Anche se sono passati 30 anni, la figura di padre Reginaldo Cambareri permane salda e immutata nella memoria e nel cuore di parenti, amici, ex colleghi, ex alunni, conoscenti. È ciò che ha dimostrato l’incontro di commemorazione tenutosi il 6 novembre, giorno della sua dipartita, nella chiesa acese di San Rocco, annessa all’omonimo ex convento domenicano, quello in cui per diversi anni padre Reginaldo era stato di casa, divenendone anche il priore.
Erano i tempi in cui il convento acese era pure la sede della provincia Domenicana che comprendeva Sicilia e Calabria, con la curia provinciale, il superiore provinciale e gli organi connessi. E c’era pure lo studentato, con la presenza di tanti giovani novizi. I padri Predicatori erano allora molto conosciuti in città e gestivano anche la chiesa di San Domenico nell’omonima piazza, tanto cara agli studenti che frequentavano le scuole all’epoca ubicate nella vicina via Marchese di Sangiuliano: scuola media, liceo classico, istituto magistrale. Qualche anno fa, purtroppo, i Domenicani hanno lasciato Acireale, ed è stata davvero una grande perdita.
Ha aperto la serata la messa concelebrata da numerosi sacerdoti che conobbero padre Reginaldo e presieduta da mons. Paolo Urso, vescovo emerito di Ragusa e che negli anni ’70 fu vice assistente della Fuci insieme con padre Reginaldo. “Erano anni difficili, complessi”, ha detto mons. Urso nella sua omelia. E rifacendosi al Vangelo di Luca appena letto, ha individuato gli elementi di collegamento con la celebrazione odierna, che erano anche tratti caratteristici della personalità di padre Reginaldo: povertà e amore.
Dopo l’intervento del vicario generale della diocesi mons. Giovanni Mammino, che ha portato pure i saluti del vescovo mons. Antonino Raspanti, si sono succedute numerose testimonianze che hanno evidenziato vari aspetti della figura di padre Reginaldo.
Padre Giovanni Calcara, domenicano, nell’esprimere la sua ammirazione per la profonda dimensione umana del confratello, ne ha sottolineato la capacità di analisi e di sintesi, e la visione cristocentrica della sua vita, di stampo domenicano.
Anche don Roberto Strano, che fu suo allievo all’Istituto teologico “S. Paolo” di Catania, parlando della figura di Reginaldo docente di Teologia morale, ne ha evidenziato il cristocentrismo, aggiungendo che “insegnava perché credeva”.
Di Reginaldo assistente della Fuci ha parlato Rosa Barbagallo, che ne fu presidente in quegli anni, gli anni difficili delle contestazioni studentesche del ’68 e del periodo successivo; in quel contesto padre Reginaldo insegnava ad essere presenti come cristiani, soprattutto in università. E quel senso della comunità da lui appreso (che si estrinsecò pure nella formazione di un coro), Rosa dice di averlo ritrovato dopo 50 anni, nell’organizzazione di questa serata.
Don Vittorio Rocca (docente di Teologia morale, che occupa da vent’anni la stessa cattedra che fu di padre Reginaldo) ha tratteggiato la figura del primo Preside dello Studio Teologico “San Paolo” di Catania, che venne scelto perché portasse serenità all’ambiente. Egli fu un convinto assertore dell’interdiocesanità degli studi teologici, e incoraggiò molto l’apertura al laicato, che fu una delle innovazioni dell’Istituto. “La sua presidenza – ha concluso don Vittorio – ha tracciato un solco che perdura anche adesso.”
Molto sentita e toccante la testimonianza della nipote Giovanna (docente di religione a Vibo Valentia, figlia del fratello Diego), che ha fatto conoscere che cos’era lo “zio Reginaldo” in famiglia, coi fratelli, le sorelle, i nipoti soprattutto; quando arrivava con la sua 126 rossa piena di libri e li intratteneva cantando e suonando la fisarmonica: li ispirava fin da piccoli al rispetto del sacro. Giovanna ricorda ancora la dolcezza del suo sguardo e la sua bontà: egli ha contribuito alla loro crescita come un secondo padre e una seconda madre. “L’amicizia – ha detto ancora Giovanna – aveva per lui un forte valore etico.”
Altre brevi testimonianze sono state ancora portate da alcuni ex fucini degli anni ’60 e ’70, che hanno ulteriormente ribadito il grande ruolo avuto su di loro dal punto di vista formativo, sul piano personale e sociale: Alfio Messina, Cettina Ardita, Nino De Maria, Saro Musmeci. Significativi anche altri interventi, come quelli di Ignazio Cannavò (presidente dell’associazione “S. Domenico” già presente ai tempi di padre Reginaldo) e di don Orazio Triolo (all’epoca novizio domenicano).
Da più parti è stato inoltre rilevato che padre Reginaldo “seppe riconoscere i segni dei tempi”: era un principio che veniva spesso richiamato, allora, in comunità Fuci, quell’“hic et nunc” che si rifaceva al Concilio Vaticano II conclusosi da pochi anni.
I vari momenti della serata sono stati coordinati da Alfio Vecchio (anche lui un ex presidente della Fuci degli anni ’60), mentre su uno schermo Ninella Sciuto faceva scorrere foto, immagini, video riguardanti padre Reginaldo: materiale messo assieme da più mani, perché tutti gli ex fucini dell’epoca (la ritrovata comunità di cui parlava Rosa Barbagallo) hanno fatto la loro parte per ricordare degnamente il loro assistente. E la serata si è conclusa con uno dei canti che erano cari a Reginaldo e che anche lui cantava spesso, insieme con quel “coro della Fuci” da lui voluto e di cui una rappresentanza è tornata oggi ad esibirsi: “Al cader della giornata / Noi leviamo i cuori a Te; / Tu l’avevi a noi donata / Bene spesa fu per Te”.
La folta rappresentanza di parenti e concittadini di Gerocarne (il paese d’origine di padre Reginaldo) ha dato maggiore rilevanza all’evento. Il gruppo aveva visitato in mattinata la tomba del loro congiunto nel cimitero di Acireale, all’interno della cappella dei Padri Domenicani. Presente anche la cognata Mimma (con uno dei due figli), sposatasi ad Acireale con il fratello Rocco – celebrante, naturalmente, Reginaldo – che si è fatta una rimpatriata con tanti ex fucini (tra cui il sottoscritto) che all’epoca avevano partecipato al suo matrimonio. Rocco era il fratello poeta che ogni tanto veniva ad Acireale a trovare Reginaldo, e così come essi erano legati in vita, lo sono stati anche nella morte, poiché anche Rocco è morto (sei anni fa) il 6 novembre, ed anche lui – come Reginaldo – si è sentito male la sera del 7 ottobre, ricorrenza della Madonna del Rosario. A Reginaldo e Rocco, entrambi figli illustri di Gerocarne, il loro paese natale ha dedicato una strada al primo, e la biblioteca comunale al secondo.
Sono stati dei forti momenti di preghiera, di fratellanza e di gioia, nel ricordo di padre Reginaldo e nell’intento di non farne perdere la memoria. I parenti hanno pure donato ai presenti un libro in cui sono stati raccolti “Pagine di diario e spunti di meditazione” di padre Reginaldo, da cui si evince la sua profonda spiritualità, e che possono essere considerati il suo testamento spirituale.
Nino De Maria