Iniziamo oggi con il nostro amico Nino Ortolani una nuova rubrica, alla quale è stato dato – come si vede – un nome che riproduce la firma che usavano apporre gli architetti medievali quando edificavano le cattedrali. Era un segno di modestia con cui essi intendevano dire che l’opera costruita non era espressione di un singolo individuo, ma di un rappresentante dell’intera umanità, identificata nel nome (Adam, in latino) del suo primo esponente. In questa rubrica si parla – e si parlerà – di meridiane, ed essa vuole costituire una sorta di percorso di avvicinamento al solstizio d’estate (21 giugno), che seguiremo poi sulla meridiana della nostra Cattedrale.
“Esiste una corrispondenza biunivoca…” Al leggere espressioni come queste, molto frequenti nel linguaggio matematico, a molti viene il mal di pancia.
Due fenomeni che si possono rappresentare graficamente sono il movimento di rivoluzione della Terra attorno al Sole, e lo spostamento del raggio luminoso – visibile su una meridiana – lungo i giorni dell’anno. Nella meridiana realizzata da Sartorius e da Peters nella chiesa di San Nicolò La Rena a Catania sono indicati i giorni con la relativa data. A ognuno di tali punti corrisponde la posizione assunta dalla Terra lungo la sua traiettoria ellittica: “corrispondenza biunivoca” tra i grafici che rappresentano i due fenomeni suddetti.
Il Sole illumina la Terra ogni giorno in modo diverso. Nei due giorni di equinozio il centro della nostra stella giace nel piano dell’equatore; nei due giorni di solstizio il Sole culmina in corrispondenza dei due tropici. Basta guardare un mappamondo per rendersi conto che esistono solo due posizioni per le quali l’equatore si vede come un segmento rettilineo, ed esse corrispondono agli equinozi. Le altre due posizioni, relative ai solstizi, permettono di vedere o la calotta polare australe – inverno per la nostra latitudine – o quella boreale.
Quando, finito il suo giro attorno al Sole, la Terra occupa la sua posizione di partenza – anno tropico – sono passati trecentosessantacinque giorni e sei ore, secondo il Calendario Giuliano. Poiché mancano quasi dodici minuti alle sei ore, dopo centoventi anni la data della primavera segnata dal calendario precedeva di un giorno il fenomeno astronomico. Agli inizi del secondo millennio tale differenza era ormai notevole per cui il Papa Gregorio XIII Boncompagni nel 1582, con la bolla “Inter gravissimas”, ha riformato il Calendario Giuliano sopprimendo dieci giorni dal 5 al 14 ottobre inclusi. Per evitare che si ripetesse l’inconveniente sopra descritto, ogni 400 anni gli anni bisestili dovranno essere 97 e non 100.
Il 1700 sarebbe dovuto essere anno bisestile, ma applicando il nuovo calendario è stato soppresso recuperando il primo giorno di distacco rispetto all’anno astronomico. In quell’anno era pontefice Clemente XI Albani, il quale volle che si realizzasse una meridiana capace di determinare con esattezza l’inizio della primavera: fu così costruita nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli in Roma da Francesco Bianchini e venne chiamata “Clementina” in onore al pontefice.
Nino Ortolani