Acireale / Quell’auto bruciata un’icona di legalità

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Quella piccola auto ridotta a scheletro di lamiere dal fuoco delinquenziale può diventare un’icona dalla quale partire per costruire il domani di Acireale.

auto bruciata (600 x 450)correttaNon c’è la prova provata, fino a questo momento, ma è fin troppo facile immaginare che, con quelle fiamme appiccate di notte dinanzi all’abitazione del primo cittadino, si volesse spegnere qualcos’altro, forse l’ardore del buon amministratore.

Adesso tutto sta alla risposta che la città potrà, saprà e vorrà dare, non già con le prime reazioni, ché queste sono state pronte, sentite, coraggiose e, a volte, anche lungimiranti, ma per quello che farà nelle prossime settimane e mesi.

Chi ha bruciato l’auto del sindaco Roberto Barbagallo, a meno di un anno dalla sua elezione, ha inteso certamente mandare un avviso, forse una minaccia; la risposta deve essere adeguata e, naturalmente, non si può esaurire nella solidarietà, nella compartecipazione, nella proclamazione di fiducia al sindaco e alla sua Amministrazione per quello che hanno fatto fino ad ora, per l’approccio ai problemi e la visione della città che verrà.

E deve essere una risposta globale, come è stata quella delle prime ore, durante le quali amministratori, gruppi e forze politiche e sociali, associazioni, club, singoli cittadini si sono schierati dalla parte della vittima, cioè contro la violenza e il tentativo di sopraffazione.

Una risposta globale, cioè di tutti, ma singola, cioè di ciascuno. Ognuno, per la propria parte, deve infatti percorrere la strada della legalità, che è lastricata di grandi mattonelle ma anche di piccole tessere, come quelle dei mosaici. Quindi regole, programmi, promesse, proclami, devono essere seguiti, forse anzi preceduti, da atteggiamenti, comportamenti, stili di vita vissuta che siano esempi di legalità già da soli. E questi si conquistano e si praticano se si ha l’atteggiamento mentale, la convinzione, la formazione culturale, l’indirizzo morale performanti.

Il vescovo di Acireale, mons. Antonino Raspanti, ha avviato con decisione un percorso culturale di legalità che, sotto il tema generale di “Conversazioni sulla legalità”, proprio in questi giorni vivrà la seconda tappa su sequestro, confisca, lavoro. L’incontro vale per la formazione continua di avvocati, commercialisti e giornalisti.

L’Ufficio diocesano della pastorale sociale, del lavoro, della giustizia, della pace e dell’ambiente, guidato da don Marcello Pulvirenti, organizza da anni incontri formativi nelle scuole, nelle parrocchie e con gruppi di giovani.

Questa della formazione è una strada preziosa per affermare la cultura della legalità, che diventerà pratica della legalità domani; mentre oggi gli organi dello Stato ad ogni livello, dal potere legislativo a quello esecutivo, a quello giudiziario, dagli amministratori della Cosa pubblica alle forze dell’ordine cercano di contrastare l’illegalità dilagante che inquina la società.

Forse ci sarà bisogno di una rivoluzione culturale e, se è così, non si può che guardare soprattutto ai giovani e ai ragazzi (e formarli).

   Dir