Agli inizi del Novecento, è nata a Ragusa Maria Occhipinti, una donna d’animo libero e di mente curiosa che ha rinunciato a tutto pur di dar voce alle donne in rivolta. Incinta di cinque mesi non esita a partecipare alle proteste del “non si parte”, schierandosi con le madri che non volevano perdere i loro figli in guerra. Si sdraia davanti ai camion militari pur sapendo che questo le costerà la libertà. Ripudiata dalla sua famiglia, viaggia per il mondo. La sua sete di giustizia la spinge a dare voce ai più oppressi e la porterà a diventare, da analfabeta autodidatta, uno dei grandi nomi della letteratura femminile.
Ragusa / Maria Occhipinti e la rivolta dei “non si parte”
Dal dicembre 1944 al gennaio 1945 la Sicilia diviene teatro di manifestazioni contro l’arruolamento dei giovani nell’esercito regio, impegnato nella lotta per la Liberazione. Il governo centrale non comprende la natura di questa rivolta, che viene etichettata come “filo fascista”. In realtà, la protesta è una naturale reazione del popolo siciliano, che non avendo vissuto le stragi naziste e i movimenti partigiani, non comprende perché debba sacrificare nuovamente i propri figli in guerra. Molto spesso le proteste, del tutto pacifiche, ricevono una violenta repressione da parte dei militari, che non esitano a sparare sulla folla.
Protagonista della rivolta
Se a Catania i manifestanti danno fuoco al Municipio dopo l’uccisione di uno studente, la situazione a Ragusa non è meno grave. I ragazzi chiamati ad arruolarsi scappano nelle campagne, in città i militari vanno porta per porta a cercarli. Nelle vie principali ci sono carri pieni di giovani renitenti alla leva. Le madri, disperate, vanno a chiedere aiuto alla loro vicina: Maria Occhipinti. La ragazza, seppur ventenne, è famosa nel quartiere per il suo impegno politico e sociale, che travalica la scarsa cultura tradizionalmente riservata alle donne.
Scesa in strada, si trova coinvolta negli scontri tra civili e militari. Vuole intervenire, ma non sa come, visto che è incinta di cinque mesi. Decide di sdraiarsi per strada, proprio davanti ai camion che stavano portando via i giovani soldati. I militari cominciano a sparare sulla folla. Di conseguenza, Maria Occhipinti viene identificata come una delle protagoniste della rivolta di Ragusa e viene deportata ad Ustica, una delle isole del confino. Partorisce in prigione e viene rilasciata l’anno seguente, nel ’46.
Una donna libera
Di nuovo libera, Maria torna a Ragusa. Qui trova un ambiente a lei ostile: il marito ha ricominciato una nuova vita con un’altra donna. Tutti la trattano con diffidenza: una donna iscritta alla camera del lavoro e coinvolta nella rivolta non si era mai vista. Infine, anche la famiglia non vuole avere niente a che fare con lei, perché è costretta a subire ogni giorno gli sguardi sprezzanti della gente. Si sente una straniera in patria.
Maria, dunque, lascia la Sicilia, portando la figlia con sé. Svizzera, Marocco, Canada, USA e Hawaii sono alcuni dei paesi che visita. Approdata in Francia, conosce Sartre e Simone De Beauvoir, con cui intrattiene delle animate discussioni. Assetata di conoscenza, non le importa di dover svolgere i lavori più umili per poter sopravvivere. A lei importa solo di conoscere meglio le culture di cui aveva solo sentito parlare nei libri di scuola. In Svizzera, scrive il libro “una donna libera” in cui racconta la sua emigrazione, la solitudine e le lotte quotidiane.
La fama
Negli anni Settanta torna in Italia e si stabilisce a Roma con la figlia. La sua autobiografia “Una donna di Ragusa”, pubblicata da Feltrinelli, vince il prestigioso premio Brancati. In poco tempo Maria diviene il vessillo della lotta femminile per i diritti. I suoi testi vengono inseriti nei programmi delle scuole. I suoi giudizi spesso taglienti e schietti, riguardano la poco conosciuta condizione delle donne nel Sud arretrato. Questa prospettiva, inedita nel panorama letterario di allora, le permette di entrare a pieno titolo tra i grandi nomi della letteratura femminile di quegli anni.
La “Pasionaria ragusana”
In breve, in ogni momento della sua vita, Maria Occhipinti lotta, nel suo piccolo, per i diritti degli oppressi. Denuncia la condizione delle domestiche, spesso soggette ad abusi sessuali. Si schiera a favore dei contadini espropriati delle proprie terre a prezzi irrisori e non rinuncia al diritto di poter pensare in maniera autonoma e a voce alta. Il suo impegno politico gli fa guadagnare il soprannome di “Pasionaria ragusana”. Come ha scritto in uno dei suoi libri, il suo unico sogno era quello di voler essere “la bandiera della Rivoluzione mondiale”. Maria Occhipinti si spegne a Roma nel 1996, a 75 anni.
Cristina Di Mauro