A mezzogiorno / Il tesoro, non sfruttato, di Altamura. Dallo scheletro fossile di un uomo preistorico alla “Cava dei dinosauri”

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Uno studio internazionale durato cinque anni, guidato dall’Università di Firenze e dalla Sapienza di Roma, promosso dalla Soprintendenza Archeologia della Puglia in collaborazione con il Comune di Altamura e pubblicato dal “Journal of Human Evolution”, attraverso porzioni di Dna prelevate dallo scheletro fossile, ha accertato che l’”Uomo di Altamura” – un uomo preistorico precipitato in un pozzo naturale, dove presumibilmente morì di stenti, rinvenuto nel 1993 da un gruppo di speleologi del Cars di quella città, nella grotta carsica di Lamalunga, nei pressi dell’Alta cavadinosauri_altamuraMurgia – rappresenta il più antico dato paleogenetico per i Neanderthal. Il reperto, tuttora imprigionato in formazioni calcitiche,  è collocato  cronologicamente in un intervallo finale del periodo Pleistocene Medio, compreso tra 172 e 130 mila anni.

Il Neanderthal è la specie umana vissuta in Europa tra almeno 200mila e circa 40mila anni fa e per quanto esistano, in Europa e in Oriente, diversi campioni fossili ad essa riferibili, nessuno eguaglia  questo reperto. È una grande scoperta, che contribuisce in modo determinante allo studio dell’evoluzione umana, come ha sottolineato, dopo la notizia della conclusione dello studio, Giorgio Manzi, paleo-antropologo della  Sapienza: “L’uomo di Altamura – ha detto – rappresenta una formidabile ricchezza per il territorio dell’Alta Murgia, già ricco di tesori fossili. C’è molto da conoscere da un simile reperto umano. La speranza per il prossimo futuro è che questo scheletro fossile possa rappresentare il fulcro di una combinazione virtuosa fra ricerca scientifica, tutela del patrimonio e sua piena valorizzazione”.

Nel 1999, sempre ad Altamura, in un’area di circa 12mila mq di una vecchia cava abbandonata a 6 km dal centro abitato, fu scoperto un sito archeologico di straordinaria importanza, risalente a circa 70 milioni di anni fa (periodo del tardo Cretaceo): decine di migliaia di impronte ben conservate di dinosauri – circa 200 esemplari di almeno 5 diverse specie – organizzate in vere e proprie piste. La maggior parte delle impronte appartengono a dinosauri erbivori, ma ve ne sono anche di esemplari carnivori: si sono reperite informazioni sull’apparato motorio scheletrico, la postura, l’andatura, il comportamento, la velocità e le preferenze ambientali degli animali. In base alle impronte – molto evidenti, perché impresse su un terreno fangoso, con tappeti di alghe che ne hanno permesso la cementazione –  i paleontologi hanno anche descritto un nuovo genere di dinosauro che è stato chiamato Apulosauripus federicianus: un erbivoro di circa 5 metri di altezza e 2 tonnellate di peso. Tracce fossili simili sono state rinvenute in altri luoghi del mondo, ma quelle di Altamura sono conservate in maniera eccellente e appartengono ad un numero assai elevato di specie.

Questo sito – denominato “Cava dei Dinosauri” – il primo in Europa per la mole dei  reperti, il secondo al mondo, è ancora proprietà di privati e varie lungaggini burocratiche hanno finora impedito l’esproprio, deliberato solo l’anno scorso dal Comune di Altamura.

Le due scoperte – l’”Uomo di Altamura” e i Dinosauri – che sono tra l’altro fisicamente vicine e contenute in un’area di grande interesse, meriterebbero davvero la definizione immediata di un obiettivo complessivo di valorizzazione e di fruizione. Costituiscono una straordinaria opportunità di attrazione turistica, di dimensioni mondiali ed è proprio attraverso questo tipo di progetti che si può ragionevolmente pensare allo sviluppo – anche economico – del Sud.

Roberto Rea