Come ogni anno, la Chiesa diocesana dedica la terza domenica del tempo liturgico di Quaresima alla celebrazione della ‘Giornata pro-beatificazione di mons. Giovanni Battista Arista’, antico sodale della Congregazione dell’Oratorio dei Padri Filippini e, dal 1907 al 1920, anno della sua morte, secondo vescovo della nostra diocesi.
Con le annuali celebrazioni la chiesa diocesana continua a pregare perché il compianto presule, già dichiarato ‘Venerabile’ da Papa Benedetto XVI il 1° gjugno 2007, possa essere presto innalzato agli onori degli altari come ‘Beato’.
In una conferenza sul tema ‘Sotto il peso della grande guerra: l’interpretazione della Prima Guerra Mondiale negli scritti pastorali di mons. G.B. Arista’, il relatore don Massimo Naro, docente di Teologia Sistematica nella Facoltà Teologia di Sicilia, alla presenza di mons. Antonino Raspanti, vescovo della nostra diocesi, del preposito sac. Alfio Cantarella e dei confratelli della congregazione oratoriana acese sacerdoti Luciano Bella e Calogero Frisenda e di un pubblico numeroso, riferiva su come nel 1916 numerosi chierici (sacerdoti e seminaristi) diocesani erano tra i soldati inviati al fronte bellico. La guerra era, infatti, iniziata il 24 maggio 1915 quando l’Italia il giorno prima era fuoriuscita dalla Triplice Intesa precedentemente costituita con Austria e Germania; quella ‘inutile strage’ (come la aveva definita Papa Benedetto XV) si concludeva, poi, vittoriosamente per il nostro paese con la riconquista delle ‘terre irredente’: il 3 novembre 1918 fu riconquistato il Trentino ed il giorno dopo Trieste.
Mons. Arista intrattenne una continua ed intensa corrispondenza epistolare con i propri chierici cui, riflettendo i sentimenti dell’intera nazione, infondeva forza e coraggio per affrontare tutte le difficili prove. La Chiesa tornava alla partecipazione attiva alla vita sociale e politica del paese tanto che nel 1919, a guerra ormai conclusa, il sacerdote di Caltagirone don Luigi Sturzo fondò il Partito Popolare. Era quello un periodo particolarmente delicato per la Chiesa con la ‘Questione Romana’ che, apertasi nel 1870 con la presa di Roma da parte dei bersaglieri con la Breccia di Porta Pia e l’annessione della città al territorio italiano, si risolveva poi l’11 febbraio 1929 con la firma del Concordato tra Stato e Chiesa.
L’auspicio che Papa Benedetto XV aveva espresso per una pronta cessazione delle operazioni belliche in favore di un negoziato internazionale non ebbe seguito e la guerra coinvolse intere popolazioni civili, con una enorme forza disgregatrice. Già nella pastorale quaresimale del 1914, mons. Arista affermava che la secolarizzazione, evidente squilibrio nelle relazioni internazionali, fosse la causa scatenante della grave crisi spirituale
europea, considerando la guerra già in corso, seppure non ancora in Italia, come l’invitabile castigo di Dio nei confronti dell’uomo; ancora nella pastorale quaresimale del 1918, con la coerenza di atteggiamento che lo contraddistinse per tutta la durata del conflitto, Arista definisce la guerra ‘valle di lacrime’. Con la propria corrispondenza epistolare, mons. Arista dimostra di volersi rendere pienamente partecipe delle sorti dei chierici diocesani impegnati al fronte, affidando costoro alla Provvidenza divina (proprio come aveva ammonito Papa Pio X ad ‘Instaurare omnia in Christo’, cioè a confidare pienamente nell’aiuto di Dio) ed alla potente intercessione della Beata Vergine Maria cui egli rivolgeva la giaculatoria ‘Ave Maria e Coraggio!’ (scritta nel 1916).
La conquista della pace doveva passare attraverso la battaglia morale e culturale che i veri cristiani combattono per il riscatto sociale. Mons. Arista, tuttavia, denuncia l’enorme spreco di ‘capitale umano’ che preparava il terreno alla grande carestia intellettuale che avrebbe afflitto l’Europa nell’immediato dopoguerra, di fatto spianando la strada verso il secondo grande conflitto mondiale. Nel 1919, poi, a conflitto concluso, mons. Arista scrive alla Chiesa diocesana la lettera pastorale ‘In armi’, con la quale esorta tutti alla vigilanza continua per affrontare il diuturno combattimento spirituale.
A conclusione della giornata i brevi interventi del vescovo, il quale sottolineava come le riflessioni di mons. Arista possano attualizzarsi, e di padre Cantarella, il quale riportava un pensiero in cui il compianto presule definiva il dolore quale momento di oblazione se si pone lo sguardo al Cristo crocifisso.
Nando Costarelli