Da qualche tempo sentiamo spesso ripetere la parola profilazione. Con profilazione si intende l’insieme di attività, di raccolta e di elaborazione dei dati dei vari utenti per poi suddividerli in categorie in base ai loro interessi e comportamenti. Veniamo tutti schedati, abbiamo le nostre preferenze, mettiamo i nostri “like” su Facebook o i nostri “cuoricini” su Instagram, seguiamo sui social le nostre pagine preferite. Tutto questo viene immagazzinato da diversi siti che lo sfruttano per il marketing e proporci qualcosa di interessante ai nostri occhi.
Un articolo firmato da culturedigitali.org scrive una cosa allarmante.
“Tutto questo sembrerebbe portare verso fenomeno noto come l’isolamento ideologico. Questa nostra tendenza di interagire in rete solo con chi ha le nostre stesse opinioni o i nostri stessi gusti porta l’individuo ad isolarsi in una sua personale bolla di informazioni, limitando cosi la sua conoscenza .Si chiama, con termine tecnico, “filter buble” e causa un effetto dannoso per l’utente, convincendolo che i propri interessi sono gli unici che esistono, rendendolo estraneo a idee, temi o informazioni diverse. Ciò dunque permette la diffusione di un’informazione limitata e poco equilibrata“.
Ecco servita la fine dei famigerati metadati, dei cookie o dei dati raccolti su internet.
Dati e categorie degli utenti / Cosa è cambiato con la profilazione?
Potremmo partire dal prendere in considerazione quello che facevamo prima, per esempio le persone che andavano all’interno dei circoli culturali o politici, per uno scambio di opinioni e pareri. Forse entravano in quel circuito di opinioni e restavano sempre in quel circuito di opinioni. Tutto sommato non è successo nulla di diverso, ma il problema è legato alla profilazione e al fatto che i mezzi tecnologici, molto spesso, sono invasivi. Prima eravamo noi a cercare le persone di cui fidarci, in determinati contesti. Adesso attraverso un gruppo Whatsapp noi possiamo condividere argomenti che sono i nostri argomenti. Ci relazioniamo sempre con persone che sono le stesse e che ci producono delle cascate informative che tendono ad isolarci, ma soprattutto a formare il nostro pensiero attraverso i pregiudizi di conferma.
Noi siamo sempre convinti di sapere determinate informazioni e andiamo a cercare chi può confermarci quelle informazioni e le può confermare nel modo in cui noi ce le vogliamo sentir dire.
L’effetto locusta
Qualche giorno fa, intervistato da una radio nazionale, mi è stato chiesto cosa potrebbe accadere se cambiassimo idea su un argomento ed io ho risposto che un vecchio studio che hanno fatto gli americani, tanti anni fa, parlava dell’ “effetto locusta” ossia uno va avanti e gli altri vanno dietro. Oggi, quando si cambia idea, si cambia gruppo. Si può dire esattamente il contrario di quello che si è detto il giorno prima, senza alcun problema. Basta cambiare gruppo ed entrare in un meccanismo diverso e più adatto alle nostre nuove esigenze.
Profilazione: dati e categorie / L’ombra degli algoritmi
La profilazione e le cascate informative, tecnicamente “echo chamber” o camera dell’eco, è un fenomeno molto diffuso. Una persona ottiene delle informazioni, notizie o idee che supportano il suo punto di vista, senza accedere ad altre risorse. Risorse che l’aiuterebbero a dar vita ad un quadro completo e obiettivo della realtà.
I social newtwork attraverso gli algoritmi ci restituiscono non quello che noi cerchiamo, ma quello che a noi piace. È l’algoritmo delle piattaforme social che ci offre la pubblicità in base ai nostri interessi, alle pagine e ai gruppi a cui siamo iscritti. In futuro alcune piattaforme potrebbero trasformarsi in servizi a pagamento perché gli interessi commerciali puntano, di giorno in giorno, a nuovi obiettivi di business. Si tratta di un sistema perverso e la messaggistica veloce accelera questo processo e lo rende ancora più difficile da arginare. Basta cliccare sul tasto “inoltra” e il gioco è fatto. Il link, di qualunque natura esso sia, inizia la sua corsa sulle chat di tantissimi utenti.
Imprenditori e profilazione: dati e categorie
Ovviamente, le società che gestiscono i social sono curate da grandi personalità imprenditoriali. Si tratta di imprenditori che hanno fiutato quanto siamo disposti a cedere le nostre emozioni, la nostra privacy, la nostra intimità per farci giudicare e approvare dagli altri. Chi gestisce i social network, o in generale i social di successo, vuole soltanto ottenere il massimo dalla profilazione dei suoi iscritti e guadagnarci un bel po’. Non a caso sono i più ricchi del mondo. Tutti hanno bisogno di loro. Nessuno ormai può fare a meno del suo social del cuore. Una volta i più ricchi del mondo erano quelli che costruivano auto, aerei, navi o i titolari di grandi gruppi tessili. Oggi sono gli imprenditori a capo di Amazon, Google, Microsoft, Tik Tok, Facebook, Instagram, WhatsApp. Un bel colpo quello di Zuckerberg che ha unito Facebook, Instagramm e Whatsapp, dando origine ad una struttura di comunicazione impeccabile.
Manipolazione e sorveglianza
Il sociologo Bauman lo aveva scritto un po’ di tempo fa, anche prima di morire, andiamo incontro alla sorveglianza. In realtà i sociologi della comunicazione, in particolare Evgenij Morozov, fanno partire il sistema della sorveglianza con l’11 settembre e purtroppo poi è continuato ad oltranza. Le gravi accuse, dell’ex collaboratrice di Mark Zuckerberg di questi giorni, alla commissione che si sta occupando di lei. Fanno comprendere che forse quel mondo che ci sembrava perfetto non è poi cosi perfetto.
Non possiamo essere manipolati se culturalmente siamo pronti a comprendere le notizie, le idee o le informazioni che circolano in rete. Non siamo così stupidi, possiamo anche documentarci e capire che quello che ci è stato detto non è assolutamente vero. Questo è successo con i mezzi di comunicazione tradizionali e sta accadendo con i social network e con la rete. È necessario che verifichiamo tutto e certamente la pigrizia che a volte ci assale non gioca a nostro favore. Oltretutto, separarci dalla massa ci isolerebbe e sarebbe un dramma per noi. L’elemento che deve farci riflettere è che, da una parte siamo diffidenti e dall’altra, su certi argomenti ci lasciamo trascinare dalla folla che ci travolge e allo stesso tempo sconvolge. Ancora una volta ci stiamo rendendo conto di essere indipendenti e liberi, ma non troppo…
Francesco Pira
Delegato del Rettore alla Comunicazione all’Università di Messina, dove insegna comunicazione e giornalismo ed è coordinatore didattico del master in social media manager del Dipartimento di Civiltà antiche e moderne.