Accade nei Balcani / Dopo il conflitto: donne con coraggio (e in cooperativa) lavorano nel luogo dell’odio

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Serbo-bosniache e bosniaco-musulmane lavorano all’interno della Cooperativa Insieme. “L’obiettivo – spiega la presidentessa Rada Zarkovic – era creare le condizioni per il ritorno dei profughi, in particolare di donne sole che nel corso del conflitto erano scappate o avevano perso figli e mariti”. Ora i soci sono 500. L’8 marzo un gruppo sarà a Roma, per la Festa della donna alla Camera dei Deputati

Piccoli frutti di speranza, “frutti di pace” coltivati laddove il processo di donne balcaniriconciliazione tra vittime e carnefici è tutt’altro che risolto. La pace, qui, moriva esattamente venti anni fa con il più feroce genocidio che l’Europa abbia mai conosciuto dalla fine della seconda guerra mondiale. Siamo nella Bosnia orientale, a Bratunac precisamente. Il Comune sorge sulla riva occidentale del fiume Drina, al confine con la Serbia e a cinque chilometri da Srebrenica. Bratunac è ancora oggi un luogo difficile, ripulito e “serbizzato”, covo del più becero nazionalismo serbo bosniaco, un luogo dell’odio dove è difficile pure parlarsi. È in questo contesto doloroso che sono germogliati i semi della speranza: hanno il volto delle tante donne serbo-bosniache e bosniaco-musulmane che lavorano all’interno della Cooperativa Insieme, tutte impegnate nella produzione di more, lamponi, mirtilli e piccoli frutti della terra.

Insieme. Si chiama così la Cooperativa che unisce oggi più di 500 soci (nel 2001, quando è nata, erano una decina). Nel cuore dei Balcani, dunque, questa nuova struttura ha scelto di darsi un nome italiano, non “zajedno” (il corrispettivo in serbo croato) ma proprio “insieme”. “Abbiamo deciso di chiamarla così – spiega Rada Zarkovic, presidentessa della Cooperativa – per evitare che coloro che erano al potere, appartenenti ai partiti nazionalisti che hanno fatto la guerra, riluttanti a un dialogo tra le diverse etnie che compongono la Bosnia, ci ostacolassero. Abbiamo cercato una specie di compromesso, per mettere d’accordo tutti. Adesso tutti sanno che cosa significa la parola ‘insieme’ ma non possono più fermare quello che abbiamo creato”. “L’obiettivo era creare le condizioni per il ritorno dei profughi, in particolare di donne sole che nel corso del conflitto erano scappate o avevano perso figli e mariti”. Un processo tutt’altro che semplice, a Bratunac e dintorni si possono ancora incontrare per strada, impuniti, gli stessi criminali che si erano resi protagonisti dei delitti più efferati. “Abbiamo pensato a un’attività che potesse aiutarle a vivere attraverso un lavoro in grado di creare nuovi rapporti tra le persone e, soprattutto, favorendo anche un dialogo vero e sincero”. E così è successo che lavorando l’una accanto all’altra, serbe e musulmane insieme, queste donne hanno incominciato a parlarsi prima sul luogo di lavoro e poi a costruire un terreno comune di relazioni anche fuori. “Sono le donne – afferma Rada – che hanno deciso di risollevare questa terra riallacciando i fili del dialogo”.

Radicati nel territorio. “Volevamo fare qualcosa che durasse nel tempo e fosse profondamente radicato nel territorio. Qualcosa che andasse oltre i grandi progetti delle agenzie umanitarie internazionali che duravano quanto durava il piano”. Rada e compagnia hanno riportato alla ribalta la coltivazione dei piccoli frutti che era anche un portare avanti una tradizione più che trentennale. Inoltre, questo tipo di produzione era alla portata di tutti, “un’attività che non richiedeva grande forza fisica e che si prestava perfettamente ad essere ricoperta da donne”. “I primi anni abbiamo venduto frutta congelata e selezionata in diversi Paesi dell’Unione europea ma fin dall’inizio abbiamo voluto offrire un nostro prodotto finale, con le nostre ricette riprese dalla tradizione. Abbiamo iniziato a produrre marmellate e succhi con il nostro marchio ‘frutti di pace’. Ne vendiamo soprattutto in Italia perché lì abbiamo trovato partner interessati al nostro prodotto perché ritenuto di qualità”.

Dialogo.
La cooperativa Insieme ha unito donne che altrimenti difficilmente si sarebbero interessate le une alle altre. “All’inizio non è stato facile rompere il muro di silenzio. Non si parlavano, al massimo si salutavano ma non c’era un dialogo vero e proprio. Abbiamo offerto a queste donne un lavoro e attraverso questo abbiamo creato uno spazio dove loro si sono inserite e hanno mostrato volontà di andare avanti in un cammino di dialogo e reciprocità. È un processo meraviglioso perché rinnovando il tessuto economico si è rinnovato anche quello sociale e politico”.

La visita del Papa. Rada Zarkovic, Skender Hot, il direttore, e alcune donne lavoratrici saranno ricevuti domenica prossima, 8 marzo, a Roma in occasione della Festa della donna presso la Camera dei Deputati, invitati dal gruppo “Parlamentari per la pace” e dalla presidente Laura Boldrini. La Cooperativa Insieme incarna anche lo spirito di chi opera a favore della pace. “Il dialogo è la strada da perseguire per il futuro – ha detto Rada commentando la prossima visita di Papa Francesco a Sarajevo (6 giugno) -. Per questo sono molto contenta della visita di Bergoglio in Bosnia. Credo rappresenterà un forte impulso per ricreare un dialogo e un confronto non solo nel mio Paese ma in tutta la regione. Dialogo interreligioso e interculturale di cui i nostri politici bosniaci fanno un gran parlare ma che raramente riescono ad applicare nella vita reale”.

Michela Mosconi

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