La tradizione della Sicilia orientale, in particolare di Acireale e dintorni, vanta una vera e propria “perla” incastonata nella sua riviera Jonico-etnea, nota come Presepe Settecentesco. D’altra parte, la tradizione locale acese implica la presenza di vari elementi folkloristici che amplificano il patrimonio culturale dell’area, non solo nel periodo natalizio. Così, accanto ad ormai assodate tradizioni come ”U zuccu” (il ceppo) o il mercatino di Natale, una delle attività più gettonate, meta di turisti e curiosi, consiste nella continua riscoperta dell’itinerario dei presepi.
Acireale / Storia e unicità del Presepe Settecentesco
Tale percorso comprende innanzitutto la visita dei presepi natalizi più suggestivi e affascinanti. Possiamo cominciare all’interno delle splendide cornici della Basilica di San Sebastiano e della Basilica di San Pietro e Paolo. Quindi, addentrandoci in un pregevole tratto caratteristico, uno in particolare desta continuamente meraviglia di generazione in generazione. Parliamo del presepe settecentesco situato ad Acireale nella Chiesa di Santa Maria della Neve, comunemente conosciuta con l’appellativo ”A rutta” (”la grotta” in dialetto siciliano). La chiesa-grotta è affidata alla responsabilità del Vicario della Diocesi di Acireale, monsignor Giovanni Mammino. “A rutta” preserva al suo interno uno dei presepi acesi più integri e affascinanti. Una vera e propria opera d’arte unica nel suo genere, che trae spunto dal presepe della Basilica di Santa Maria Maggiore situata a Roma.
Acireale / Ubicazione e storia del Presepe Settecentesco
La grotta, situata in via Provinciale per Riposto 3, è oggi sede anche di incontri culturali, concerti o eventi, grazie all’instancabile lavoro dell’Associazione Presepe Settecentesco. Il luogo, uno dei simboli dell'”Ecomuseo del cielo e della terra” costituito dalla Diocesi di Acireale, ha sempre avuto una buona nomina in termini di notorietà. Era anticamente già conosciuta come punto di riferimento per raggiungere il borgo marinaro di Santa Maria la Scala. Inoltre, era considerata come un vero e proprio rifugio, sia da temporali e acquazzoni improvvisi per pastori col gregge, sia come deposito per la legna raccolta. Il cambio d’uso e destinazione avvenne con l’intervento di Don Mariano Valerio, sacerdote che andava a celebrare messa presso la Chiesa di Santa Maria dei Raccomandati, edificata nel 1632 da Biagio e Speranza Catanzaro e situata lungo il percorso per il borgo marinaro. Dopo la messa di un sabato buio del 1741, Don Mariano venne sorpreso da un improvviso temporale con i suoi fedeli.
Essi, colti alla sprovvista, trovarono rifugio presso la grotta, approfittando della vicinanza di essa. Fu proprio qui che il sacerdote ebbe un lampo di genio. Cominciò a maturare l’idea di fare un presepe all’interno ”dda rutta”. Da quel momento in poi Don Mariano si impegnò a far sì che il suo desiderio divenisse reale. Chiese aiuto al Barone Pennisi affinchè potesse entrare in possesso della grottae cominciare ad eseguire iprimi lavori di escavazione, a quei tempi molto complicati dovendo essere svolti completamente a mano da gente dotata di grande forza. Intanto la grotta vide un primo arredamento prima della sua inaugurazione: posizionò al centro un altare (attualmente situato a destra) e, sopra di esso, una tela del pittore Vito D’Anna, allievo di Pietro Paolo Vasta, realizzata nel 1741 e attualmente esposta nella Chiesa di Santa Maria dei Raccomandati.
Acireale / Inizi e inaugurazione del Presepe Settecentesco
Il 24 dicembre del 1752 la grotta venne benedetta e inaugurata come ”Chiesa di Santa Maria della Neve” con una messa presieduta da Don Mariano, insieme a una sacra rappresentazione della vita di Gesù da parte di Don Giuseppe Musumeci. La chiesa ha visto nel tempo numerose modifiche, soprattutto nel 1820. In questo frangente storico, il nuovo rettore Pasquale Pennisi di Floristella realizzò un ulteriore ingrandimento della grotta. Operò l’edificazione di una volta sorretta da quattro colonne e di una terrazza che si affaccia su un meraviglioso panorama dell’acese. L’idea di creare il presepe nacque solo dopo l’inaugurazione della chiesa.
Acireale / Le figure del Presepe Settecentesco
Esso prese vita attraverso l’iniziale raffigurazione dei soli soggetti principali della sacra famiglia. Tutti realizzati a grandezza naturale: Maria e Giuseppe, costruiti con teste di cera, occhi di vetro e mani in legno, e Gesù bambino, scolpito in legno. A questi poi si aggiunsero le altre figure che possiamo ammirare oggi. Anch’esse con teste di cera create, per la maggior parte, dal ceroplasta Mariano Cormaci, e in minor parte da Gieppo Zannit e Santo Gagliani.
Nell’800 il numero dei pastori era aumentato, grazie anche al coinvolgimento del popolo acese che creò pastori anche in cartapesta, oggi non più in uso. Gli acesi contribuirono anche con l’allestimento annuale del presepe: gli uomini si occupavano di allestire le sagome imbottitee le donne cucivano i vestiti che sarebbero stati usati quell’anno. Secondo la tradizione infatti, in un atto di devozione, le figure dovevano contare su nuovi vestiti ogni anno. Per questo motivo non disponiamo degli abiti originali e i più antichi sono gli abiti dei re magi risalenti all’800. Gli stessi bambini si recavano nel bosco per recuperare vegetazione da usare come decorazioni.
Acireale / La tradizione siciliana nel Presepe Settecentesco
Con gli anni al presepe si aggiunsero varie figure della tradizione siciliana. Come i “magi”, raffigurati da un re vecchio, un re giovane e un re turco seguito dalla propria corte, composta da due soldati. Il “jnnaru”, un anziano che si scalda al fuoco, simbolo dell’umanità che si scalda al fuoco dell’amore divino; la “meraviglita da rutta” e lo “scantatu da stidda”, due figure che si meravigliano di fronte all’incarnazione e i “pastori” che indicano i misteri. Non mancano figure di minore importanza simbolica come la “susanedda”, una donna che porta una cesta in testa, o i “ciaramiddari”, che suonano la cornamusa. Ma anche il “ricuttaru”, il “vinarolo” e il “furmaggiaru” che portano rispettivamente ricotta, vino e formaggio. Oppure il “cacciatore”, che porta colombe e un coniglio, entrambi scolpiti in gesso, la “trizzota”, la “lavannara” e tre bambini.
Rosetta Finocchiaro e Gaia Lo Presti