Immediate proteste da parte di cittadini e credenti all’appello lanciato dal presule attraverso il settimanale diocesano “L’Unione Monregalese”. In arrivo 300 nuovi rifugiati. Una decina di famiglie hanno già manifestato la disponibilità ad accogliere. Il direttore del settimanale, Corrado Avagnina, ha spiegato la scelta della diocesi, fatta sull’onda di Papa Francesco.
“Chi può ospitare un profugo, si faccia avanti”. L’appello rivolto dal vescovo di Mondovì, monsignor Luciano Pacomio, attraverso le pagine del settimanale diocesano, “L’Unione Monregalese”, ha suscitato un clamore enorme. Una richiesta fatta dopo un contatto con la prefettura, che prevede l’arrivo in Granda di 300 nuovi rifugiati richiedenti asilo e che, per questo, ha contattato la diocesi, che a sua volta ha rivolto la domanda ai monregalesi. Un’ospitalità che non sarebbe solo un gesto di solidarietà verso chi è meno fortunato di noi. Infatti, chi li ospita, albergo o privato, verrebbe pagato 30 euro al giorno, 900 euro al mese. Già una decina di famiglie hanno dimostrato interesse e contattato la Caritas. Ma non tutti hanno apprezzato l’appello del vescovo, anzi… Nel giro di poche ore, l’appello di monsignor Pacomio ha fatto il giro del Monregalese e non solo. È stato ripreso da altri giornali e siti internet. Immediate anche le reazioni sulla pagina Facebook del giornale diocesano, dove sono piovuti commenti, spesso con toni di forte dissenso. Alcuni hanno travisato i fatti, credendo erroneamente che fosse stata la diocesi a chiedere l’arrivo dei profughi o, in senso opposto, che sia il vescovo a destinare i soldi a chi li ospita. Così sono stati espressi i commenti più disparati, ma tutti contrari, del tipo “se li tenga la diocesi” o “quei soldi destinateli agli italiani bisognosi”. Il giornale ha anche lanciato un sondaggio sulla sua pagina Facebook sull’ospitalità dei profughi. Finora (aggiornato alle ore 9.34 del 27 febbraio) su 100 voti espressi il 66% si dice “assolutamente contrario”.
Forte dissenso. Il settimanale pubblica anche una lettera che esprime bene il dissenso: “Leggendo l’ultimo numero de ‘L’Unione’ mi salta agli occhi l’appello del vescovo che invita, chi ne avesse la possibilità, a dare alloggio a qualche migrante ospite della nostra città. Potrebbe sembrare una buona iniziativa e sarebbe senz’altro migliore se la diocesi cominciasse a dare un buon esempio. Tra Mondovì, Santuario di Vico e dintorni, quanti immobili sono di proprietà della nostra Chiesa e sono mantenuti vuoti?”. E giù con gli esempi, da parte di chi ha inviato la lettera, il quale ci tiene a precisare di essere “credente” e di non avere “alcun pregiudizio nei confronti della Chiesa”. Alla lettera risponde il direttore de “L’Unione Monregalese”, don Corrado Avagnina, il quale chiarisce che, di fronte a un “preventivabile arrivo di profughi”, in un incontro con il vescovo il prefetto ha vagliato la disponibilità di case di riposo parrocchiali per ospitare alcuni rifugiati, seguendo l’esempio della casa di riposo di Niella Tanaro: però, su questo fronte, spiega il direttore, ci sono poche possibilità dato che non ci sono posti liberi nelle strutture presenti sul territorio diocesano. Inoltre, “serve un’ospitalità strutturata, usufruibile subito all’occorrenza”. Pertanto, anche se ci sono immobili vuoti o dismessi riconducibili alla diocesi, non sono immediatamente agibili, non ci sono le risorse per attrezzarli e non c’è il personale per questa funzione recettiva di emergenza.
No all’indifferenza. In ogni caso, ricorda don Avagnina, “resta assodato che l’appello all’ospitalità è indirizzato a tutto campo, perché ci s’interroghi in merito”. Il direttore ricorda anche “il gran lavoro della Caritas diocesana, con i suoi volontari e con la ‘Cittadella della carità’ a Breo, ove ci si mette in quattro per assicurare un pasto a chi ha bisogno e l’ospitalità notturna maschile frequentatissima in questi mesi invernali, fino al tutto esaurito”. Perciò, “se nel fronteggiare l’emergenza profughi, la Caritas con il vescovo si rivolge a tutti per soluzioni condivise… ci pare un bel gesto, pensato con i piedi per terra. Poi tutto, in questa materia, si può discutere… con senso di responsabilità e senza pregiudizi”. Questa storia, di certo, fa riflettere. Non si può non pensare a Papa Francesco, che per la sua prima visita ufficiale dopo l’elezione al soglio pontificio ha scelto come meta Lampedusa, che è il simbolo dell’accoglienza dei migranti, così come ai suoi continui appelli contro la “globalizzazione dell’indifferenza” e la “cultura dello scarto” e a una coerenza tra fede proclamata e vita concreta. Eppure, come sottolinea nell’ultimo editoriale don Avagnina, chi arriva ha “vite disperate alla ricerca di un appiglio, dopo drammi devastanti nei loro Paesi d’origine e poi nel percorso di avvicinamento a sponde di libertà e di dignità”. In Italia, fa notare il direttore, “questa presenza di rifugiati viene affrontata con una certa fatica, dovendo purtroppo fare i conti con ‘resistenze’ e ‘diffidenze’ marcate, che si esprimono in reazioni di pancia da parte di un’opinione pubblica che sembra bypassare la posta in gioco umanitaria con spunti ideologici o egoistici in grado di squalificare, in modo deludente, un popolo, il nostro, tentato dall’indifferenza. Invece di pensare a come dare una possibile mano nell’accoglienza, ci si schiera subito pregiudizialmente contro, e basta”.
Gigliola Alfaro