A mezzogiorno / Se le mafie parlano emiliano. Si avvera la profezia del 1961 di Leonardo Sciascia

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“Forse tutta l’Italia sta diventando Sicilia… A me è venuta una fantasia, leggendo sui giornali gli scandali di quel governo regionale: gli scienziati dicono che la linea della palma, cioè il clima che è propizio alla vegetazione della palma, viene su, verso il nord, di cinquecento metri, mi pare, ogni anno… La linea della palma… Io invece dico: la linea del caffè ristretto, del caffè concentrato… E sale come l’ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l’Italia, ed è già oltre Roma…”.
Nel lontano 1961, uno dei più grandi scrittori italiani del ‘900, dà alle stampe “Il giorno della civetta”. Il libro, oltre a descrivere in modo impareggiabile la cultura mafiosa, conteneva una profezia. Sciascia “vede” che la “linea della palma”, come egli la chiama, non termina laggiù, in Sicilia. Dall’isola, la forza distruttiva della mafia ha già pervaso il Nord.
Una volta, quando esistevano gli intellettuali – vale per Sciascia, come per Pier Paolo Pasolini, forse gli ultimi uomini di cultura dell’Italia contemporanea – la realtà veniva interpretata e “detta” senza mezze misure, con nettezza e coraggio, anche a costo delle contumelie e dell’ostracismo, per richiamare il “potere” alle sue responsabilità. Spesso, quelle “profezie” cadevano nel vuoto e così si è verificato per la “palma sciasciana”.
Ora, a distanza di oltre mezzo secolo, la situazione viene certificata dalle inchieste giudiziarie che si stanno sviluppando in tutt’Italia, a Roma come in Lombardia, in Veneto come in Emilia Romagna, dove, nei giorni scorsi, la procura distrettuale antimafia di Bologna ha ottenuto dal gip un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 117 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, porto e detenzione illegali di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di capitali di illecita provenienza, emissione di fatture per operazioni inesistenti ed altro. “Non ricordo a memoria – ha dichiarato il procuratore Franco Roberti – un intervento di questo tipo per il contrasto a un’organizzazione criminale forte e monolitica e profondamente infiltrata”.
Il “metodo” mafioso, camorristico e ‘ndranghetistico e la sua sofisticata capacità d’insinuarsi nelle maglie della pubblica amministrazione, si è insinuato in territori impensabili. In un articolo apparso sull’”Espresso” del 2008, Giampaolo Pansa riportò un passo dell’intervista che egli fece nel 1970 a Sciascia per “La Stampa”. Lo scrittore diceva: “Anche la linea della mafia sale ogni anno. E si dirige verso l’Italia del nord. Tra un po’ di anni la vedremo trionfare in posti che oggi sembrano al riparo da qualsiasi rischio. E anche al nord la mafia avrà gli stessi connotati che oggi ha in Sicilia. Qui da noi il mafioso si è mimetizzato dentro i gangli del potere. Una volta in Sicilia c’erano due Stati, adesso non ci sono più. Quello della mafia è entrato dentro l’altro. Un sistema dentro il sistema. Ha vinto il sistema di Cosa Nostra: più rozzo, più spregiudicato, più violento. E vincerà anche al nord”.
“La presenza mafiosa in Lombardia – ha dichiarato il 24 gennaio scorso il presidente della Corte d’appello di Milano, Giovanni Canzio – deve essere ormai letta in termini non già di infiltrazione, quanto piuttosto di interazione-occupazione”. Canzio ha parlato di “imprese mafiose”. La mafia ha vinto e si è radicata al Nord e lo sconcertante paradosso è costituito dal fatto che ampi strati della cosiddetta società civile del Nord fanno ancora finta di non accorgersene. Perché ne traggono profitto, evidentemente. Per questo motivo, siamo d’accordo con la “provocazione” – ma sarà una provocazione? – che di recente ha lanciato Attilio Bolzoni: “State (stiamo) tutti attenti, perché se continua così tra qualche anno ci ritroveremo boss e capi mandamento o ‘santisti’ e Cupole di varie dimensioni e forme anche in Sicilia, Calabria e Campania. C’è questo rischio: c’è il pericolo che le mafie prima o poi invadano tutto il Sud per continuare l’opera: depredare quel poco che hanno lasciato prima di spolpare definitivamente il ‘loro’ Nord”.

Roberto Rea

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