Si potrebbero scomodare il disagio sociale, una vita “alla periferia dell’umano”, l’infanzia difficile, una famiglia non all’altezza del grave compito educativo, persino una comunità locale o una scuola assenti… Ma nel video che circola su Facebook e che riprende la “bulla di Bollate” che bestemmia e rifila sberle e un calcio in testa a una coetanea dopo averle strappato i capelli, c’è anzitutto violenza, sempre e comunque ingiustificata. Un atteggiamento da mafiosetti del quartierino, una sopraffazione fisica, oltre che psicologica ed emotiva, che segnalano un’adolescente su un pericoloso crinale: o si interviene subito, oppure la vita della giovane bionda con gli occhiali che pesta selvaggiamente la ragazza con i capelli scuri (i nomi? si conosceranno presto, purtroppo per loro due…) appare già tristemente segnata.
Quale sia la “colpa” commessa dalla malcapitata non è dato di conoscere: ma non c’è ragione, alcuna ragione, che giustifichi un atto – più ancora si potrebbe dire uno stile, un “abito” già tristemente cucito addosso all’aggressore – di simile violenza.
Intervenire: già, ma come? “È un fatto di estrema violenza, incontenibile”, lo definisce Rosaria Pulia, dirigente scolastico dell’istituto “Primo Levi” di Bollate, nei pressi del quale è avvenuto il fatto. La quale si domanda anche come mai nessuno dei presenti abbia pensato di entrare a scuola a dare l’allarme, richiamando l’attenzione di qualche insegnante… Una scuola oggettivamente impotente può solo domandarsi – e il “Primo Levi” lo sta già facendo – come sia possibile che accadano simili brutalità ed, eventualmente, come rafforzare il proprio ruolo di presidio educativo in una realtà sociale che certo non mette i problemi adolescenziali al primo posto.
E altri, a partire dalle famiglie, dovrebbero porsi seri interrogativi.
Anche perché Bollate, vicino a Milano, purtroppo non è dissimile da Genova e Firenze, da Taranto e Roma, da Palermo e Mondovì, da Napoli e da Aosta (in queste stesse ore circola il video dello spacciatore di Torino che “commercia” facendosi scudo di una bimba di 3 anni: cosa può attendersi quella piccola dalla vita? Come sarà da adolescente?). La “bulla” dovrebbe far perdere ore di sonno a tutte le mamme e ai papà d’Italia, ai “prof” e ai giornalisti, agli educatori, ai preti, ai politici, agli allenatori sportivi, all’intero mondo adulto: a tutti coloro che, in qualche modo, possono svolgere un servizio educativo verso i giovani.
Va inoltre considerato che non ci sono solo la “bulla” e la sua vittima. Lì attorno c’è un numeroso gruppo di altrettanti giovani: alcuni non meno problematici (quelli che incitano alla violenza, quelli che riprendono tutto, divertiti, con lo smartphone), altri semplicemente codardi, incapaci – persino i maschi – d’intromettersi nel tentativo di fermare la scatenata picchiatrice. Sono gli stessi ragazzi che si rivedranno in queste ore su internet; i loro genitori riconosceranno volti e voci dei propri figli. Possiamo immaginarci che i prossimi saranno giorni tristi per Bollate. Ma Bollate è uguale a Genova, Roma, Palermo…
Un corollario. Le riprese con i telefonini non sono state effettuate con l’intento di usarle come prove da portare immediatamente alla più vicina stazione dei Carabinieri per denunciare l’accaduto: avevano il solo scopo di essere messe on line. E Facebook, che ci porta nelle case il fattaccio di Bollate, rileva, in questo caso, tutto il suo pericoloso potenziale di moltiplicatore del “male”. Se Internet e gli internauti hanno un’anima, spetta anche a loro un serio esame di coscienza.