Chiesa / Don Tonino Bello, vescovo di tutti, riconosciuto “Venerabile”

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don Tonino bello
Foto Siciliani/Gennari/Agensir

La notizia, pubblicata dalla sala stampa vaticana ieri, 25 novembre, che: “Durante l’Udienza concessa a Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il Sommo Pontefice ha autorizzato la medesima Congregazione a promulgare i Decreti riguardanti:  le virtù eroiche del Servo di Dio Antonio Bello, Vescovo di Molfetta-Ruvo­ Giovinazzo-Terlizzi; nato il 18 marzo 1935 ad Alessano (Italia) e morto il 20 aprile 1993 a Molfetta (Italia)”, ha destato una gioia incontenibile.
In pochi minuti tutte le agenzie di stampa hanno battuto la notizia e sui social è stato un tam tam di post.

“Don” Tonino Bello, così si faceva chiamare il Vescovo di Molfetta-Giovinazzo-Ruvo e Terlizzi, mettendo fine al titolo di “eccellenza” di spagnola memoria, ancora tutt’oggi in uso, è stato icona della Chiesa italiana, negli anni 1980/1993. Come tutti i profeti è stato ampiamente apprezzato e nel contempo disprezzato. Le sue immagini tratte dal vissuto quotidiano, mostravano un vescovo che viveva la sua esperienza di fede e il suo ministero episcopale, tra la gente. E si preoccupava più che del “governo” del “servizio”. Nella sua prima omelia per le messa crismale del giovedi santo 1980, egli invitava a tenere fisso lo sguardo su Gesù, come i presenti nella sinanoga di Nazareth. E non sul vescovo che per la prima volta presiedeva quella celebrazione.

Egli è consapevole che la prima ed insostituibile missione di un vescovo, come di ogni cristiano, è quella di evangelizzare. Per questo motivo scrive a più non posso, predica ovunque, si incontra con tutti, soprattutto con i poveri, con gli esclusi, con i “drop out” come li chiama affettuosamente.
Al suo segretario raccomanda: “Ricchi e poveri, hanno il diritto di incontrare il loro vescovo, per cui la porta dell’episcopio deve essere sempre aperta e tutti devono essere ammessi in udienza dal vescovo”.

don Tonino Bello e papa francesco
Papa Francesco e don Tonino Bello (Foto AFP)

Si interessa personalmente di situazioni di disagio, non esita ad alzare la voce nei momenti più cruciali della storia tormentata di quegli anni. Soprattutto nel momento degli sfratti di alcune famiglie (ne ospiterà qualcuna anche in episcopio), nello sciopero degli operai di Ruvo con cui si fa solidale tanto da dire al Prefetto: “se cita in tribunale loro, voglio essere citato anch’io”. Per giungere, infine, nell’agosto del 1990, al porto di Bari per lo sbarco dei profughi. I poveri non solo li difende, ma sono i suoi più cari amici. A loro dedica lettere, dalle loro esperienze di vita trae elementi per mostrare e vivere la vita cristiana.

Don Tonino è l’uomo veramente innamorato di Gesù, con lui intesse segreti dialoghi. Di lui parla con enfasi e passione e ciò che dice,  si vede chiaramente che non è frutto della sua vasta cultura, ma della sua esperienza. Don Tonino è il figlio innamorato di Maria, la donna dei nostri giorni; a Lei dedica un intero libro, l’ultimo, offrendo trentuno meditazioni per il mese di maggio.
Don Tonino è l’uomo della pace! Pax Christi lo sceglie come suo presiedente ed egli va in giro ovunque per parlare e testimoniare la pace. Lo farà anche da ammalato recandosi a Sarajevo.

Don Tonino è “l’uomo dei dolori che ben conosce il patire”, secondo la felice espressione di Isaia attribuita al Servo di Jawè. Un tumore lo colpisce nell’estate del 1991 e lo condurrà alla morte il 20 aprile del 1993. In questi anni, dolorosi e luminosi, egli continua ad essere maestro “dalla cattedra della sofferenza”. Dal suo letto di dolore invia messaggi di speranza, celebra in episcopio come se fosse la sua cattedrale, si fa forza per poter partecipare alla messa crismale del giovedi santo 1993, poche settimane prima della morte, e lì, sfinito dal male, annuncia il prorompere della speranza.

Il “luminoso tramonto”, come definì la sua morte Mons. Magrassi, vede un apoteosi di gente accorrere sul molo di Molfetta per i funerali. Allora si stimarono circa ventimila persone. In altre epoche, meno cariche di burocrazie anche ecclesiastiche, sarebbe stato dichiarato “Santo subito”.
Oggi accogliamo con gioia il riconoscimento da parte della Chiesa delle sue virtù eroiche, che ci permettono di dare a don Tonino il titolo di “Venerabile”. Attendiamo con gioia un altro giorno, quello della sua beatificazione.

Lunedi 22 novembre, il Papa ha consegnato ai vescovi italiani un cartoncino con una immagine raffigurante Cristo Buon Pastore.  Sul retro erano riportate le beatitudini del vescovo, tratte da una omelia di Don Mimmo Battaglia, Arcivescovo di Napoli.
Nel leggerle ho rivisto in esse l’esperienza di don Tonino. Il suo esempio di Maestro della fede, Profeta dei nostri tempi, Pastore con l’odore delle pecore, l’ho sempre ammirato in questi anni. E ai suoi scritti ho sempre attinto per nutrire la mia vita di semplice prete.

Don Roberto Strano

 

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