Padre Bruno Silvestrini, il parroco, non si è perso d’animo: “Papa Francesco ci tiene desti e ci risveglia dal torpore. Ci invita a stare in trincea nella battaglia della carità e dell’amore”. Subito in moto la macchina organizzativa, guidata dall’elemosiniere pontificio e dal cardinale Comastri. Si stanno individuando gli appartamenti, precisando gli aspetti tecnici e giuridici, le modalità dell’accoglienza
Mentre dalla finestra dell’appartamento apostolico Papa Francesco lanciava l’appello a tutte le parrocchie europee ad accogliere almeno una famiglia di profughi – annunciando che le prime due parrocchie sarebbero state quelle del Vaticano, San Pietro e Sant’Anna -, padre Bruno Silvestrini stava confessando. Non ne sapeva nulla: la notizia è arrivata con un messaggio via whatsapp. Padre Bruno è il parroco di Sant’Anna in Vaticano, la parrocchia del Papa, la chiesa adiacente all’omonimo ingresso in via di Porta Angelica, davanti alle guardie svizzere che controllano attentamente se le donne hanno le spalle coperte e i vari tesserini o permessi per entrare nella Città del Vaticano. L’ingresso della chiesa è quotidianamente un porto di mare. Vi entrano pellegrini, turisti curiosi, persone sole, con problemi psichici, anziani, poveri, migranti, oltre ai cittadini e dipendenti vaticani che solitamente la frequentano, insieme a parecchi abitanti del quartiere Prati. La chiesa di Sant’Anna, detta anche “dei palafrenieri” perché legata a gentiluomini di corte con mansioni di fiducia in compiti di minore importanza, è stata ultimata verso la fine del 1500. Il progetto è dell’architetto Giacomo Barozzi, detto il Vignola. È stata dedicata a Sant’Anna, la madre di Maria. Una bellissima e dolce immagine di madre e figlia bambina spicca infatti sull’altare. Considerata la protettrice dei palafrenieri, Sant’Anna è diventata parrocchia nel 1929 con Pio XI, che ne ha affidato la cura agli agostiniani. Tutti i pontefici vi sono andati in visita, anche più volte. Papa Francesco, che a Sant’Anna è stato il 17 marzo 2013, quattro giorni dopo la sua elezione (la sua prima uscita pubblica), è riuscito a sorprendere anche la placida vita della piccola e silenziosa parrocchia pontificia.
Una grande sorpresa. “È stata una grande sorpresa!”, racconta padre Bruno, indaffaratissimo tra le persone da ricevere nel suo ufficio e la celebrazione di un matrimonio di una coppia polacca: “Papa Francesco ci tiene desti e ci risveglia dal torpore. Ci invita a stare in trincea nella battaglia della carità e dell’amore”. Con l’appello di domenica 6 settembre si è subita messa in moto la macchina organizzativa, guidata dall’elemosiniere pontificio e dal vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, il cardinale Angelo Comastri. Si stanno individuando gli appartamenti, precisando gli aspetti tecnici e giuridici, le modalità dell’accoglienza. A giorni arriveranno gli ospiti, che all’inizio riceveranno anche i pasti. “Abbiamo deciso di mettere a disposizione due appartamenti e cercare di dare anche il lavoro al capofamiglia perché bisogna anche far mangiare la gente – spiega -. Ma non so ancora chi saranno né dove alloggeranno. C’è chi sta lavorando a livello giuridico, io sto lavorando a livello di carità. Per l’immediato offriremo cibo poi ci daremo da fare per una accoglienza di qualità. Noi ci mettiamo il cuore, con il sorriso sulle labbra e l’entusiasmo cristiano di chi accoglie, amando le persone che sono di fronte a noi”.
Una parrocchia di confine senza confini. Alcuni volontari della parrocchia, dipendenti vaticani o in pensione e abitanti delle zone limitrofe, si occuperanno dell’accoglienza. A Sant’Anna, oltre ai consueti gruppi parrocchiali e alla catechesi, c’è anche un centro d’ascolto Caritas. “Questa parrocchia ha sempre le porte aperte – sottolinea padre Bruno -, non c’è confine, razza, religione, cultura. Dal mattino alla sera viene gente a chiedere denaro, ascolto, cibo, persone con problemi psicologici o situazioni di solitudine… Noi non abbiamo nemmeno l’otto per mille ma ci impegniamo a trovare un po’ di fondi e a distribuire un po’ di cibo alle persone in difficoltà ogni venerdì, dalle 7 della mattina”. Si rende conto, padre Bruno, che la sua piccola parrocchia sarà di esempio a tantissime altre in tutta Europa? “Sì, lo sappiamo – ammette timidamente -. Non siamo mai al centro dell’attenzione, se non quando il Papa ne parla dalla sua finestra. Ma lavoriamo in silenzio tutti i giorni, perché l’amore e la carità agiscono nel silenzio e nell’amore concreto”.
Patrizia Caiffa