Acireale / Tre rinvii a giudizio per la morte dell’uomo travolto, nel maggio del 2013, dalle acque del Lavinaio-Platani

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Ha sorpreso non poco ma ha anche destato stupore ed incredulità, negli acesi, la notizia del rinvio a giudizio dell’avv. Nino Garozzo, ex sindaco di Acireale, dell’ing. Giovanni Barbagallo, dirigente dell’Ufficio tecnico comunale, e dell’ex comandante dei Vigili Urbani, dott. Alfio Licciardello. Il reato, contestato dal Gip di Catania dott.ssa Monaco Crea, è quello di omicidio colposo; il fatto risale al 3 maggio 2013, allorquando perse la vita Giuseppe Castro, travolto dalla furia delle acque del torrente Lavinaio-Platani, tracimato per le abbondanti piogge alla periferia sud della città acese.
La notizia è piovuta come un fulmine a ciel sereno; ma l’inchiesta, evidentemente, era andata avanti senza che trapelassero indiscrezioni di sorta.
Purtroppo, il sito in questione era già stato funestato da fatti simili; infatti, intorno agli anni ‘90, furono eseguiti dei lavori per la messa in sicurezza; le forze della natura, come sempre più spesso capita, si sono scatenate in modo incontenibile.
Gli imputati, tranquilli in coscienza, hanno voluto chiudere l’udienza preliminare subito per andare al dibattimento e così portare al processo le consulenze sui lavori.
Restano alcune perplessità che, a questo punto, sarà il dibattimento a chiarire: il torrente è di proprietà della Regione e i lavori contestati sono stati eseguiti ben prima che si insediasse come sindaco l’avv. Nino Garozzo; sono pure cambiate le leggi e, dal 2000, i sindaci non sono responsabili per gli atti di gestione.
Peraltro, già dagli anni ’90 pare che la Protezione Civile, in caso di allerta, controlli le vie attorno al torrente in questione; la segnaletica (nella foto) indica il divieto di accesso in caso di criticità. Quel giorno non c’era neppure allerta meteo.
In ogni caso, le cause della morte di Giuseppe Castro vanno indagate e sarà il Tribunale a decidere eventuali responsabilità; ci si augura che si proceda in tempi brevi anche perché c’è di mezzo la reputazione di tre professionisti, che non possono restare “come color che son sospesi”.

Carmelo Ronsisvalle

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