Noi tutti viviamo in un tempo, ma questo accade già da un po’, in cui le nostre vite si muovono su di un piano di assoluta incertezza. Non siamo più padroni di niente, siamo volubili e smarriti, quasi sempre infelici, come se fossimo stati detronizzati.
Viviamo tutti in villaggi saccheggiati – per usare un’espressione di Alessandro Baricco – ma non abbiamo visto né l’invasione né gli invasori. In queste condizioni l’uomo si lascia andare e sperimenta di essere un naufrago, di vivere in un vasto deserto come un nomade, smarrito, anche se attorniato da tanta gente. Ma nonostante tutto e contrariamente a quanto si vede e si sente in giro, ora qua, ora là, nascono segni nuovi. E questo ci aiuta a vivere continuando a sperare e ad amare.
In un angolo molto curato della città di Linguaglossa, in vico dei Paolotti 10, c’è una piccola chiesa, denominata chiesa di San Damiano, benedetta dal Vescovo Mons. Antonino Raspanti il 12 ottobre 2020. Sta a simboleggiare che il seme del Vangelo deve essere gettato nuovamente dove la gente ha deciso di abitarci.
Portare il Vangelo ai già cristiani? In un certo senso, sì, perché diciamo di esserlo ma, di fatto, non lo siamo più. C’è bisogno urgentissimo di ridiventare cristiani, credenti, credibili, sul serio. Proprio il nostro tempo, infatti, sta invocando un passo di verità, di immediatezza, di profondità nella relazione con Dio.
La chiesetta di San Damiano simbolo di rinascita
La chiesa di San Damiano nella sua nuda essenzialità rappresenta l’impellente esigenza di liberare la nostra vita da ciò che vita non è. In un continuo cammino di spoliazione per rivestirsi di bellezza, di bene, di essere, di Dio che in Gesù si è reso visibile.
Entrandovi si rimane sorpresi per la sua bellezza, per la sua semplicità e per l’atmosfera di mistero che avvolge soavemente il visitatore. E gli chiede solamente di soffermarsi a guardare e, soprattutto, di farsi guardare.
Il Cristo sulla Croce, riproduzione del Cristo di San Damiano in Assisi, vittorioso sulla morte perché risorto, ci attende per una chiamata.
Le parole del Crocifisso rivolte a Francesco d’Assisi sono rivolte anche a noi: “Francesco, non vedi che la mia casa va in rovina? Va, dunque, e riparala per me”. Proprio per questa ragione, sotto la pala dell’altare, c’è un muretto di mattoni siciliani antichi, diroccato, che è un invito a diventare costruttori di un mondo nuovo con l’operosità delle nostre mani. E con l’apertura del cuore, prendendoci cura degli altri e della nostra terra.
Il Cristo è nudo, Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso terrestre sono nudi, Francesco in Piazza dell’Episcopio si denuda e chi entrerà in questa chiesa, alla luce di ciò, deve accettare di denudarsi, di spogliarsi dell’uomo vecchio e di semplificare la sua vita proprio come scriveva Etty Hillesum. “Si deve diventare un’altra volta così semplici e senza parole come il grano che cresce o la pioggia che cade. Si deve semplicemente essere”.
La cisterna nella chiesa di San Damiano metafora della nostra vita
C’è anche un’antica cisterna, dalla quale si attingeva l’acqua dall’interno del fabbricato al riparo delle intemperie esterne. Essa, riscoperta per caso, vuole rappresentare una splendida metafora della vita di ciascuno di noi e della nostra Linguaglossa. Dentro le nostre case, nel nostro paese, ma soprattutto dentro di noi, ci sono bellezze e valori che aspettano solo di essere ritrovati e riemergere agli occhi di tutti con amore tenace e disinteressato.
Ogni cosa parla di noi nella chiesa di San Damiano, perfino i colori del fango, della terra e quelli del cielo illuminato dalle stelle, ci rammentano che noi, viventi su questa terra, ne siamo completamente impastati.
“Nasciamo, per così dire, provvisoriamente, da qualche parte; soltanto a poco a poco andiamo componendo in noi il luogo della nostra origine ogni giorno più definitivamente” (Rainer Maria Rilke). Quel “soltanto a poco a poco” di Rilke è per noi tutti di grande speranza, perché per ricostruire il luogo della nostra origine, ci vuole la pazienza di Giobbe e il coraggio di Gesù e poi lasciarsi andare, partire come i Magi del Vangelo, per incanto – disincanto – super incanto.
Scoprire Dio lasciandosi scoprire da Lui
Perciò esiste un luogo in cui io posso incontrare Dio in un reale e sperimentale contatto con la sua infinita attualità: solo se ci concediamo all’Amore, amore come una fiamma che brucia unicamente di amore di Dio per Dio, possiamo percepirne la sua massima intensità e la sua purezza. Come lo fu per Francesco, Bernardo, Rufino, Silvestro, Chiara…lo può essere anche per noi.
La nostra scoperta di Dio è in un certo senso – direbbe Thomas Merton – la scoperta che Dio fa di noi. Non possiamo salire in cielo per trovarlo, perché non abbiamo modo di sapere dove sia il cielo o che cosa sia. Egli scende dal cielo e ci trova. Egli ci guarda dagli abissi della Sua infinita realtà, che è dovunque. Noi lo conosciamo solo in quanto siamo conosciuti da Lui, e la nostra contemplazione di Lui è una partecipazione alla sua contemplazione di Se stesso.
Rivolgendomi a tutti voi, miei amici, vi esorto ad incontrarci e a metterci in cammino per realizzare e scrivere ognuno, giorno dopo giorno, la propria storia, la nostra storia, che è, dopotutto, quella che Dio ha scritto per noi.
Don Orazio Barbarino
Arciprete di Linguaglossa