Accademia Zelantea / Un corso di lingua siciliana per conservarne la memoria storico-linguistica

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Accademia Zelantea

Nei locali dell “Accademia Zelantea” di Acireale si è svolta la conferenza sul corso di “Lingua e Cultura Siciliana”, intitolato “ Aci e Galatea”. L’iniziativa, sulla scorta della “Legge regionale” n.9  del 31/05 maggio 2011, mira a valorizzare il patrimonio linguistico che caratterizza la storia della Sicilia. Oggetto principale d’argomento è stato il ruolo sostanziale che, nel corso dei secoli, il dialetto siciliano ha ricoperto all’interno dell’isola.

A tal riguardo, l’avvocato Carmelo Sardella ha sottolineato che “ le prime testimonianze della sua esistenza risalgono al XIII secolo”. “ Tuttavia  – ha puntualizzato – al giorno d’oggi il grandissimo valore del nostro repertorio dialettale non è adeguatamente compreso. Pertanto, sarebbe auspicabile che ne venisse salvaguardata la memoria affinché nessun siciliano smarrisse la propria identità originaria”.

Inoltre, già da diverso tempo, la preservazione delle cosiddette lingue minoritarie costituisce uno degli obiettivi preponderanti perseguiti dall’Unesco e dal Consiglio d’Europa. Esiste pure un trattato europeo che propende per la salvaguardia e tutela delle stesse.
Su questo tema è stato alquanto esaustivo l’intervento del professore Fonso Genchi, esperto e brillante linguista.  “ Secondo le statistiche – ha esordito lo studioso – nel mondo sono presenti circa ottomila lingue, molte delle quali stanno inesorabilmente perdendosi. La funzione del “Trattato”, dunque, consiste nell’applicazione di apposite strategie che ne impediscano la totale estinzione”.

conferenza su corso di lingua siciliana
Un momento della conferenza

La lingua siciliana fatta di diverse parlate locali

“ Ciò malgrado – ha continuato a spiegare il docente – l’Italiapur avendo firmato la Carta, non ha aderito concretamente al piano ”. In aggiunta, il prof Genchi si è pure espresso su un ricorrente pregiudizio che riguarda il nostro idioma. “Spesso – ha iniziato a raccontare il linguista  –  ho sentito dire che non esiste una lingua siciliana. I più, infatti, la pensano così poiché riscontrano numerose varianti espressive tra le diverse parlate locali.
“In realtà – ha precisato il dott. Genchi – una simile varietà terminologica è una componente che racchiude tutti i repertori linguistici esistenti. Sulla base di ciò, dunque, la molteplicità del nostro dialetto non deve affatto destare dubbi o particolari perplessità”.

Quest’ultima osservazione può, altresì, essere spiegata mediante una riflessione che riguarda il trascorso storico dell’intera Regione. Come sarà noto, la Sicilia è stata colonizzata da una moltitudine di popolazioni che si sono susseguite nel tempo. Non a caso, le etimologie di molti vocaboli affondano le proprie radici in epoche molto lontane.

Nella lingua siciliana tanti termini derivanti dal latino

In riferimento a tale aspetto, il professore Salvatore Musumeci, autore di molteplici libri a sfondo storico-territoriale, ha affermato che “il bagaglio terminologico della nostra terra consta di innumerevoli  “voci” in gran parte imparentate  con  il latino. Quasi sempre  adoperiamo dei termini di cui sconosciamo le vere origini. Anche alcune frasi idiomatiche, molto adoperate nel parlato, recano l’impronta di questo antico retaggio. Una tradizione – ha specificato – che gode di innumerevoli rimandi letterari. Prova ne sia, a titolo esemplificativo, la “Scuola poetica siciliana” che fiorì ai tempi della corte di Federico II di Svevia”.

Sulla stessa linea di pensiero pure l’onorevole D’Agostino, il quale ha ampiamente evidenziato l’importanza e la necessità di custodire la cultura dialettale per garantire la sopravvivenza del nostro passato plurisecolare.
Degno di nota anche l’augurio dell’assessore Fabio Manciagli. “Spero che questo progetto – ha detto – possa contribuire a riportare alla memoria una realtà storico-linguistica di cui è assolutamente doveroso mantenere vivo l’interesse e lo studio”.

 Livio Grasso

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