Si è svolto lo scorso 29 Settembre nella splendida Biblioteca e Pinacoteca Zelantea, ad Acireale, l’incontro pubblico dal titolo “La giustizia penale dopo la riforma Cartabia”. Nel ruolo di relatori, Tommaso Rafaraci e Pietro Antonio Currò, apprezzate personalità, professionalmente legate alla novità della tematica e ai risvolti che quest’ultima sta comportato nell’ambito penale.
Acireale, biblioteca Zelantea / Il perchè della riforma Cartabia?
Per spiegare in breve la Riforma Cartabia, basta riassumere l’ampio excursus fatto dal Prof. Tommaso Rafaraci, Ordinario di procedura penale presso l’Università di Catania. Nel pensiero comune la giustizia è un concetto astratto, un valore che più o meno appartiene a tutti. Nella quotidianità dei fatti, presa nella sua veste concreta, è un principio che regola il comportamento dei cittadini. Può essere vista come un sistema ampio e articolato. Il diritto prescrive le regole, orienta, minaccia e, se ci sono gli elementi, punisce. Ma per passare dalla teoria alla pratica è necessario che questo sistema sia armonico.
La Riforma Cartabia nasce proprio dalla costatazione che questo sistema, per quanto efficiente teoricamente parlando, nella quotidianità non funziona. “L’Italia è costantemente in difetto, non tanto nel perseguire la criminalità grave, ma in rapporto tra esigenze di giustizia ed efficacia della risposta”. La spinta decisiva per la nascita della riforma si trova nell’obbiettivo del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) di ridurre la durata media dei processi penali del 25% entro il 2026. Le novità introdotte dal testo riguardano la procedura penale, il sistema sanzionatorio e l’introduzione dell’istituto della giustizia riparativa.
Acireale, biblioteca Zelantea / I problemi della giustizia penale italiana
Le parole del Prof. Rafaraci inoltre, restituiscono un quadro della giustizia italiana non solo affetta da un mal funzionamento processuale ma, anche da un sovraffollamento carcerario dovuto ad un elevato numero sia di reati che di tempistiche processuali troppo lunghe. “C’è un’iperpenalità nel nostro paese”, afferma il professore. I motivi sono due: l’atteggiamento del Legislatore a introdurre sempre nuove norme penali in tutti i settori e il principio di obbligatorietà dell’azione penale (per cui ogni nozione di reato deve essere presa in considerazione dal Pubblico Ministero). Bisogna dunque agire sull’ingresso dei procedimenti nel circuito della macchina giudiziaria e fare in modo di snellire le varie tappe del processo penale. Gli espedienti previsti sono diversi.
Acireale, biblioteca Zelantea / Le soluzioni introdotte dalla riforma
Tra questi, un maggiore spazio per i processi mediante “la messa alla prova” se la prova viene superata entro un termine di tempo, il reato si considera estinto. Un ulteriore strumento è la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto per cui la ridotta entità dell’offesa può portare alla non punibilità per tutti i reati per cui è prevista una pena non superiore a due anni. Per ridurre la popolazione carceraria, invece sono previste le c.d pene sostitutive. Si tratta di pene che il giudice, al momento del giudizio può applicare in sostituzione del carcere. Ad esempio: una pena carceraria fino a quattro anni può essere sostituita, oltre che con la pena pecuniaria, con il lavoro di pubblica utilità o con la pena di detenzione domiciliare.
Con la nuova riforma anche la giustizia va in contro ad un processo di digitalizzazione. Il testo introduce, infatti, il processo penale telematico. A tal proposito, Rafaraci afferma: “La riforma non è ancora criticabile in mancanza di effettiva applicazione. Gli uffici giudiziari riscontrano difficoltà nella gestione delle competenze”. Inoltre aggiunge, concludendo: “La caratteristica della riforma è quella di voler inquadrare il tutto con strumenti ancora in via di sperimentazione ma con segnali molti critici provenienti dal mondo giudiziario perché tanti meccanismi introdotti all’atto pratico non realizzano gli obiettivi sperati”.
Acireale, biblioteca Zelantea / Currò sulla giustizia riparativa
Il secondo intervento è stato a cura di Antonio Currò, Giudice del Tribunale di Catania e socio dell’Accademia degli Zelanti. Il Giudice ha incentrato la discussione su un punto importante della Riforma Cartabia: la giustizia riparativa. Si tratta di una forma di risoluzione del conflitto in cui le parti trovano un accordo con l’aiuto di un terzo imparziale chiamato “mediatore”. Ciò avviene prima dell’inizio del procedimento dell’azione penale e nel caso di atti perseguibili con querela, è attivabile ancora prima della presentazione della querela e serve che venga presentata quest’ultima.
Nel nostro ordinamento, questo istituto si muove su un terreno complementare e non alternativo alla giustizia penale in quanto prevale il principio di obbligatorietà dell’azione penale sancito dall’art. 112 della Costituzione. “La riforma Cartabia ha avuto il coraggio di affrontare in maniera organica i problemi della giustizia penale. Dare un giudizio, per ora, rimane difficile perché ci sono settori della riforma che non trovano una realizzazione concreta come nel caso della giustizia riparativa. Al tribunale di Catania è già arrivata un’istanza di giustizia riparativa ma ancora non si è preparati come Milano e/o Torino. Ci muoviamo in ambiti nuovi e inesplorati. La giustizia riparativa è estranea alla nostra cultura giudiziaria”.
Acireale, biblioteca Zelantea / Altri interventi processuali
Per sottolineare il problema del sistema giudiziario italiano ricorre a fonti statistiche che mostrano come il punto critico resta la durata eccessiva dei procedimenti in particolare negli affari civili e commerciali. Le statistiche mostrano inoltre un elevate numero di procedimenti penali pendenti e delle assoluzioni. Secondo Currò, un punto critico che aumenterà il peso dell’udienza preliminare per i GUP, riguarda le udienze filtro, udienze in cui il giudice, deve valutare se il materiale probatorio è sufficiente a superare il dibattimento e giungere alla sentenza di condanna. Ciò significa che bisogna smaltire le richieste di archiviazione perché adesso viene richiesto un esame molto più approfondito dei fascicoli.
L’incremento dei fascicoli determina il maturamento della prescrizione che porta all’estinzione del reato (si pensi che un’elevata percentuale di prescrizioni matura durante le indagini preliminari). Per migliorare la situazione la Cartabia prevede un rimedio: individuazione del criterio prioritario nell’esercizio dell’azione penale da parte della Procura della Repubblica. L’organizzazione dei vari tribunali prevede adesso l’attuazione dei criteri di priorità tenuto conto di quelle che sono le esigenze del territorio. Ad esempio, a Catania prevalgono i reati di droga, mafia, e contro il patrimonio. I reati individuati dal Procuratore avranno la precedenza sugli altri. Si tratta in definitiva di un temperamento del principio di obbligatorietà dell’azione penale.
Conclusioni
La riforma non è riuscita ad attuare i propri propositi in modo sufficientemente netto. Ha dovuto, infatti, adottare alcune soluzioni di compromesso. Tali criticità rischiano di vanificare i propositi del Legislatore ma anche di aumentare il livello di entropia del sistema, mettendone in crisi l’organicità e la coerenza. Dunque, la domanda da porsi è la seguente: esiste davvero la possibilità di applicare concretamente la riforma Cartabia? Al momento, secondo entrambi i relatori, la risposta è negativa. Ma nonostante ciò, al di là delle criticità, la riforma Cartabia ha dalla sua parte il merito di affrontare il sistema giudiziario in modo organico. In conclusione, ricordiamo, citando le parole del Giudice Currò, che: “La giustizia è un servizio alla collettività. Dobbiamo tutti impegnarci a garantire l’efficacia di tale servizio”.
Eugenia Castorina e Giorgia Fichera