Nella Casa sollievo San Camillo in Via Genuardi, ad Acireale, ha avuto luogo un incontro a favore del Congo con Padre Clemente Kayembe. Originario della Repubblica Democratica del Congo, venuto ad Acireale da Roma, su organizzazione del diacono Sebastiano Genco, da parecchi anni responsabile della missione della nostra diocesi in Congo, assieme al missionario laico Salvatore Gambino. La serata dell’Associazione missionaria si è svolta all’insegna della cordialità, con la presenza di un pubblico interessato ai problemi missionari, che ha partecipato anche ad una cena amichevole, finalizzata alla beneficenza. L’incontro è stato allietato dalla musica melodiosa di un bravo chitarrista. Appassionata, nell’occasione, la recitazione di qualche bella poesia e molto gustosa la cena.
San Camillo / Cena per il Congo con padre Kayembe
Sebastiano Genco, assai impegnato nella sua attività missionaria, ora in collaborazione con Salvatore Gambino, ha dato un sentito racconto della vita sacrificata, impregnata di dolore della popolazione del Congo, seguita per 23 anni con generosità e con grande affetto.
P. Clemente ha citato il famoso discorso di Gesù sulle beatitudini, commentandolo con ardire apostolico: “Avevo fame, avevo sete, ero forestiero, nudo, malato, in carcere, e mi avete dato da mangiare, da bere, mi avete accolto, mi avete vestito, mi avete visitato… Beati voi”.
Ringrazia i camilliani di cui è ospite; ringrazia la Sicilia, quale “terra generosa”, che ha un cuore d’oro verso l’umanità. Con emozione richiama la sua adolescenza, quando lasciò a dodici anni il Congo per studiare e poi prepararsi a ricevere l’ordine sacerdotale. Ora il suo urgente compito è “fare qualcosa” per il suo popolo: si ritiene scelto dal Signore, come Gesù stesso, sceso dal cielo per liberare il popolo. Ma, aggiunge con umiltà, è ovviamente “impossibile farlo da solo”.
In conclusione, P. Clemente, fiducioso, invita i presenti e i loro amici ad aiutare il popolo africano ringraziando sentitamente per quanto si farà. In particolare, P. Clemente si sofferma sulle difficoltà delle mamme che devono dare alla luce un bimbo, spesso con parto cesareo. Con sofferenza cita il caso di quarantacinque donne in Congo, morte di parto. Per questo, in seguito, è stata costruita una sala parto.
Il sacerdote africano commenta questa grave realtà storica, invitando tutti alla collaborazione, perché non succedano più episodi di cronaca così tristi: “anche gli africani hanno un cuore”. Con l’augurio che bisogna lottare per la conquista della vita eterna e, chissà, perchè in futuro possa esserci un “Papa nero”, si congeda, non prima di avere risposto a qualche domanda per farsi conoscere meglio.
La sua famiglia è originaria del Congo? Di quante persone è composta?
Sì, è della Repubblica Democratica del Congo, confinante con il Ruanda e il Congo francese, Brazaville. Da diversi secoli la mia famiglia è composta di lavoratori della terra, contadini con proprietà private, e producono mais, frutta, verdure, che vendono al mercatino Makumbi. I miei genitori, che hanno avuto dieci figli, sono morti. Siamo otto fratelli e una cinquantina di nipoti che si dedicano a tale lavoro. Da poco sono morti due fratelli.
Sembra che gli africani del Centro Africa abbiano poca fiducia in se stessi, mentre la sua famiglia dà un esempio splendido…
Bisogna svegliarli dal sonno che priva di forze, gli Africani del Centro. Il lavoro è fondamentale nella vita dell’uomo.
Anna Bella