Venerdì 18 novembre, esperti della messa in posa di cavi sottomarini hanno tenuto il seminario “Comunicare: sotto il mare”, nell’aula magna dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Gulli e Pennisi” di Acireale. Aldo Monaca, Ennio Ammatuna e Alessandro Maiolino, con il patrocinio dell’Italian Hydrographic Society, hanno destato l’appassionato interesse di studenti e studentesse rispetto ad una tematica nuova e per molti poco conosciuta prima.
Acireale / Seminario sui cavi sottomarini, esperti e studenti a confronto
Acireale / Gli obiettivi del seminario sulla comunicazione con cavi sottomarini
Il dirigente scolastico, Tarcisio Maugeri, ha evidenziato gli obiettivi del seminario sui cavi sottomarini: mostrare ai giovani nuovi sbocchi lavorativi in un settore in cui ancora in Italia c’è poca forza lavoro e sottolineare che “anche ciò che potrebbe sembrare remoto o estremo per via del corso di studi intrapreso è facilmente assimilabile e spendibile nel mondo del lavoro in futuro”. Il suo auspicio è quello di permettere ai suoi studenti di poter mettere in pratica, un giorno, le conoscenze teoriche apprese in questo incontro formativo. Questo seminario si innestava all’interno di un ciclo di incontri “indagine archeologica sugli edifici teatrali e con uno sguardo al mare che unisce” gestito dalla docente Sebastiana Ardizzone, moderatrice. “Lo scopo è riflettere sull’evoluzione e sviluppi della comunicazione: da quella intercontinentale teatrale a quella digitale”.
Cosa si nasconde dietro al mondo digitale?
Alessandro Maiolino, direttore della Oceans & Cables, azienda con attività nel settore dei cavi sottomarini, ha risposto: “Senza i cavi sottomarini, tutto quello che oggi rappresenta il nostro modo di essere interconnessi con altri individui sarebbe impossibile”. Il 95% delle telecomunicazioni mondiali viaggia grazie ai cavi sottomarini in fibra ottica. Le telecomunicazioni satellitari sono minoritarie, poiché la fibra permette una trasmissione dati più rapida e più in larga scala. “Pensate che la comunicazione con i cavi sottomarini permette una trasmissione fino a 1,53 petabyte (un petabyte = 10 elevato a 15 Byte, ndr).
La comunicazione da sempre è una risorsa fondamentale per lo sviluppo delle società. Oggi “chi gestisce le telecomunicazioni ha forte potere geopolitico”. Pertanto, se una potenza mondiale decidesse di mettere in difficoltà un altro Stato, sarebbe sufficiente sabotare i cavi sottomarini e la conseguente trasmissione di dati, di moneta elettronica, di dati energetici e di informazioni in generale. Maiolino racconta di quando la sua azienda è stata chiamata ad intervenire perché “nel 2010, nel Canale di Sicilia, una nave ha perso il controllo dell’ancora ed ha erroneamente tranciato circa 8 cavi. Sono partite le procedure di manutenzione dei cavi e, per un discreto numero di giorni, ci sono stati dei disservizi cruciali delle telecomunicazioni”. Per questo motivo, soprattutto di recente, i governi hanno sempre più a cuore la protezione dei suddetti cavi.
La telecomunicazione sottomarina arriverà anche nei Paesi in via di sviluppo?
“Ci sono oggi Paesi in via di sviluppo che si stanno affacciando a comodità nell’interconnessione online, che per noi sono un sistema consolidato” – continuaMaiolino – “Il settore dei cavi si sta muovendo con una certa decisione verso queste aree geografiche”. In un’ottica globale, attraverso l’installazione dei cavi, miliardi di persone avranno la possibilità di allargare i loro orizzonti culturali, entrando in contatto con delle possibilità a loro finora oscure. “Questo è anche un motivo di ‘preoccupazioni’ per i governi occidentali che non vedono con simpatia il fenomeno della migrazione. L’installazione dei cavi, infatti, permetterebbe la diffusione di conoscenze e dati ‘occidentalizzati’, talvolta stereotipati, in interi continenti. Ciò da un lato può invogliare sempre più a migrare per vivere nei paesi occidentali. Ma dall’altro può diventare strumento per migliorare notevolmente le condizioni di sviluppo e, perché no, mitigare il ‘problema’ della migrazione”.
Come e quando nascono i cavi in fibra ottica sottomarini?
“Di passi in avanti negli ultimi vent’anni ne sono stati fatti tanti, troppi forse, e in maniera veloce” – risponde Ennio Ammatuna, Offshore Operations Manager della Oceans & Cables, descritta da egli stesso come un’azienda che “permette di unire pezzi di mondo”. Il primo cavo sott’acqua destinato alla telegrafia fu posato nell’800, precisamente nel 1850, nel canale della Manica. Sebbene “lo sviluppo e i miglioramenti sono andati molto a rilento fino all’incirca al 1992-93”, è stato possibile passare da comunicazioni lente, via lettere o telegrafi, a una condivisione immediata di dati inimmaginabili.
Chi sta investendo di più per questo tipo di telecomunicazione?
L’India, la Cina e gli Stati Uniti sono le tre grandi potenze della comunicazione e coloro che hanno in mano il dominio di questa. “Pubblici e privati di questi Paesi, hanno capito quanto sia importante investire sulla telecomunicazione e soprattutto sfruttare oceani per posare cavi in fibra ottica”. I proprietari dei cavi sottomarini sono sia le società di telecomunicazioni, ma anche le aziende e gli imprenditori che decidono di unirsi in consorzi o di investire privatamente in questo mezzo. Anche i più grandi imprenditori odierni, quali Helon Musk o Mark Zuckenberg, hanno investito sulle telecomunicazioni, capendo che il vero dominio sul futuro si può ottenere attraverso il controllo della comunicazione dei dati.
Come si posa un cavo in fibra ottica?
In acque poco profonde, i cavi sono doppiamente rivestiti e di diametro molto largo. I cavi sono seppelliti, per ridurre al minimo il rischio di danneggiamento (più che altro dovuto alla pesca o all’ancoraggio di navi). Per farlo degli aratri sottomarini scavano delle vere e proprie trincee nel fondale. All’interno, vi posano i cavi, poi ricoperti con la sabbia. Dai 1000-1500 metri di profondità, i cavi non vengono più interrati e i cavi sono lightweight, cioè con un diametro molto sottile.
“Per posare un cavo sott’acqua, lungo anche 7 mila chilometri, si carica su una vasca di una nave. Con dei floating buoys, boe sferiche galleggianti, si porta la testa del cavo fino alla stazione di terra. Qui c’è, fisicamente, un verricello che tira il cavo e lo collega.” – spiega il dottor Ammatuna – “La nave inizia a posare il cavo dalla puleggia, muovendosi ad una certa velocità e inclinazione. È necessario, infatti, fare preventivamente una survey, l’indagine sottomarina geofisica e geotecnica di quello che avviene nel mare”. Ogni cento chilometri, si installano dei ripetitori per amplificare il segnale, emettendo delle onde. “Arrivati alla stazione di terra, si rilascia la testa del cavo che viene giunta alla stazione e si fanno delle prove sul funzionamento”.
Cosa succede se si danneggia un cavo?
“Quando si danneggia un cavo, entrano in azione gli shunt fault. Rilevano l’entità del danno e la distanza dalla stazione di terra. Così, intervengono dei consorzi che si occupano della manutenzione e ricongiungono le estremità tagliate” – risponde Ammatuna. Ogni vent’anni avviene il ripristino dei cavi e l’eventuale sostituzione con dei cavi nuovi. Se non c’è la possibilità di recuperare i cavi vecchi, essi rimangono in mare. Maiolino aggiunge: “Negli ultimi dieci anni si è sviluppato il business del recupero dei cavi. Siccome all’interno i cavi sono composti da materiali riciclabili (acciaio, rame, …), ci sono delle società che si occupano del recupero dei cavi e di ciò che ne rimane.ì”.
Quanto incide l’installazione dei cavi a livello ecologico?
L’impatto ambientale è legato soprattutto in prossimità della costa, dove il cavo va protetto con sabbia o ghisa (per mezzo di articulated pipe). “Vicino alla costa insistono gli organismi più importanti, come la Posidonia, pianta fondamentale per l’ecosistema marino e per l’atmosfera. Nel momento in cui andiamo a fare una trincea in zone in cui insistono questi ecosistemi, andiamo a fare un danno. Purtroppo, in pochi paesi ci sono restrizioni in questo ambito. In altri sono i proprietari che inseriscono una parte dell’investimento a tutela dell’ambiente – spiega Maiolino. – Nel 2014 a Dubai, in collaborazione con l’Università di Palermo, abbiamo fatto uno studio sul seegrass planting, cioè trapiantare le piante di Posidonia laddove si andavano a distruggere a causa di installazioni sottomarine”.
Quale percorso di studi si consiglia per questo ambito lavorativo?
Gli studenti, molto interessati, a fine seminario si domandano quale percorso scolastico e universitario abbiano intrapreso i relatori. “Io ho frequentato il liceo scientifico e poi ho studiato Filosofia e Storia, eppure sono qua – afferma il dottor Ammatuna. Io ho fatto Archeologia. Grazie a società, come la nostra, che danno la possibilità ai giovani di introdursi nel mondo del lavoro e al lavoro con docenti informati, quali Aldo Monaca, ho avuto la possibilità di crescere e avere le competenze specifiche necessarie – aggiunge il dottor Maiolino. – Il vostro corso di studi permette di plasmare la vostra mente affinché abbiate la giusta filosofia e interpretazione delle conseguenze future della globalizzazione portata avanti dall’installazione dei cavi” – rassicura Monaca.
Sabrina Levatino