La Comunità di Aci Platani si appresta a vivere la festa della Madonna del Monte Carmelo che, per antica e consolidata tradizione, si celebra l’ottava di Pasqua. Un evento storico e religioso che affonda le sue radici nel XVII secolo. Anche se quest’anno, in seguito alla scomparsa del Santo Padre, le manifestazioni esterne dei festeggiamenti sono state ridotte e in parte spostate a domenica 4 maggio.
La sua storia inizia nel lontano 1632, quando, su richiesta dei cappellani e dei mastri d’opera della chiesa delli Patanej, il vicario generale della diocesi di Catania, don Francesco Amico, concesse la prima autorizzazione a celebrare la festa.
Il definitivo privilegio di poter svolgere i solenni festeggiamenti, in onore della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo l’ottava di Pasqua, si ebbe solo due anni dopo, nel 1634. La concessione prevedeva di portare processionalmente per le strade di Aci Platani la sacra immagine della Signora del Carmine. E anche quella di far correre il Palio, la tradizionale corsa dei cavalli, che doveva essere una delle principali attrattive dei festeggiamenti.
L’antica festa della domenica in Albis ha sempre avuto un profondo significato per le comunità agricole che vivono nel nostro territorio. Si tratta di una celebrazione che ha le sue origini nell’antico mondo rurale ed in particolare nella civiltà contadina.
Fino a qualche secolo fa, l’intimo legame tra la religiosità popolare e la civiltà contadina era un aspetto fondamentale della vita quotidiana. Il mondo agricolo, segnato dai suoi ritmi stagionali e dalla ciclicità della natura, trovava spesso nella religiosità un punto di riferimento costante. Le preghiere, i rituali e le festività religiose erano vissute non solo come momenti di fede, ma come eventi che sancivano un legame profondo tra l’uomo, la terra e il divino.
La festa della Madonna del Carmelo legata alla vita della povera gente
Una festa, quindi, che si inserisce in un contesto storico e antropologico molto preciso. Quello legato alla vita della povera gente e alla fatica dei cosiddetti jurnateri. Di coloro che lavoravano nei campi, giorno dopo giorno, spesso in condizioni di grande difficoltà.
Ed erano proprio i contadini che, nei periodi di siccità, invocavano l’intercessione della Madonna che si venera ad Aci Platani.
L’acqua, infatti, era, ed è ancora oggi, un bene prezioso per chi vive di agricoltura. E la Vergine Santissima veniva invocata affinché donasse abbondanti piogge, proprio come il profeta Elia aveva fatto sul Monte Carmelo, secondo la tradizione biblica. E questa non tardava a scendere copiosa. Ecco perché da secoli, la Vergine Santissima, che si venera ad Aci Platani, viene anche invocata con il titolo di Madonna dell’Acqua.
La scelta della data per la celebrazione non è casuale. L’ottava di Pasqua era infatti il momento ideale per permettere ai contadini di festeggiare la loro amata Patrona prima di spostarsi nella Piana di Catania per i lavori estivi. Questo permetteva agli abitanti del luogo di godere di un giorno di festa prima di entrare nel pieno delle fatiche agricole.
Poichè la festa liturgica della B.V. Maria del Monte Carmelo, ricorre il 16 luglio.
La Madonna del Carmelo invocata anche come Madonna dell’abitino
Si potrebbe riscontrare in questa scelta una seconda motivazione. Dal momento che la Vergine del Carmelo viene invocata anche come Madonna dell’abitino, si pensa sia stata scelta la domenica in Albis, proprio perché questa domenica ricorda l’abito bianco. Abito che, nella Chiesa primitiva, i catecumeni, battezzati la notte di Pasqua, ricevevano in dono per indossarlo fino alla domenica successiva, cioè la domenica in Albis.
Quella che un tempo era una festa puramente religiosa nel corso dei secoli si è trasformata in un evento che ha unito la spiritualità alla tradizione popolare. Fino a qualche decennio fa, la festa era perfettamente inserita all’interno di un ideale calendario di celebrazioni primaverili tanto attese nel territorio acese.
Dopo la Pasquetta, con la classica caminata a Reitana, si aspettava “a festa da Madonna de Patanè”. Come da tradizione, si consumava l’agnello, preparato nelle tante locande del paese, in un’atmosfera conviviale che attirava visitatori e residenti. Successivamente si attendeva la festa del 25 Aprile (che si celebra dal dopoguerra), il Primo Maggio e la festa di Sant’Alfio.
La corsa del Palio tra i festeggiamenti della Madonna del Carmelo
Un altro momento assai significativo legato alla festa della Madonna era la corsa del Palio. Questo con ogni probabilità si tenne fino alla fine del XIX secolo. In realtà le corse erano due. La prima si teneva il sabato che precedeva il giorno della festa, e prevedeva il coinvolgimento di fantini provenienti da tutto il territorio acese. Aveva inizio nella parte bassa della Via Mangano (oggi Via San Piero Patti), percorreva un rettilineo di circa 800 m, per concludersi sul punto inteso ’a Saja, in prossimità dell’attuale casa canonica. Qui usciva allo scoperto una conduttura d’acqua che le donne utilizzavano come lavatoio.
L’altra si svolgeva il lunedì successivo alla festa, nel tratto che portava dalla Saja alla Petra ’o Paliu. Il punto d’arrivo che si trovava nella parte iniziale del Viale dei Platani. Qui, fino a qualche anno addietro, era ubicata una fontanella denominata ’u sgricciu.
Nel corso dei secoli, la festa ha mantenuto un forte legame con il mondo rurale, anche se oggi molte aree agricole sono cambiate. Tuttavia, l’essenza di questa celebrazione, che nasce dal bisogno di speranza e dalla cultura contadina, continua a trasmettere un senso di gratitudine per i doni della terra e una fede che si radica nelle radici più profonde del popolo.
Una devozione che si rinnova
Ancora oggi, il momento più atteso della festa resta l’apertura della cappella che da secoli custodisce il prezioso simulacro dell’amata Patrona. La partecipazione del popolo devoto in quel momento di profonda emozione è un’esplosione di entusiasmo e di fede collettiva.
La chiesa è gremita di fedeli, tutti in attesa di un evento che segna il culmine di una lunga tradizione, carica di spiritualità e di devozione popolare.
Quando finalmente si apre la cappella che custodisce il simulacro, nel vedere il volto materno dell’amata Patrona, un sussulto di gioia e di venerazione corre tra la folla, mentre i volti si illuminano di un’emozione condivisa. Poi, l’antico simulacro, riccamente ornato dai tanti ex voto, è sollevato e portato a spalla dai devoti in abito votivo. E dopo essere stato portato sul sagrato della chiesa per essere accolto dai tanti fedeli, attraversa la navata centrale. Il suo cammino lento, accompagnato da canti che risuonano nell’aria, rende l’atmosfera gioiosa e vibrante.
Dopo aver assistito all’apertura della cappella e aver partecipato al solenne Pontificale, le famiglie si riuniscono attorno al tavolo ricco di tante pietanze. Tutte preparate per l’occasione da mani esperte e dalla bravura che solo le nostre donne sanno esprimere.
La processione serale rimane l’evento centrale della giornata, quest’anno spostata a domenica 4 maggio. Tutto il paese ne rimane coinvolto. Dopo la trionfale uscita, tanti seguono ordinatamente il fercolo, preceduto dalla candelora.
Le strade pulite e sgomberate dalle auto si riempiono di gente. E il suono della banda, che segue la processione, annuncia festoso il passaggio del prezioso simulacro tra la gioia di piccoli e grandi.
Giovanni Centamore