Con il ‘600 lo stile barocco conquista la città e le sue strade, condizionando anche il modo di fare festa. Le città siciliane manifestano la loro opulenza anche attraverso le feste. Ecco che viene, quindi, realizzato dal messinese Mario D’Angelo il busto reliquiario di Santa Venera (1655), che si caratterizza per la bellezza del panneggio reso dall’argento. “Secondo me la statua più bella che esiste in Sicilia per la delicatezza del volto e l’espressività, dolce e severa allo stesso tempo”, afferma Grippaldi. Negli anni a seguire si registrerà, da parte di vari autori (fino all’800), una trasposizione in pittura dell’immagine del busto.
Diverse, invece, sono l’iconografia adottata da Antonio Filocamo (1711) per la Cappella di Santa Venera, quella proposta qualche anno più tardi da Pietro Paolo Vasta, fino ad arrivare all’affresco di Giuseppe Sciuti nella navata centrale della Cattedrale (sec. XX) ed alla recentissima opera di Giuseppe Giuffrida per il palazzo comunale (2013) , in cui la città di Acireale è posta proprio all’ombra della Santa. Un rapporto che viene poeticamente reso con questa immagine da Grippaldi: “la A di Acireale mi sembra l’ombra proiettata dalla V di Venera”.
Ha concluso il Vicario generale della diocesi di Acireale, mons. Giovanni Mammino, il quale nel suo intervento ha manifestato il proprio apprezzamento per il lavoro di squadra, messo in campo da quanti si sono impegnati per realizzare l’esposizione allestita presso il Museo diocesano, in una prospettiva di cammino ecclesiale. “Ripensare e riappropriarci di questo culto, senza lasciarlo al passato: una mirabile impresa, a cui hanno contribuito tante persone. Bisogna che vengano ancora unite le nostre forze per incrementare il culto a Santa Venera, che ci spinge ad essere discepoli di Gesù”. Erano presenti all’evento anche il vicepresidente della Deputazione della Reale Cappella di Santa Venera, Salvo Iannuli, il cappellano, don Mario Fresta, e il “mastro di vara”, Alfio Pulvirenti.
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