell’alterità: il figlio è un altro da sé, non appartiene più alla madre, non è più unito a lei. Bisogna lasciarlo andare, tagliare quel cordone ombelicale, perché vive, perché cresca, perché diventi quel che è.. Compito straordinario, impegnativo, insostituibile!
Anche quello del padre è impegnativo e insostituibile, non voglio fare preferenze. Anche perché il compito educativo non è mai un compito del singolo, è un compito plurale, sociale, riguarda ogni adulto, ogni persona. Ognuno di noi è allievo e maestro per tutti gli altri con cui viene a contatto. Assimiliamo i comportamenti altrui, quasi senza rendercene conto, talvolta, anche quelli che detestiamo.
L’unione europea, la seconda delle tre feste
La festa dell’unione europea mi porta alla mente il valore dell’unità di ideali, di valori, che ogni Stato porta in sé e la coesione che favorisce il raggiungimento di obiettivi comuni. La Pace, che crea amicizia, le regole, che offrono vantaggi economici, scambi culturali, solidificano e rendono più sicuri, più forti. Ma tutto in clima di stima reciproca e di fiducia leale.
I nostri giovani che studiano ormai nelle scuole europee stanno sperimentando la bontà e la bellezza di questi scambi culturali ampi tra le nazioni e i popoli. La crescita culturale è spontanea e sono già loro i protagonisti del futuro perché hanno maturato ciò che noi, adulti e anziani, abbiamo semplicemente ma fortemente sognato.
La Beatificazione di Livatino, l’ultima delle tre feste
La beatificazione di Livatino mi fa pensare all’impegno formativo, da quello educativo della famiglia a quello professionale. All’acquisizione dei valori quali la verità, che comporta la lealtà; la libertà, che comprende il senso di responsabilità, l’onestà nell’esercizio del proprio dovere, il rispetto per ogni persona. Al contributo che ciascuno porta alla società intera con il proprio comportamento, con la sua competenza professionale. Con quei valori umani che contribuiscono a rendere la società più equa, più attenta ai bisogni degli altri. Capace di ridurre le diseguaglianze, mediante un dialogo armonioso e arricchente per progettare insieme e migliorare la qualità di vita nella società in cui viviamo..
A me pare che una società rifletta il grado di responsabilità personale con cui ciascun cittadino vive la sua appartenenza, il suo essere parte viva, artefice, protagonista nel posto dove vive. Dove ha un compito, dove crea legami di reciprocità con la sua terra, con il suo lavoro, con i suoi concittadini. Questo vale per tutti, a prescindere dal tipo di lavoro che svolge, dalla sua appartenenza ad un partito politico o associativo. E anche dalla sua fede religiosa, dal suo essere italiano o straniero.
Non mi sembra un sogno impossibile vivere bene la nostra esistenza considerandoci un po’ apprendisti, allievi in formazione e un po’ cultori del bene comune. Capaci di prenderci cura dei più fragili, dei più piccoli, e anche di quelli che la pensano diversamente da noi. Ma che hanno anche loro una saggezza, a noi sconosciuta, forse perché non sempre permettiamo loro di esprimerla. La chiamerei la via del dialogo quella che ci potrà insegnare a stare insieme senza litigare e a focalizzare tutti l’obiettivo del bene comune. Dove ciascuno trovi il proprio ben-essere, lo stare bene come si conviene, vivere una vita buona, degna di essere vissuta.
Teresa Scaravilli