Orazio Strano è uno dei pochi cantastorie di Sicilia conosciuto in tutta Italia e non solo, ma il suo ricordo si sta dissolvendo negli anni. Le vicende di Strano sembrano collocarsi in un passato ormai cancellato, eppure le sue vicende sono cosa recente. Storie di una Sicilia che fa finta di cambiare, ma nell’essenza rimane uguale.
Orazio Strano / I primi passi del cantastorie di Sicilia
Orazio Strano nasce a Riposto agli inizi del secolo scorso, nel 1904. Sin dall’età di sei anni è costretto a lavorare per mantenere la sua famiglia. Non riesce a frequentare la scuola. Questo lo rammarica molto perché, pur non sapendo leggere e scrivere, sentiva dentro di lui una vena poetica e, nello specifico, una passione per le storie. Decide di imparare a leggere e scrivere da autodidatta. A dieci anni sapeva già strimpellare qualche accordo con la chitarra e a quindici già cantava in piazza San Pietro a Riposto.
La nascita del mito
Dopo la fine della Guerra, Orazio Strano riprende il suo mestiere di cantastorie in Sicilia. Con i primi soldi che guadagna, compra un asinello sardo per girare tutta la Sicilia in cerca di storie degne di essere narrate. Erano gli anni in cui non c’era un solo siciliano che non conoscesse il Bandito Giuliano. Lui gli dedicò una canzone in cui lo descriveva come il Robin Hood della Sicilia. Rese molto famoso Orazio Strano, che andò a suonare alla porta del padre di Giuliano. In pochi attimi la strada si riempì di gente e qualche tempo dopo Strano ricevette in dono una busta con una bandiera della Trinacria da parte del bandito.
Perché divenne famoso?
La Sicilia dell’epoca era una terra martoriata dalla guerra e dai bombardamenti. Soffocata dalla miseria lasciata dal fascismo e dall’arretratezza. Non c’erano molti svaghi per chi non poteva permetterselo. La vita procedeva lenta, scandita soltanto dalle feste religiose. Ed è proprio in quei giorni che i cantastorie apparivano nelle piazze portando con sé racconti da tutte le parti della Sicilia. Il successo di Strano è dovuto proprio alla capacità di saper cogliere il lato umano dei fatti di cronaca locale. In ogni narrazione, riusciva a far provare delle emozioni genuine, contando solo sulla sua voce e le illustrazioni del pittore Vincenzo Astuto.
Padre e figlio
Non appena il figlio Leonardo compì sei anni, il padre Orazio decise di costruirgli una mini chitarra a misura di bambino per portarlo con sé. Insieme cantavano la storia “Padre e figlio”. Viaggiarono in lungo ed in largo per la Sicilia. Un giorno – ricorda il figlio in un’intervista alla rivista Nuove effemeridi – lungo la strada di ritorno si scatenò un gran temporale. Leonardo aveva solo sette anni. Suo padre cominciò a piangere disperato. C’era freddo, suo figlio era fradicio. “Ora questo figlio mi muore con questa acqua. Come faccio? Come faccio io?” Per fortuna lì vicino c’era un trappeto (frantoio per le olive, ndr). I proprietari sentendo rumore si affacciarono: “Guarda chi c’è! Orazio Strano!” Vennero accolti e in cambio lui li intrattenne cantando fino al mattino seguente.
Tanti mestieri pur di “campare”
A causa dell’artrite deformante di cui soffriva, pur di racimolare qualche soldo per la sua famiglia, Strano cercava sempre di industriarsi per creare qualcosa di nuovo. Acquistò un asinello più piccolo di quello sardo che portò in giro per le piazze adornato con i paramenti siciliani. Vendeva poesie, creava sorteggi. D’inverno, quando le temperature non gli consentivano di andare in giro per le piazze, era un erborista. Consigliava decotti e sciroppi ai suoi clienti, scrisse anche un libro di ricette “Le erbe miracolose”.
Il fascino delle storie popolari
La difficoltà del cantastorie è proprio quella di riuscire ad intrattenere un pubblico non pagante. Tutti sono lì spontaneamente. Immobili e silenziosi, attratti dal magnetismo che esercitano da sempre i racconti. Molti siciliani però non riuscivano a vedere sminuito il loro lavoro a causa di un cantastorie girovago. Una sera, a Nizza di Sicilia, il proprietario di un cinema andò a protestare dai vigili. Strano si era messo davanti al cinema quindi nessuno entrava a vedere un film. Non appena gli intimarono di andare via, Strano andò a cantare nel torrente. Tutti lo seguirono ammaliati per ore, dimenticandosi anche di andare a casa.
Detrattori del poeta di strada
Alcuni cantastorie, per sfuggire alla miseria, cominciarono a copiare le storie e le melodie di Strano. Altri si misero a dire che era stato ucciso a Palermo. Appena si diffuse la notizia in centinaia si presentarono a casa sua per vedere se fosse vivo. Lui ridendo disse: “Guarda un po’, mi sono visto il mio funerale […] e adesso vendo di più”. E in effetti i suoi dischi e le sue cassette si cominciarono a vendere senza neanche il bisogno di cantare. Molte case discografiche, sulla scia del suo successo cominciarono a proporgli accordi, e spesso ingannandolo.
Un linguaggio universale
Nonostante tutte le difficoltà Orazio Strano raggiunse il successo che meritava. I suoi brani venivano ascoltati in tutta Italia, ma anche a Brooklyn, Berlino e Londra dai nostri connazionali emigrati. Anche chi non conosceva il siciliano riusciva a comprenderlo per via delle illustrazioni e del cambio di espressioni. La Rai volle intervistarlo (per l’occasione lui si esibì nella piazza di Mascali, visto che non era ben accolto nella sua città natale Riposto). Tra i suoi ammiratori ci sono Salvatore Quasimodo (che aspettò ben quattro ore per incontrarlo!), Ornella Vanoni e Fred Bongusto.
Nemo profeta in patria
L’ultimo regalo dalla vita lo ebbe tre mesi prima di morire, a Giardini Naxos, la città che più di tutti lo ha amato. Ben 25 minuti di applausi. Venne sollevato dal palco e portato in giro per la sala come un idolo in processione. Pianse. “Nessuno mi ha mai dimostrato tanto entusiasmo. A Riposto, nel mio paese, questo non me l’hanno fatto mai.” È proprio vero che “Nemo profeta in patria” (nessuno è profeta nella propria patria). Si spense poco dopo. Sulla lapide la foto di Orazio con la sua prima chitarra, quella da cui non si separò mai.
Cristina Di Mauro