Nei meandri della memoria andiamo alla ricerca del più bel Carnevale di Sicilia della seconda metà del Novecento, indelebilmente registrato come strabiliante documento che non
può andare smarrito. Ecco balzare fuori, in occasione del Carnevale 2014 di Acireale, personaggi unici per l’originalità delle loro sorprendenti trovate: Quadaredda e Cola Taddazzu, il cipiglio di Nunzio Setticcappeddi, l’impareggiabile Ciccitto, protagonisti assoluti e a capo anche di magnifici gruppi scatenati. Compaiono e scompaiono i “Pompieri di Viggiù”, giovani delle Acli di Acireale, che al ritmo della spassosa omonima canzonetta si esibivano in improvvisati pezzi da commedia dell’arte: con le loro scale da pompieri salivano e scendevano all’insegna d’inarrestabile vitalità dai balconi del circuito, accolti nelle case con grande simpatia, mentre la folla applaudiva e si sbellicava dalle risate. Era il trionfo dell’allegria. La “vis comica” esplodeva nel “Numero Unico”.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, Turi Ardizzone, ovvero il famoso “Quadaredda”, in collaborazione con Gaetano Leotta, ovvero “Cola Taddazzu”, alto più di un metro e novanta, creò vari gruppi mascherati. Di rilevante spessore “Lo zio d’America”: l’emigrante miliardario ritorna in patria, accompagnato dalla novella moglie, cioè il personaggio di Cola Taddazzu con cappellino e veletta di candido colore in testa, e un paio di figlioletti. Si spostano lungo il circuito su una carrozza tirata da quattro cavalli, dalla quale piovono sulla folla festante bigliettoni di dollari. Due neri in maschera, -Jachinu du Toccu e Turi Ciolla – , ballano senza sosta. Primo premio della giuria.
Con “La balia asciutta” Quadaredda con il suo grottesco costume da balia raggiunge il clou della comicità: spinge una colossale culla, dove sta adagiato il bambino, Cola Taddazzu con ciuccetto e pannolino, alle prese con piagnucolii e strilli. Seguono una trentina di mascherati da bambini con pannolino, tra i quali si distinguono figure popolari, quali Pastidda, Pippino Sampugna, Tanu, Puddicchia, Fungidda e Nunzio Setticcappeddi; il più piccolo, il decenne Giuseppe Pettinato.
Con “u sfrattu”, Quadaredda prefigura anche il suo destino: da lì a qualche anno lascia per sempre Acireale, che non sfama più lui e famiglia, e si trasferisce a Genova, dove riesce a sbarcare il lunario con il suo mestiere di stagnino. In quel Carnevale, Quadaredda, capo famiglia, con lo stuolo di moglie, figlioletti, nipoti, animali domestici, va in Municipio, dopo aver subìto lo sfratto, per chiedere una casa popolare, protestando e gridando a perdifiato.
Negli anni Settanta e Ottanta compare sulla ribalta del più bel Carnevale di Sicilia il personaggio mozzafiato di Ciccitto, ovvero il negoziante di scarpe Salvatore Grasso, garantendo a tutti risate a getto continuo con le sue imprevedibili sorprese. Originali i travestimenti: una stramberia presentarsi nelle vesti di operatore ecologico, dotato di autentiche corna di bue, prelevate al Macello di Acireale. Nel Carnevale successivo, lui e Paolo Patti, rappresentano le avventure strabilianti di don Chisciotte della Mancia e del suo scudiero Sancio Panza, rivestiti di tipiche armature; anche uno sbilenco ronzino arranca dietro i due personaggi del Cervantes: combattono contro mulini a vento, realizzati in cartone. Un altro gruppo memorabile di Ciccitto: “Noi figli di Troia”, con doppio significato: trenta i guerrieri greci che lottano in onore di Elena, impersonata da Paolo Patti. Il gigantesco cavallo di Troia diventa il leiv motiv dell’ilarità collettiva: Ciccitto vi entra dalla sella e esce dal deretano assieme a salsicciotti.
Anna Bella