A sfatare il luogo comune di un Mezzogiorno preda della criminalità, rispetto agli altri territori del Paese, ci pensa il rapporto Bes 2014 sulla Sicurezza che l’Istat ha elaborato su dati del Ministero degli Interni.
Che cosa scopriamo? Per quanto riguarda i reati sulla proprietà, il Nord presenta i tassi di furto in abitazione per 1.000 famiglie più alti rispetto al resto d’Italia, le regioni del Nord-ovest hanno il primato per quanto riguarda i borseggi, mentre il Sud mantiene quello sulle rapine. La graduatoria dei furti in abitazione nel 2012, vede ai primi posti l’Emilia-Romagna con 27,1 episodi criminosi per 1.000 famiglie, seguita da Umbria (21,5) e Lombardia (20,3), ed è chiusa da Basilicata e provincia di Bolzano
(rispettivamente 6,4 e 8,8). La frequenza dei furti in abitazione è aumentata complessivamente del 12,3% e ha caratterizzato tutte le regioni, fatta eccezione per Lazio e Molise, dove si riscontra una diminuzione. La situazione è peggiorata particolarmente nella provincia di Trento, dove il tasso è quasi raddoppiato passando da 7,2 a 12,4 per 1.000 famiglie, ma anche in Sicilia (+30,5%), Valle d’Aosta (+25,1%), Liguria (+23,3%), Calabria (+21,5%), Marche (+20,7%) e Friuli-Venezia Giulia (+20%).
Semplicemente stupefacente, rispetto a quello che viene fatto circolare, è il dato relativo ai borseggi: i tassi più alti si riscontrano nel Lazio (11,8 per 1.000 abitanti) e in Lombardia (10,4 per 1.000 abitanti); i tassi sono sopra la media nazionale anche in Piemonte (9,7), in Veneto (8,3) e in Emilia-Romagna (8,2). Viceversa, le regioni più virtuose sono Basilicata e Calabria, con tassi inferiori all’unità. Molise, Sicilia, Sardegna, Valle D’Aosta, Abruzzo, provincia di Trento e Campania presentano valori decisamente inferiori alla media e non superano il tasso del 3 per 1.000 abitanti.
La Puglia detiene il primato per le rapine (5,1 per 1.000 abitanti). Segue la Campania, che però ha fatto registrare un miglioramento del 39,4% dal 2004 ad oggi. Valori prossimi allo zero si registrano in Basilicata e Molise.
Rispetto agli omicidi – decresciuti complessivamente dal 3,4 ogni 100mila abitanti del 1991 allo 0,9 del 2012 – rimane costante rispetto al 2011 il tasso di omicidi da criminalità organizzata, diminuito da 1,3 per 100.000 abitanti nel 1991 a 0,1 sia nel 2011 sia nel 2012. Campania e Puglia, con 1,5 e 1,4 omicidi per 100.000 abitanti, mantengono nel 2012 valori di poco superiori alla media nazionale (0,9), anche se la Campania ha fatto segnare un netto peggioramento rispetto al 2011, con un aumento del 50% del tasso di omicidi di criminalità organizzata. La Sicilia si avvicina alla media nazionale (1,1), mentre la Calabria ha ancora un valore quasi 3 volte più alto (2,7) sebbene in netta diminuzione dal 2008. In queste regioni si concentra la quasi totalità degli omicidi per mafia, che sono però diminuiti negli ultimi anni. Miglioramenti significativi si registrano in Molise e Basilicata.
Anche se i dati registrano un peggioramento in termini di sicurezza percepita in Italia, tra il 2011 e il 2013, le regioni del Sud si sono distaccate da questo quadro con una inversione di tendenza nell’ultimo anno (+1,4%), più rilevante in Campania e in Calabria, dove la percentuale di quanti si sentono sicuri è aumentata rispettivamente dell’8,3% e del 7,6%. Mentre negli anni precedenti era la Campania a detenere il primato della percezione del rischio di criminalità della zona in cui si vive – aumentato in un anno complessivamente del 14,8% – nel 2013, primo in classifica è il Lazio, seguito dalla Lombardia.
Da questo quadro di sintesi, si registra un netto miglioramento della situazione del Sud, tranne che per quanto riguarda le rapine e gli omicidi, anche se qui gravano soprattutto quelli della criminalità organizzata, peraltro in calo. La situazione è, quindi, meno drammatica rispetto a come viene dipinta e investendo risorse nella cultura della legalità e della prevenzione, di sicuro potrebbe migliorare ancora.
Roberto Rea