Il servizio pubblico ci ha offerto una certezza e un’omissione. Comunque vadano le prossime elezioni e di qualunque colore sarà il prossimo governo, una cosa pare assodata: il riconoscimento dei diritti per le coppie di fatto, comprese quelle omosessuali, si farà. Almeno a sentire le precise dichiarazioni d’intenti formulate a “Radio Anch’io”. Peccato che in studio non ci fosse nessun esponente di quel partito trasversale che si batte per difendere la vita e la famiglia. E’ mancato, così un riferimento puntuale e doveroso a quella antropologia cristiana che costituisce, invece, il dna del popolo italiano.
Il servizio pubblico oggi ci ha offerto una certezza e un’omissione. Comunque vadano le prossime elezioni e di qualunque colore sarà il prossimo governo, una cosa pare assodata: il riconoscimento dei diritti per le coppie di fatto, comprese quelle omosessuali, si farà. Almeno a sentire le precise dichiarazioni d’intenti formulate stamane a “Radio Anch’io” da Barbara Pollastrini (Pd), Emma Bonino (Amnistia Giustizia e Libertà), Beatrice Lorenzin (Pdl), Ilaria Cucchi (Rivoluzione Civile), Lelio Alfonso (Scelta Civica), Roberto Natale (Sel) e Simone Di Stefano (Casa Pound). State cercando nell’elenco un cattolico? Un esponente di quel partito trasversale che si è battuto per difendere vita e famiglia? Cercate pure, non lo troverete. Nella trasmissione odierna, che aveva a tema “Diritti civili e temi etici”, cenerentole di una campagna elettorale tutta giocata sui temi dell’economia, e che, in un certo modo, dava anche risposta a quella lamentata mancanza di temi etici in campagna elettorale, gli interlocutori spiccavano per assenza. Per non fare nomi, per esempio, non vi era traccia di esponenti dell’Udc, o della componente cattolica del Pd, del Pdl e della Lista Monti. Paradossalmente, è come fare una puntata sull’immigrazione e non far intervenire rappresentanti della Lega.
La conduzione di Ruggero Po, come sempre attenta e incalzante, si è giocata sul filo degli spunti offerti dagli eventi d’Oltralpe, sull’importanza di non nascondersi dietro l’alibi delle “libertà individuali” e sulla presunta incompiutezza legislativa dei temi etici perché basati su divisioni “orizzontali” non colmabili. Ci permettiamo sommessamente di far notare che la Legge 40 nel 2004 beneficiò del voto di un’ampia maggioranza “orizzontale” – o come usava dire allora “trasversale” – e che la stessa legge, questa sì non compiuta, sulle Dat, contava su un utile margine di appoggio fornito da parlamentari di diversi schieramenti.
Ma tant’è, la puntata di oggi, presentata sul sito con una sinossi affascinante (“La politica ha un’anima? La domanda, che formulata così può apparire una provocazione che sottende a una risposta più che scontata, nasce dalla triste constatazione che i temi etici sono stati totalmente ignorati nella campagna elettorale”), si è svolta all’insegna del dibattito – a dire il vero angusto – relativo al riconoscimento dei diritti civili per le coppie di fatto, comprese quelle omosessuali e alla necessità di una modifica della Legge 40. In entrambi i casi la convergenza positiva ha toccato punte altissime, riuscendo a far collimare estremi non solo politici. In sintesi, e al di là di alcuni ininfluenti distinguo personali, tutti gli interlocutori hanno dichiarato di rappresentare l’opinione del proprio partito (o coalizione) e, una volta al governo, di voler procedere all’attuazione di un sistema di identificazione di diritti e doveri per ogni tipo di coppia. Non sarà un matrimonio e non si parli di adozioni, ma per il resto l’opinione comune è che, stante “l’avanzamento della società e dei modelli culturali”, sicuramente si troverà una sintesi grazie ad “alleanze più larghe in Parlamento”. Grande assente, dunque, un riferimento puntuale e doveroso a quella antropologia cristiana che costituisce, invece, il dna del popolo italiano. Quella antropologia che, sposando il principio di precauzione, ha una parola importante da dire sulla scena pubblica. E che, stando alle parole impegnative del cardinale Angelo Bagnasco, ha diritto di cittadinanza nel dibattito pubblico italiano. Sia esso culturale, sociale e politico.
E la legge 40? Da buttare, da rivedere, da riscrivere, da cambiare, da adattare alle sentenze europee, insomma, in italiano moderno, da rottamare, con un unico rilievo positivo per voce della Lorenzin che ne ha riconosciuto l’innegabile funzione di “stop al far west procreatico”. Ma i cinque minuti a testa sono pochi per dare il dovuto spazio a tutti i temi in ballo e quindi l’emergenza delle carceri e le disumane condizioni dei detenuti sono state rappresentate con forza da Ilaria Cucchi, che ha sostenuto il diritto a una vita dignitosa in carcere e la necessità di una legge contro la tortura.
Da ultimo una notazione sugli interventi degli ascoltatori. La partecipazione del pubblico non è stata ornamentale, ma ha offerto la conclusione, per voce di un signore di Trieste: non è che va a finire che ci sono tanti diritti e pochi soldi per usufruirne? Sempre all’economia torniamo…
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