
La Sacra Sindone ha sempre costituito uno dei principali “rompicapo” per gli studiosi, ed anche per i fedeli. Il lenzuolo che avrebbe avvolto il corpo di Gesù nel sepolcro e di cui riporta l’immagine, arrivato chi sa come e chi sa attraverso quali percorsi, si può dire che da quando ha fatto la sua comparsa ufficiale – intorno al 1350 – è stato avvolto nel più grande mistero, non solo sulla sua veridicità, ma per tutta una serie di considerazioni sulla sua natura.

Per chiarirne in parte il mistero, l’associazione Costarelli di Acireale ha organizzato, sabato 13 maggio scorso, un incontro in cui sono state proposte le “prove” della risurrezione di Cristo secondo i Vangeli. Ed è stato chiamato come relatore don Giovanni Ciarcià, di origini ragusane, chimico e specialista in teologia dogmatica, docente presso lo “Studium Generale” della prelatura dell’Opus Dei, e che ha avuto il privilegio di essere stato ordinato sacerdote dal Santo Papa Giovanni Paolo II. Uno specialista inavvicinabile – a prima vista –, di quelli che ti guardano dall’alto della loro sapienza e cultura come se fossi una formichina. Ma in effetti si è dimostrato una persona molto semplice e affabile, oltre che lineare e chiarissimo nella sua esposizione e del quale abbiamo scoperto, attraverso le parole di presentazione di Enrico Blanco (giornalista castellese), anche la sua passione per la natura e per il mare. Dopo l’introduzione dell’avv. Roberto Pavone ed i saluti del dott. Mario Di Prima (presidente dell’associazione Costarelli), era prevista la partecipazione del dott. Antonio Bordi, chirurgo, ma sopraggiunti impegni non gli hanno permesso di intervenire, ed allora è stato sostituito – degnamente – da Enrico Blanco.

Entrando in argomento, don Giovanni Ciarcià ha subito detto – utilizzando delle slides di supporto – che le “prove” della Risurrezione di Gesù sono principalmente quattro: 1) il sepolcro vuoto (non può essere risorto un uomo che sta ancora dentro il sepolcro); 2) le bende e il sudario utilizzati per la sepoltura, che sono stati ritrovati non buttati là alla rinfusa, cosa che sarebbe potuta succedere se il corpo fosse stato trafugato (come tanti scettici pensarono e tuttora pensano), ma erano invece ripiegati e ordinati come se avvolgessero ancora il corpo; 3) le apparizioni del Risorto, che sono numerose e puntualmente registrate nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli; 4) il cambiamento degli Apostoli, che da paurosi com’erano dopo la crocifissione di Gesù, diventano coraggiosi testimoni della fede quando si rendono conto che Egli è veramente risorto come aveva promesso.

Ma la prova e la testimonianza più importante è data proprio da questo lenzuolo, la Sacra Sindone, dove sono riprodotte le fattezze umane di Gesù. A questo punto don Ciarcià ha lasciato spazio ad un video che riporta un’intervista alla prof.ssa Emanuela Marinelli, studiosa della Sindone, la quale ha illustrato tutti i particolari legati a questo lenzuolo e che spiegano in maniera inequivocabile – ma non sempre spiegabile scientificamente e obiettivamente – tutta una serie di particolari che confutano le varie ipotesi avanzate a discredito nel corso dei secoli: intanto l’immagine stessa (che riproduce in negativo la parte anteriore e quella posteriore del corpo di Gesù), che non è dipinta (come qualcuno suppose, nel Medioevo), ma si presenta come se la tela sia stata colpita da una luce creando un fenomeno simile a quello che avviene nelle lastre fotografiche impressionate dalla luce; la presenza di tracce di sangue (di cui è stato pure individuato il gruppo sanguigno) e di siero all’interno del tessuto stesso; la presenza di due monetine sugli occhi (come era abituale fare all’epoca), che hanno lasciato il calco e sono state pure individuate; la presenza di semi e spore (invisibili ad occhio nudo) di piante reperibili solo nelle zone della Palestina; la presenza di tracce di terra in corrispondenza delle ginocchia, che dimostrano il fatto che Gesù, cadendo come dicono i Vangeli, abbia battuto per terra e si sia ferito in quella parte del corpo; i segni dei chiodi che, per quanto riguarda gli arti superiori, sono in corrispondenza dei polsi e non della palme delle mani, il che corrisponde con il sistema di crocifissione dei Romani; ed ancora la perfetta corrispondenza con tutte le ferite causate dalla fustigazione, dalla apposizione di una corona di spine sul capo e da tutti i particolari delle torture inflitte a Gesù di cui si parla – per l’appunto – nei Vangeli. Sono tutte cose che rendono difficilissimo – per non dire impossibile – che qualcuno abbia voluto creare un falso storico: troppe cose da tenere in conto, e troppe cose che sono analizzabili solo con strumentazioni moderne di alta precisione.
La conferenza, interessantissima e seguita con molta partecipazione da parte dei presenti, ha sicuramente chiarito tanti particolari e magari squarciato qualche velo di incredulità e scettiscismo.
Nino De Maria