Acireale / Dal 7 al 9 luglio la “Sagra do trunzu” dedicata ad uno dei prodotti tipici locali, ma anche per finanziare i festeggiamenti di Santa Venera

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“Si propriu ’na vera testa di trunzu acitana”. Così si diceva affettuosamente ad una persona testarda – cioè con la testa dura come il torso del cavolo acese –, specie da parte di chi acese non era. Anche se avere la testa dura non sempre è una connotazione negativa, perché se ciò significa essere volitivi è anzi una cosa positiva, che può diventare negativa in caso di cocciutaggine.

Il trunzu acese è un tipo di rapa da sempre coltivato nelle campagne del territorio acese, specie nella zona a sud, tra la Gazzena, Baracche e Santa Venera al Pozzo. Le striature violacee del torso e le ampie foglie di colore verde intenso hanno sempre caratterizzato i banchi dei negozi di frutta e verdura di Acireale e dintorni, specie nel periodo estivo. Qualche tempo fa, un produttore acese è riuscito ad ottenere l’inserimento del “cavolo trunzu di Aci” nell’elenco nazionale dei prodotti protetti slow food, con il riconoscimento della tipicità del prodotto legata al luogo d’origine, e partecipando pure al Salone del Gusto di Torino.

Esso si può consumare sia crudo, in insalata, tagliando a pezzettini il torso e a striscioline la parte più tenera delle foglie interne; sia cotto, nella tipica preparazione dello “stufateddu” – cioè bollito con l’aggiunta di pomodoro e formaggio pecorino (naturalmente siciliano) – da consumare così com’è (una vera prelibatezza da buongustai) o con cui condire la pasta, ma anche da usare come contorno con la salsiccia arrostita. Purtroppo il nostro trunzu ha un difetto: non ha un buon odore, sia crudo, sia – soprattutto – in fase di cottura, ma in cambio il gusto è qualcosa di ineguagliabile, e lo sanno molto bene gli acesi e tutti quelli che lo hanno assaggiato.

Ma chi avrebbe mai detto che al trunzu di Aci qualcuno pensasse di dedicare una sagra? Sì, proprio così! Una sagra vera e propria della durata di tre giorni, dal 7 al 9 luglio, durante i quali sarà possibile degustare il trunzu nei modi tipici di cui abbiamo già parlato (e cioè insalata e stufateddu), ma anche in altre modalità appositamente studiate, ovvero col pesto e negli arancini. E l’organizzazione – udite, udite! – parte nientemeno che dal Circolo Santa Venera, cioè l’associazione dei devoti della Santa Patrona (tra cui si annoverano anche i portatori del fercolo e delle candelore) che ogni anno animano la cosiddetta “festa barocca” del 26 luglio.

La conferenza stampa in Comune per la presentazione della sagra

Il promotore è stato infatti uno dei soci “anziani”, il sig. Orazio Piro, che ha pensato a questa sagra dedicata ad uno dei prodotti tipici della nostra zona, allo scopo di finanziare le iniziative legate alla festa patronale. La sagra doveva svolgersi in un primo momento in piazza Marconi e nelle strade adiacenti, ma è stata poi spostata presso la villa Belvedere, nei locali dell’ex Angolo di Paradiso, dove ci sarà sicuramente maggiore disponibilità di spazi e strutture, visto che sono previsti anche dei momenti di spettacolo, oltre alle degustazioni. Per la cronaca, aggiungiamo che recenti studi medico-scientifici hanno accertato che il trunzu possiede anche delle capacità detossificanti e antitumorali.

E allora: appuntamento da venerdì 7 luglio a domenica 9 presso la villa Belvedere per fare una bella abbuffata di trunzu a stufateddu e in tutti gli altri modi in cui potrà essere degustato.

E viva sempre il trunzu, viva Acireale e viva Santa Venera, e con tutto il rispetto dovuto ai santi, vorremmo proprio fare una considerazione: se Santa Venera – come dice la tradizione – era acese, era anche lei una “testa di trunzu” – nel senso positivo sopra illustrato – tant’è che riuscì a testimoniare testardamente il Vangelo fino al martirio.

Nino De Maria

 

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