Dalla Francia all’Inghilterra, dalla Svizzera al Belgio e all’Ungheria, gli episcopati rispondono con generosità all’appello di Francesco. Avviate anche trattative con i governi e operazioni di “moral suasion”. Si teme, infatti, che la sola iniziativa privata possa rivelarsi insufficiente a fronteggiare il fenomeno delle migrazioni che si prospetta di lungo periodo
L’appello del Papa ad aprire le porte delle parrocchie per accogliere i profughi che arrivano in Europa alla ricerca di un rifugio di pace, ha toccato i cuori delle Chiese europee. Ovunque, dal nord al sud del continente, i vescovi hanno risposto a Papa Francesco garantendo piena adesione al suo appello. Sono Chiese già fortemente impegnate e da molto tempo sui fronti caldi dell’accoglienza. L’appello scuote dunque corde già sensibili. Ovunque si evidenzia come la crisi si prospetta lunga e complessa e la sola iniziativa privata, anche da parte delle Chiese, non basta. Occorre un impegno serio da parte dei governi e dell’Unione europea.
La sola iniziativa priva non basta. Le immagini dei migranti a Ventimiglia in attesa di oltrepassare il confine franco-italiano, gli incidenti e le morti a Calais nell’impossibile passaggio sulla Manica, le evacuazioni degli immigrati a Parigi. In Franca da molti anni le diocesi come le parrocchie, le comunità religiose, monasteri e santuari hanno aperto le loro porte. È proprio questa esperienza maturata sul campo a spingere oggi i vescovi francesi a sottolineare l’importanza di affrontare la questione migratoria con “competenze specifiche” e con “risorse” e “tempi” appropriati. In un lungo comunicato del Consiglio permanente firmato in testa dal presidente mons. Georges Pontier, i vescovi dicono di accogliere “con gioia” l’appello di Papa Francesco ma rilevano anche come “l’accoglienza dei migranti è resa spesso difficile dalla mancanza di risorse”. “Gli ostacoli e le lentezze di ordine amministrativo sono numerose” e il processo di integrazione “è molto difficile”. Insomma, le migrazioni aprono ad una “dinamica nuova” e “gli schemi attuali, inadeguati, devono essere rivisti”. Per questo, “il solo appello alla iniziativa privata non sarà sufficiente per risolvere la questione dei migranti”. È necessario impegnarsi in azioni che coinvolgano tutte “le forze vive della nostra comunità nazionale” e in un impegno sostenuto a livello internazionale per rimuovere le cause dei conflitti in atto nei Paesi di provenienza.
A Londra fuori della cattedrale di Westminster si è tenuta subito dopo l’appello del Papa una veglia di preghiera per i rifugiati che bussano alle porte dell’Europa. Anche qui la Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles assicura a Papa Francesco la sua disponibilità a “essere generosi nell’aiutare le persone che sono state costrette a fuggire dalle loro case”. È il cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, a rispondere all’appello lanciato all’Angelus. Ma aggiunge anche un richiamo a Cameron perché metta in atto iniziative che possano consentire un reale processo di integrazione: “Esortiamo il governo a rispondere positivamente a questa crisi e fornire le risorse e i finanziamenti necessari per garantire una efficace ricezione e un reinserimento a lungo termine di questa gente disperata. Lavoreremo sia con il governo che con le altre autorità competenti per rispondere a questa grave sfida”. A breve, la Conferenza episcopale inglese indicherà con una guida come concretamente la comunità cattolica in Inghilterra potrà rispondere a questa crisi.
Si lavora anche in Svizzera alla ricerca dei modi con cui rispondere concretamente all’appello del Santo Padre. Mons. Charles Morerod, vescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo ha deciso di dedicare il prossimo Consiglio episcopale proprio alla proposta di Francesco. A Friburgo è già in atto un progetto-pilota “Osons l’accueil”: realizzato in collaborazione ecumenica e in fase ancora embrionale, mira a mettere concretamente a disposizione le Chiese per aiutare lo Stato nella sua missione di accoglienza. Nei giorni scorsi i vescovi riuniti in assemblea avevano affrontato la questione migratoria. “Ogni dono, ogni forma di sostegno sono i benvenuti” ma “le azioni di solidarietà devono superare le frontiere nazionali ed europee” perché “l’Europa non può sopportare da sola il peso della tragedia”.
Il Belgio si posiziona in pool position sul fronte della solidarietà e delle “porte aperte”. Nei mesi estivi la Conferenza episcopale belga aveva rilanciato un appello della Caritas Internationalis ai proprietari di alloggi inutilizzati perché li mettessero a disposizione per l’accoglienza: l’appello – hanno fatto sapere solo alcuni giorni fa – ha raccolto ben 250 offerte. E all’indomani dell’appello del Papa monsignor Guy Harpigny, vescovo di Tournai, usa parole forti per spegnere le polemiche attorno ai migranti. “Si tratta – dice – nella maggioranza dei casi di famiglie che cercano un rifugio per sopravvivere”. Scappano da guerre e situazioni di pericolo per cui la scelta è “tra la morte e la possibilità di vivere altrove”.
Dall’Ungheria, Paese di transito dei migranti verso l’Europa occidentale, i vescovi rispondono invece con una lettera inviata direttamente a Papa Francesco: “La ringraziamo di cuore per le parole che ha detto prima della recita dell’Angelus della domenica scorsa! – scrivono a nome di tutti il cardinale Péter Erdõ e il vescovo András Veres neo eletto presidente -. Seguiremo con gioia e disponibilità il suo invito ad accogliere e soccorrere i profughi. Le sue parole ci forniscono forza e incoraggiamento a continuare il lavoro iniziato. La ringraziamo di precederci sul cammino del Vangelo e di indicarci la direzione giusta! Le chiediamo di pregare per la giustizia, la pace, per i bisognosi e per tutti coloro che li aiutano!”.