Uno spettacolo nuovo con l’Opera dei pupi a conclusione dei festeggiamenti di san Camillo. Ad Acireale, nel cortile della Casa Sollievo dei padri camilliani colmo di bambini e adulti è andato in scena “Camillo de Lellis paladino di Cristo”. Presenti anche diversi stranieri accorsi per vedere i pupi siciliani.
L’opera liberamente ispirata alla biografia di san Camillo, è scritta e sceneggiata da Patrizia Patanè, con la regia di Tano Grasso, per una riduzione teatrale con pupi, manovratori, attori.
La particolarità dello spettacolo sta nell’uso dei pupi siciliani. Questi sono tradizionalmente impiegati per rappresentare le vicende eroiche dei paladini di Francia della corte di Carlomagno, già cantate da Boiardo e Ariosto. Ma stavolta impiegati per impersonare uomini e vicende del Cinquecento, performando sulla scena i momenti salienti della vita del santo, dalla sua fanciullezza fino alla conversione e alla creazione dell’Ordine dei Ministri degli Infermi. Congregazione religiosa, questa, dedita ai malati e che per prima ha utilizzato la croce rossa come stemma per il soccorso a malati e feriti sui campi di battaglia. L’analogia tra i pupi e san Camillo la fornisce la formazione guerriera del santo che si trovò, come i paladini di Francia, a combattere contro le milizie islamiche, i “turchi”, così presenti nella tradizione delle nostre sicule marionette.
Le vicende di San Camillo rappresentate dai pupi siciliani
La compagnia dell’Opera dei pupi “Turi Grasso”, che prende il nome dal maestro puparo che ha fondato la compagnia agli inizi degli anni ‘60, ha offerto gratuitamente al pubblico la messinscena, con l’uso di scene, pupi e costumi inediti, creati per l’occasione, per rappresentare il santo che, già soldato di ventura, trovò Cristo negli ammalati, dando alla sua vita un senso nuovo e alla società un grande servizio umano e spirituale.
Tano Grasso, regista e mastro puparo, introduce lo spettacolo, nato dalla collaborazione coi camilliani e in particolare con padre Dario e fratel Carlo. Ed evidenzia la novità di uno spettacolo diverso dalla tradizionale Opera dei pupi. Non si espongono sulla scena solo scontri, uccisioni e teste che rotolano, gioia tradizionale dei mastri pupari, ma un percorso di introspezione interiore e di conversione in cui i pupari non sono solo attori dei pupi ma anche di se stessi.
Innovazione è l’uso di voci esterne al palco e non provenienti dal banco interno. Come anche un’inedita intervista a fratel Carlo, padre Provinciale per il Sud Italia, da parte del pupo che impersona san Camillo. Il pupo gli chiede cosa significhi oggi portare la croce rossa sul petto. La risposta è consolare Cristo nei malati e in chi ha bisogno, dando la vita a chi si incontra e amandolo con cuore di madre.
Grande impegno far rivivere san Camillo tra i pupi siciliani
Il progetto, nato da oltre un anno, e finalmente realizzato, potrebbe avere in seguito grandi prospettive. L’autrice Patrizia Patanè, avvicinata per La Voce dell’Jonio, ammette le difficoltà dell’operazione, a motivo del numero elevato dei personaggi, dei luoghi e delle date. Tutte cose che comportano sfide diverse da quelle tradizionali offerte dal teatro dell’Opera dei pupi.
Sfide che sono state brillantemente affrontate con una narrazione che ha scelto i momenti salienti della biografia di Camillo. Questa, letta da Rossella Guarrera, accompagna come un filo il percorso dei dialoghi, coinvolgenti e rappresentati con maestria da Maurizio Trovato. Notevole la sua abilità a rendere mimeticamente le battute e le voci dei diversi personaggi legate ai movimenti dei pupi.
Grandi come sempre i mastri pupari. Angelo Bella capomanovratore, Orazio Scalia manovratore, Orazio Monaco collaboratore, Orazio Mangiagli responsabile tecnico, hanno affascinato il pubblico, performando anche alcuni scontri tra pupi guerrieri propri della tradizione dell’Opera dei pupi.
A conclusione della serata i ringraziamenti da parte dei padri camilliani alla compagnia dei mastri pupari. Per aver fatto fatto sognare grandi e piccoli con uno spettacolo che sicuramente farà ancora parlare di sé.
Maria Ortolani