A poco più di due mesi dalle elezioni generali del 7 maggio, Westminster si frammenta. Invidiose dei poteri ottenuti dalla Scozia, altre regioni inglesi, a cominciare da Yorkshire e Cornovaglia, chiedono più autonomia. L’alternanza dei due partiti maggiori, conservatori e laburisti, che dura dal dopoguerra, appartiene al passato. Alle urne scozzesi il Labour rischia di essere spazzato via dai nazionalisti, mentre Cameron vuole dare più potere alle regioni inglesi per proteggere i propri voti. Tories e Labour sono, per ora, vicini nei sondaggi, ma avranno bisogno di un partito minore col quale allearsi – si tratti dei Liberaldemocratici, dell’antieuropeo Ukip o dei nazionalisti scozzesi – per governare. Col rischio di un governo debole e la necessità di nuove elezioni. Resta il fatto che il quadro, già complesso, va assumendo l’immagine di un puzzle.
“Yorkshire first”, via da Londra. Sventoleranno la loro bandiera con la rosa bianca in Parliament street, nel centro di York, che sperano
diventerà la sede di un altro parlamento britannico dopo quelli di Westminster, Edimburgo e Cardiff.Richard Carter, fondatore del partito “Yorkshire first”, spiega orgoglioso che la sua città è la vecchia capitale dell’impero romano dove, per ben due volte, è morto l’imperatore. La sua formazione, nata lo scorso aprile, con sole 600 sterline raccolte con i social network, ha preso in questo angolo del Paese 19mila voti alle ultime elezioni europee, più dei nazionalisti scozzesi, degli antieuropeisti e dello Ukip. Per l’appuntamento di maggio i candidati sono 5 ma potrebbero salire a 27 se il partito trovasse i soldi. “Lo Yorkshire”, spiega Carter, “ha la stessa popolazione della Scozia e un’economia doppia del Galles. Eppure il governo investe a Londra dieci volte di più nonostante la capitale sia la zona più ricca d’Europa, mentre da noi ci sono le aree più povere. Londra soffoca le altre regioni inglesi”. Secondo il fondatore dello “Yorkshire first”, “i partiti che hanno sempre governato la Gran Bretagna, laburisti e conservatori, perdono voti perché sono guidati da élite lontane dalla gente comune”. “Noi, invece, li guadagniamo – aggiunge – anche tra i più giovani che, di solito, non s’interessano alla politica. Chiediamo che lo Stato britannico, il più centralizzato d’Europa, venga trasformato in una federazione”.
Cornovaglia indipendente? E lo Yorkshire non è l’unica regione del Regno a non volerne sapere più nulla del Big Ben. Oltre a Galles e Scozia, che continuano a guadagnare autonomia da Westminster, ci sono anche “Mebyon Kernow”, il partito per una Cornovaglia indipendente, e il “North East Party”, che presenterà 12 candidati alle prossime elezioni. Per non parlare dello “Yorkshire Independence Party”, più estremo dello “Yorkshire first”, che vuole completa indipendenza da Londra. Se qualcuno di questi partiti riuscirà ad entrare a Westminster le conseguenze sul sistema politico britannico potrebbero essere sismiche proprio come avvenne, negli anni Settanta, quando il partito nazionale scozzese ottenne il suo primo seggio. Secondo John C. Hulsman, presidente della “John C. Hulsman Enterprises” (www.johnhulsman.com), membro permanente del “Council on Foreign Relations”, “il problema di fondo del Regno Unito, ma anche del resto d’Europa, è che nessuno dei partiti maggiori ha una risposta al problema della globalizzazione”.
“Tories e Labour mentono”. “Né conservatori né laburisti hanno il coraggio di dire alla gente che non esiste più un lavoro sicuro che dura una vita, che non è più possibile andare in pensione, a 55 anni, con una pensione che corrisponde allo stipendio e che vacanze di 6 settimane sono un ricordo del passato”, spiega Hulsman. “Ma possiamo ancora vivere bene se sappiamo lasciarci alle spalle il passato e gestire il futuro”. Alle prossime elezioni, secondo Hulsman, i laburisti rischiano di scomparire in Scozia dove lo Snp, il partito dei nazionalisti, potrebbe fare il pieno di voti rendendosi un alleato indispensabile per Miliband qualora quest’ultimo riuscisse a battere Cameron.
No alla frantumazione. Per Ivor Roberts, presidente del “Trinity college” di Oxford, queste sono le elezioni più incerte della storia del Regno, ma l’ex diplomatico non crede nel regionalismo. “Abbiamo già provato, dieci anni fa, ad avere parlamenti regionali, ma la gente ha rifiutato questa possibilità in un referendum”, spiega Roberts. “Certo la nuova autonomia ottenuta dalla Scozia ha fatto nascere questi partiti locali, ma non li vedo come significativi nel panorama della politica britannica. In fondo lo Yorkshire First ha ottenuto soltanto l’1% alle ultime elezioni europee. Il vecchio modello anglosassone, che vedeva l’Inghilterra divisa in sette parti, non ha nessun sostegno regionale”
Da Londra Silvia Guzzetti