Adrano / Carmelo Salanitro: il professore che insegnò cos’era la libertà

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Una mattina d’autunno di 75 anni fa, nei gelidi capannoni del campo di concentramento di Mauthausen, due siciliani si incontrano per la prima volta. Uno è Nunzio Di Francesco, giovane partigiano catanese, l’altro è Carmelo Salanitro, professore antifascista di Adrano. Il professore comincia a raccontare cosa lo ha condotto fin lì. La particolarità della sua storia è che incomincia qui, tra di noi, impedendoci di esorcizzare con la distanza la tragedia del nazismo. Questa è la storia di uno dei primi deportati politici del regime fascista.

Carmelo Salanitro / Chi era il professore di Adrano?

Il professore Carmelo Salanitro nasce in una modesta famiglia di Adrano, nel 1894. I suoi genitori fanno sacrifici immensi per mandarlo a scuola e mantenerlo all’Università. Sanno che l’educazione è l’unico mezzo per garantire al figlio una vita dignitosa. Il giovane Carmelo fa della cultura la sua ancora di salvezza. Ripaga gli sforzi dei suoi genitori: si laurea in Lettere Classiche e comincia ad insegnare greco e latino nei licei. Esponente del Partito Popolare di Sturzo, vive gli anni del fascismo in una quieta, ma decisa resistenza. Profondamente deluso dai Patti Lateranensi, rifiuta di iscriversi al partito fascista, sopportando tutte le calunnie e la diffidenza dei compaesani.

Il suo orientamento politico lo rende ostile a molti genitori, per questo Salanitro cambia continuamente scuola. Nonostante ciò, i suoi studenti sono affascinati dalle sue lezioni. Oltre ad essere un ottimo insegnante di latino e greco, Salanitro insegna l’importanza della pace e della democrazia. Si assume i rischi di essere l’unico ad andare controcorrente, però se è vero che si può andare in guerra da soli, il desiderio di pace non può nascere in una sola persona. Dunque, quando tutti gli aspetti della vita erano regolati dal regime, lui insiste sull’importanza della vita libera, l’unica degna di essere vissuta.

In guerra da solovolantino antifascista

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e l’entrata in guerra dell’Italia, Salanitro è più isolato di prima. La diffidenza nei suoi confronti aumenta. In poco tempo appare chiaro che questa guerra è troppo grande per l’Italia. Il paese, esaltato da Mussolini, si sta sgretolando in fretta e con esso il fascismo. Aumenta l’oppressione del regime, nell’aria si respira paura. Ciò che tutti vogliono evitare è farsi coinvolgere, ma il professore Salanitro non riesce a rimanere impassibile davanti a quella che si prospetta una delle più grandi disfatte della nostra nazione.

Sa che è una battaglia troppo grande per lui, eppure il desiderio di battersi per ciò che considera giusto è più forte. Non può vincere, non può andare sui campi di battaglia, ma può smuovere le coscienze. Inizia a stampare volantini e biglietti antifascisti. Li posiziona ovunque: per strada, nelle tasche dei cappotti e perfino sotto i banchi degli alunni. Forse sapeva che era solo questione di tempo prima che lo catturassero, eppure continua imperterrito nel suo rischioso lavoro.

Il tradimento

Dopo sette mesi di attività, il preside del Cutelli lo denuncia all’OVRA (polizia segreta del regime). Inizia il pedinamento da parte degli agenti. Il professore ormai è diventato cauto, sa come agire discretamente. Fa un lungo giro per le strade di Catania e quando crede di essere al sicuro, prova a deporre uno dei suoi volantini antifascisti. Subito viene arrestato e condannato a 18 anni di carcere. Passa il suo periodo di detenzione a Sulmona e Civitavecchia, scrivendo numerose lettere ai suoi familiari. Con l’armistizio dell’8 settembre 1943 però, si incrina questo equilibrio. Il regime fascista ormai è caduto: Salanitro viene consegnato in mano ai tedeschi. Per il nostro conterraneo, inizia così l’incubo dei campi di concentramento.

Il campo della morte

Carmelo Salanitro viene deportato a Mauthausen. Ormai è rassegnato alla morte, sereno di aver vissuto una vita degna, secondo i giusti princìpi. Una cosa soltanto gli bruciava: “non riuscire a tornare e non poter così obbligare il suo delatore ad ascoltare, in un’aula del suo Liceo, fitta di studenti, una sua lezione sull’onore e sulla viltà” dice il compagno di sventura Nino Micheli, sopravvissuto al campo. Per pura crudeltà viene privato degli occhiali. Il professore si rintana in un angolo del capannone, forse sollevato di non riuscire a vedere i carri che passano continuamente lasciando intravedere braccia e gambe inerti.

Poi un giorno d’autunno arriva un giovane etneo. Il ragazzo è Nunzio Di Francesco, partigiano catanese. Quando gli chiede “Perché lei è qui, professore?” lui gli risponde: “Educavo i miei studenti a lottare per la pace, la libertà e la democrazia”. Il resto della storia è noto: i nazisti ormai accerchiati cercano di uccidere il maggior numero di prigionieri. Nella notte del 24 aprile 1945, tra le urla strazianti che provengono dalla camera a gas c’è anche la voce di Carmelo Salanitro. Proprio alla vigilia della Liberazione d’Italia.

Scuola maestra di libertà

carmelo salanitro murales
Murales di Carmelo Salanitro ad Adrano

Concludere con la triste vicenda della sua morte non rende giustizia a quest’uomo che si è sacrificato per la libertà. Piuttosto, il professore avrebbe preferito essere ricordato per gli ideali per cui ha combattuto tutta la vita. Per lui la scuola non era un semplice luogo di studio. Al contrario, come ricorda un suo studente, secondo lui “la scuola deve essere un luogo in cui si cerca di istillare oltre che la cultura, semi di bontà”. Forse mentre pronunciava queste parole aveva in mente i sabati di qualche anno prima, quando le bande di esaltati fascisti si lanciavano in delle spedizioni punitive contro chiunque la pensasse diversamente (come suo padre).

Ed è forse pensando a quelle masse di ignoranti armati fino ai denti che pestano a sangue gli innocenti che nasce in lui la speranza di un futuro nuovo. Così scrisse sul suo Diario: “L’unica e vera istituzione nel mondo è sempre stata la Scuola. In ogni tempo, la Scuola libera ed indipendente, […] ha sollevato l’animo da infondati timori e ha rimosso e abbattuto dannose barriere. E dalla Scuola sono partite e nella Scuola si sono concluse le Rivoluzioni… Le autentiche, vere e grandi Rivoluzioni”.

Cristina Di Mauro

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