Si è concluso nella biblioteca Zelantea di Acireale, il seminario musicale “La musica del nostro tempo e la Sicilia” che, per quattro giorni, ha messo sul tavolo importanti riflessioni sulla fruizione della musica dei nostri tempi.
La musica è così difficile da raccontare? Perché i cartelloni dei più importanti teatri in Italia, da Catania fino al “Regio” di Parma, sono pieni di opere tradizionali, e le opere moderne o contemporanee sono una o al massimo due, quando i direttori artistici sono particolarmente “illuminati”? Sono la critica e, specialmente, il pubblico a essere misoneisti o è proprio la musica contemporanea a essersi chiusa in se stessa, diventando troppo astratta?
“Si suole dire che la musica contemporanea sia difficile; in realtà, intreccia bellezza e complessità come ha sempre fatto la musica. – ha esordito il moderatore Giuseppe Montemagno. La fruizione della musica degli ultimi tempi, è ovvio, fa sorgere dubbi e aspettative. I manuali di melodramma vanno da “Euridice” a “Turandot”. L’opera finisce nel 1924. Come se in questo secolo non fosse accaduto nulla, che sia degno di cronaca.
E’ vero che, dopo la seconda guerra mondiale, vi è stato uno scollamento da parte del pubblico dalla musica contemporanea. Ma ciò non la rende, concettualmente, meno interessante”.
Il musicista Solbiati sulla musica contemporanea
“Secondo me, bisogna distinguere il melodramma dall’opera e l’opera dal teatro musicale- ha dichiarato il musicista Alessandro Solbiati. Il teatro politico di Luigi Nono non è il teatro di Berio. Parlare di melodramma oggi è, francamente, anacronistico. Io, inizialmente non amavo l’opera, più che altro perché assorbe il novantanove per cento degli incassi dei teatri; oggi sono arrivato a scriverne quattro.
Si accusa la musica dei nostri tempi di essere strutturata, e di mancare d’espressività. In realtà la musica contemporanea, tacciata di astrattezza, riesce a coinvolgere il pubblico nonostante i pregiudizi. La mia opera, andata in scena al teatro dell’opera di Trieste, ha riscosso più successo delle opere di repertorio”.
Il seminario si è concluso con l’analisi di alcune partiture di Aldo Clementi e Francesco Pennisi da parte della professoressa Graziella Seminara.
Giosuè Consoli