La serata di presentazione, all’hotel Orizzonte, del libro di Alfonso Sciacca, “Se il grano muore”, a cura della casa editrice acese “Carthago “, è stata intensa, ricca di emozioni, con un pubblico scelto che ne ha seguito con interesse le varie fasi.
Nel saluto preliminare, l’editore Giuseppe Pennisi rende omaggio all’autore, preside dei suoi anni liceali al “Gulli e Pennisi”. Segue il saluto del nuovo sindaco di Acireale, Roberto Barbagallo, con l’auspicio che Alfonso Sciacca, di cui esalta l’emblematica figura centrale della madre nel libro, continui a dare un forte contributo alla crescita della città.
Salvatore Valastro, nel suo intervento critico, analizza “Se il grano muore”, mettendo in luce il principio che ogni morte è un passaggio verso la conoscenza e trova un suo limite nella memoria.
Nella citazione di un autore argentino – ‘nella terra dei viventi ci sono più parole che memoria’ – il professore rileva come il ruolo principale dovrebbe essere quello della memoria, antidoto naturale alla morte, e come l’esperienza della morte, d’altra parte, sia centrale per tutti gli esseri umani, in quanto fa crescere la persona. Tra i vari richiami culturali su autori classici, quali Orazio, Erodoto, Cicerone, oggetti di passione inesauribile di Alfonso Sciacca, calzante e suggestivo quello a Mnemosine, idealizzata dai Greci quale dea simbolo dello stimolo per l’indagine della verità. Valastro, attraverso anche la lettura di qualche pagina, sostiene lo sdoppiamento del narratore, in un gioco di specchi affascinante, in un rincorrersi del filo e della trama: vivace l’ambiguità della scrittura delle lettere di Checchina, residente a Caltagirone, città di provenienza della famiglia.
Nel genere autobiografico, nota acutamente l’oratore, non sempre il vero e il reale coincidono, come insegna Pirandello. Valastro conclude che la meta è uscire dal mondo delle parole e attingere alla bellezza della memoria condivisa.
L’intervento di Pietrangelo Buttafuoco, autore della prefazione, è conciso ed essenziale: dal chicco di grano, caduto a terra e morto, si genera nuova vita, commento della iniziale citazione del Vangelo di San Giovanni. Si sofferma a rappresentare la reciprocità del rapporto tra madre e figlio: il figlio bambino nel suo cammino allunga la mano e trova quella della mamma; il figlio adulto sostiene la madre anziana. Il critico sintetizza: è il racconto di un destino, che è quello di tutti noi.
Alfonso Sciacca, dopo un rapido e appassionato excursus sulla vita della scuola, elogia gli intervenuti per la loro lealtà unita a disarmante verità e ringrazia tutti. Dopo un richiamo al libro di Salvatore Agati sull’”antica madre di Randazzo”, comunica al pubblico acute riflessioni sull’incapacità dell’uomo, che giunge a tarda età, senza conoscere sè stesso. Conclude parlando della realtà metamorfica della scrittura.
Anna Bella